Nella Giornata mondiale del profugo, la Sea Watch prosegue il suo peregrinare nel Mediterraneo, da 8 giorni, con 43 naufraghi a bordo. Coro di appelli a farli sbarcare

Nella Giornata mondiale del profugo, la Sea Watch prosegue il suo peregrinare nel Mediterraneo, da 8 giorni, con 43 naufraghi a bordo. Coro di appelli a farli sbarcare

“Sono trascorsi 8 giorni dal soccorso, la Sea Watch si trova ancora in acque internazionali dove il nuovo decreto legge impedisce l’ingresso nelle acque italiane e al comandante di esercitare il diritto sacrosanto di entrare in un porto per uno stato di necessità determinato da una situazione di emergenza sanitaria a bordo” afferma la ong tedesca dalla nave Sea Watch 3, che sollecita un approdo per i 43 migranti salvati nel Mediterraneo e tuttora in navigazione al largo di Lampedusa. “E’ automatico – prosegue Sea Watch – che la presenza di naufraghi a bordo presenta tutti i caratteri dell’emergenza e normalmente darebbe tutto il diritto a un comandante di entrare in porto e essere assistito. Il comandante sta assumendo un atteggiamento cauto di resistenza, e tuttavia è sempre più forte l’insofferenza sua, dell’equipaggio e delle persone a bordo. La nave si muove di continuo, la permanenza è debilitante”.

La ong dice ancora che ci sono “storie di violenza condivise con il nostro equipaggio, detenuti per mesi anche un dodicenne, una persona ha visto uccidere un familiare sotto i suoi occhi in detenzione, un altro è stato costretto a seppellire i corpi per rendere la prigione presentabile in attesa di visite esterne. Sono storie di orrore – prosegue Sea Watch – sufficienti a non riportare queste persone in Libia come ci viene indicato a seguito di questa indicazione con disumana, cinica e illegale, sarebbe reato di respingimento collettivo perché la Libia non è Paese sicuro perché in guerra, non abbiamo ricevuto altre indicazioni dalle autorità europee. Intrappolati tra responsabilità del comandante sulla vita di questa persone e l’attacco e la criminalizzazione che ci aspetterebbe se varcassimo questa linea immaginaria, tra umanità e disumanità. Questo è diventato il confine italiano”.

Tante le manifestazioni di solidarietà alla Sea Watch 3 e ai migranti raccolti in mare. “Nella Giornata Mondiale del Rifugiato si sprecheranno parole a favore dei migranti, mentre 43 persone restano bloccate a bordo della Sea Watch. Segno di una becera propaganda, consumata ancora una volta sulla pelle della gente. Adesso basta, fateli scendere” scrive su twitter il medico di Lampedusa Pietro Bartolo. “Da ieri sera, sto dormendo sulla piazza della città e lo farò fino a quando i 43 migranti della nave Sea Watch non verranno portati in un luogo sicuro” dice don Carmelo La Magra, parroco di San Gerlando a Lampedusa, a Vatican news. “Ora l’imbarcazione è ferma da otto giorni a 15 miglia dalle nostre coste – prosegue – e insieme a me ci sono molte persone della mia comunità parrocchiale, della Federazione delle Chiese Evangeliche e non credenti. Non è una protesta, è un gesto di condivisione e di solidarietà con chi non ha nulla”. Don Carmelo aggiunge: “E’ la speranza che spinge migliaia di persone ad abbandonare i propri Paesi in cerca di una vita migliore. Però molto spesso di speranza si muore. Il nostro mare pieno di cadaveri ne è testimone”.

L’Unhcr ribadisce che nessun porto in Libia può essere considerato sicuro in questo momento e che nessuna persona soccorsa nel Mar Mediterraneo dovrebbe essere riportata in quel Paese. Sono necessari sforzi rinnovati per sviluppare un approccio regionale alla gestione del soccorso nel Mediterraneo e del successivo sbarco. L’Unhcr, insieme all’Organizzazione internazionale per i migranti (Oim), ha proposto delle azioni concrete per dare maggior chiarezza e prevedibilità ai comandanti con a bordo delle persone soccorse in mare. “L’Europa ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione dell’architettura legale che sorregge il diritto internazionale in materia di asilo,” ha dichiarato Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr per il Mediterraneo Centrale. “E’ giunto il momento di invocare quella storia gloriosa di assistenza alle persone in fuga da guerre, violenza e persecuzione, e di permettere ai rifugiati soccorsi di scendere a terra in sicurezza”.

Ma il ministro Salvini, nonostante la ricorrenza della Giornata del rifugiato, continua nella sua personale battaglia contro le ong, e la nave. Ma ciò che indigna è che può esprimere concetti carichi di odio e gratuito rancore sui canali Rai, sempre più accondiscendenti, senza che nessun conduttore abbia il coraggio di contrastarlo. Oggi infatti ha detto a Radio anch’io: “Sea Watch se ne frega delle regole e fa traffico di esseri umani. Per la terza volta non ha rispettato le indicazioni di Guardia di finanza e Guardia costiera, è partita dalla Libia per arrivare in Italia. Io il permesso di sbarcare non lo do né adesso né a Natale”. Possibile che nessuno gli abbia invece fatto notare che l’Onu, le autorità internazionali, la Commissione europea, la situazione di guerra indicano che nessun porto in Libia è sicuro? Possibile che nessuno gli abbia fatto notare che tornare in Libia per quei 43 naufraghi significa tornare in un lager? Ma lui lo sa bene. Il fatto è che mentre twitta sulla chiusura dei porti per la Sea Watch 3 gli sbarchi proseguono in altri porti.

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