
“Matteo Messina Denaro non è il capo di cosa nostra. Lui è il capo mandamento di Trapani. Il capo di cosa nostra deve essere un palermitano”. Lo ha detto il pentito messinese Carmelo D’Amico riferendo quanto appreso in carcere dal boss mafioso palermitano, Antonino Rotolo. Il collaboratore di giustizia ha deposto in video conferenza da un sito protetto, nel processo per la trattativa Stato-mafia. “Cosa nostra, i servizi segreti e alcuni politici volevano governare l’Italia. I mandanti delle stragi del 1992 erano Andreotti e i servizi segreti che avevano poi delegato a Riina, e a cosa nostra, la commissione degli omicidi sia di Falcone” ha detto ancora D’Amico. Nel corso della sua deposizione il pentito ha poi dichiarato, sempre citando Rotolo: “Dopo le stragi altri politici come Mancino e Martelli, tramite Ciancimino, si fecero sotto, per trattare. E Dell’utri fece il doppio gioco”. D’amico ha anche sottolineato più volte davanti alla Corte d’assise di temere per la sua vita: “Dottore Di Matteo, io sto benissimo. Godo di ottima salute e non mi voglio suicidare. Ma i servizi segreti sono capaci di tutto” ha detto l’uomo rivolto al Pm.
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