E se l’America la salvassero i ragazzini?

E se l’America la salvassero i ragazzini?

E se a salvare l’America fossero proprio i ragazzini che si sono ritrovati ieri a Washington per dire basta alla vendita e all’uso indiscriminato delle armi che da sempre, forti anche del secondo emendamento della Costituzione, costituisce uno dei tabù della politica statunitense? E se a sfidare il buio di Trump e la sua folle proposta di armare gli insegnanti, oltre ai guerrafondai che si è messo accanto nell’amministrazione, da Bolton a Pompeo, e allo strapotere della NRA (National Rifle Association), fosse proprio questa nuova “maggioranza silenziosa” che, a differenza di quella invocata da Nixon nel ’68, non chiede più conservazione ma più progresso? E se la nuova normalità di un Paese dal 2001 in guerra con se stesso fosse rappresentata da uno sconfinato desiderio collettivo, e non solo generazionale, di costruire un futuro all’insegna di minori ingiustizie? Sono solo alcuni degli interrogativi che è giusto porsi al cospetto della marea oceanica che ha manifestato ieri nella Capitale, entusiasmandosi quando una discendente della famiglia King ha detto di avere anche lei un sogno, ossia un mondo senza pistole, connettendo sentimentalmente i ventenni di oggi alla generazione di Sanders, di Bob Dylan e di Joan Baez che manifestava all’epoca contro le discriminazioni razziali e, qualche anno dopo, contro la guerra del Vietnam.

A far sentire la propria voce non solo Washington ma l’intera America

E non era solo Washington a far sentire la propria voce ma l’intera America, scossa da un vento di protesta che parte dai college, proprio come negli anni Sessanta, ma, a differenza di allora, non insegue più chimere irrealizzabili, bensì princìpi e valori concreti, diremmo quasi basilari: il lavoro, il benessere alla portata di tutti, uno sviluppo economico fondato non più sullo sfruttamento dell’essere umano e dell’ambiente ma sull’avanzamento dei diritti, grazie anche alle nuove frontiere spalancate dalla tecnologia, una scuola e un’università accessibili a tutti, soprattutto dal punto di vista economico, e, cosa più importante di ogni altra, il diritto alla vita, ad andare a scuola senza rischiare di morire a causa dell’irruzione di qualche esaltato criminale che apre il fuoco su studenti e insegnanti e causa vere e proprie stragi.

Siamo, dunque, al cospetto di una gioventù ribelle ma non sprovveduta, dotata di un pensiero e di un’identità politica ben precisa, desiderosa di impegnarsi in prima persona e cosciente che solo così le cose potranno cambiare; siamo al cospetto di una generazione che rifiuta il disincanto, il disimpegno e i dogmi del liberismo selvaggio e dell’economia ridotta a finanza; siamo al cospetto, insomma, di una generazione che sogna una rivoluzione socialista che in America non c’è mai stata ma di cui ora si comincia ad avvertire il bisogno.

Questi ragazzi hanno capito che la politica è l’arma più potente a loro disposizione

Hanno vent’anni, anche meno, in alcuni casi non possono ancora votare, eppure cogliamo in loro sentimenti e propositi diversi rispetto ai ventenni della generazione precedente. Questi ragazzi hanno capito, infatti, che la politica è l’arma più potente che abbiano a disposizione per provare a cambiare il mondo e che non basta lamentarsi ma bisogna agire. Hanno capito che un cambiamento effettivo sarà possibile solo se sapranno essere una comunità solidale e non un insieme di monadi in lotta fra loro. Hanno capito che solo una collettività in cammino può compiere dei passi avanti, ed ecco che sullo sfondo si stagliano le figure del reverendo King, di Rosa Parks e di Robert Kennedy, che esattamente mezzo secolo fa, pochi mesi prima di essere assassinato, tenne un memorabile discorso contro il feticcio del PIL, ecco che tornano d’attualità le battaglie dell’America contestatrice ed ecco che finalmente molti opinionisti cominciano a rendersi conto del perché Sanders sia così popolare fra questi giovani senza rappresentanza che, tuttavia, sembrano determinati a dotarsi di un pensiero autonomo e critico.

La presidenza Trump, pertanto, con tutti i suoi lati oscuri, i suoi disastri, il suo dannato isolazionismo, la sua protervia e le sue forme di regressione, sembra aver generato anche una reazione che lascia ben sperare, specie se si considera che sono trascorsi quasi vent’anni dall’eccidio di Columbine, oltre dieci dalla catastrofe del Virginia Tech, sei dalla mattanza di Sandy Hook e che nemmeno Obama è riuscito a contrastare adeguatamente né, tanto meno, a sconfiggere lo strapotere della lobby delle armi.

Questi ragazzi sembrano più attrezzati per compiere l’impresa, se non altro perché hanno capito che da soli non ce la faranno mai, che solo tenendosi per mano potranno far sentire la propria voce e che il cambiamento dal basso è l’unico in grado di spazzare via la sporcizia, il marciume e l’indecenza di una classe dirigente complessivamente intollerabile e ormai giunta a livelli di cinismo che hanno oltrepassato ogni limite.

Appuntamento con le elezioni di mid-term del prossimo novembre

Ce la faranno? Si perderanno strada facendo? Cadranno vittime di personalismi, ambizioni di potere o, peggio ancora, di un accecante quanto deleterio desiderio di rivalsa? Non possiamo saperlo ora, anche se ci auguriamo vivamente che non accada mai. Ciò di cui siamo abbastanza certi, invece, è che questi ragazzi abbiano capito perfettamente la lezione che ci viene dalla crisi peggiore dal ’29: l’idea che la società non esista, che se ne possa fare a meno e che ciascuno possa rivendicare autonomamente i propri diritti è una solenne illusione, perfetta per chi già occupa la parte alta della classifica e devastante per tutti gli altri. Hanno capito, in pratica, di essere stati a lungo ingannati e ora si stanno ribellando, con una visione costruttiva ed una saggezza sorprendente per dei giovani che fino a qualche anno fa consideravamo erroneamente apatici e lontani dalla passione civile. È vero esattamente il contrario e speriamo che si cominci a vedere concretamente a partire dalle elezioni di mid-term del prossimo novembre. E chissà che questa maledetta America, trumpista e armata fino ai denti, affogata nella retorica retrograda di un personaggio più che discutibile, non abbia trovato la strada del riscatto grazie all’avvento di una nuova generazione di idealisti che guardano a sinistra, forse come mai vi aveva guardato prima chiunque altro in quel paese! Quanto meno, ieri, si è rimessa in moto l’utopia.

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