
Costituzione Art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
“Gianni Ferrara era un uomo di parte: si è sempre schierato dalla parte della costituzione. Potremmo dire che l’ha servita «con disciplina e onore».
Era anche un combattente, sapeva che le costituzioni sono solo pezzi di carta se non vengono sostenute dall’impegno, la responsabilità e la forza di ognuno di noi. Per questo non ha mai smesso di lottare in nome della costituzione; ovvero, come egli stesso amava ripetere, «per una certa idea di costituzione».
Non pensava alla Carta fondamentale solo come ad un insieme di regole e limiti ai poteri, ma riteneva che essa contenesse un progetto politico di emancipazione sociale.
Per questo, con passione e severità, contrastava tutti i tentativi che hanno provato ad attenuare la carica «rivoluzionaria» presente nei principi costituzionali (seguendo l’idea di Pietro Calamandrei di una costituzione come «rivoluzione promessa»).
Come voler dire: l’obiettivo dell’eguaglianza sostanziale (di cui al nostro articolo 3, secondo comma) non può essere eluso o limitato; i diritti fondamentali dell’uomo (di cui all’articolo 2) rappresentano un obbligo inderogabile per la società solidale; il lavoro come fondamento effettivo della Repubblica deve conformare tutti i rapporti civile per dare dignità sociale alle persone (articoli 1 e 4).” (Gaetano Azzariti – in memoria di Gianni Ferrara).
Basta dover difendere la Costituzione, invece di agire per attuarla. Con i referendum costituzionali del 2006 e del 2016 i tentativi di manometterla sono stati sconfitti, ma nel 2020 il popolo ha approvato un taglio complessivo del 36,50% dei parlamentari, ma con ingiustificate eccezioni, per esempio nelle Province autonome di Trento e Bolzano, che con 1.029.000 abitanti hanno 6 senatori, più dei 4 di Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo, dei 5 di Marche, Liguria e Sardegna e lo stesso numero dei 1.959.000 abitanti di Calabria, cioè il 93% in più, ma che come elettori contano come la metà dei trentin-sudtirolesi. Eppure in Italia i cittadini e le cittadine dovrebbero essere “eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, come dice l’art. 3 Cost. e eguale il loro voto, oltre che libero, personale e segreto, come prescrive l’art. 48 della stessa Costituzione.
La nostra democrazia costituzionale non può tollerare il rischio di votare per la quinta volta con una legge elettorale incostituzionale dopo le elezioni del 2006, 2008 e 2013, fatte col Porcellum, ufficialmente incostituzionale secondo la sentenza n. 1/2014 e le ultime elezioni del 2018, se il Tribunale di Roma, che deve decidere da oltre tre mesi, si pronunciasse sul Rosatellum, rimettendo alla Consulta la questione di legittimità costituzionale della legge n. 165/2017. Sempre che la Corte costituzionale non abbia cambiato orientamento, nel frattempo, per mutamento di composizione (11 su 15 rispetto al 2014 e 5 rispetto al 2017) o altri motivi.
L’eccesiva distorsione tra voti in entrata e seggi in uscita, infatti, non è legittima anche in un sistema misto, come il nostro: 3/8 maggioritario e 5/8 proporzionale, come enunciato dalla sentenza n. 1/2014 (par. 3.1.- La questione è fondata, cpv. XI), a causa del voto congiunto obbligatorio, a pena di nullità, tra candidatura uninominale e lista plurinominale, e del calcolo dei voti delle liste coalizzate maggiori del 1% e inferiori al 3%. Nel 2018 la coalizione di Cdx ha ottenuto il 13,2% di seggi in più alla Camera e il 16,1% al Senato, mentre quella di Csx -14,6% alla Camera e -16,7% al Senato, con una percentuale di voti validi più alta. La punizione è più alta per chi elegge solo nella parte proporzionale. Infatti, LeU, sempre nel 2018, rispetto alla percentuale di voti ha avuto alla Camera 14 seggi invece di 21 (-33,3%) e al Senato 4 invece di 10 (-60%). Molti dei favorevoli al rinvio hanno approvato, con le più varie maggioranze le leggi vigenti, la n. 165/2017 Governo Gentiloni, la n. 51/2019 Conte 1 e il d.lgs. n. 177/2020 Conte bis, perciò non possono dire che non si può votare per incostituzionalità della legge elettorale. Non vogliono votare perché con questa legge Salvini e Meloni avrebbero la maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune con le proiezioni attuali delle intenzioni di voto, ma così lasciano spazio alla propaganda della destra, che avendo rubato il diritto di voto con il Porcellum agli italiani, parla di “dare voce al popolo”, nome ipocrita per elezioni anticipate. In democrazia il popolo ha voce senza che nessuna gliela dia, bisognerebbe ridare al popolo, cui appartiene la sovranità, il diritto di scegliere i suoi rappresentanti, al posto di cupole partitocratiche e delle loro liste bloccate, non modificabili neppure in parte. L’unica azione concreta è quella di portare in Corte costituzionale la legge elettorale vigente e per questo sono utili appelli per una nuova legge elettorale proporzionale, come promesso dalla ex maggioranza giallo-rossa e auspicato da fautori del Sì referendario, pur sapendo che in Parlamento e nell’immensa maggioranza Draghi, non ci sono i numeri sufficienti per discuterla e approvarla nella Commissione Affari Costituzionali della Camera, dove è incardinata.
Per fortuna il Governo Draghi non ha, ufficialmente, un orientamento sul punto legge elettorale, perché altrimenti grazie ai precedenti della Presidenza Camera sulla legge n. 52/2015, potrebbe di fare approvare a colpi di voti di fiducia, qualsivoglia legge elettorale. Movimenti, associazioni, parlamentari, giuristi, cittadini e cittadine, per i quali “essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi” (art. 54 c. 1 Cost.), prima ancora che un dovere, è un impegno personale, etico e politico, dovranno metterci la faccia. Nel 2016 un servitore della Repubblica e della centralità del Parlamento, come il decano dei costituzionalisti italiani, prof. Gianni Ferrara, che abbiamo voluto ricordare all’inizio di questo articolo, non ha esitato a firmare un ricorso per affermare il diritto di votare, secondo Costituzione, messo in discussione da una legge elettorale, la n. 52/2015, che fu annullata parzialmente con la sentenza n. 35/2017, ottenuta grazie a ricorsi di cittadini elettori e di un limitato numero di parlamentari in carica.
*Felice Besostri, Presidente del Gruppo di Volpedo, rete di circoli socialisti e libertari
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