
Per Matteo Renzi, il suo Governo e parte della sua maggioranza, con l’eccezione della componente più a sinistra del suo partito, avrà, come forse si aspettava, un vero e proprio autunno caldo, forse addirittura incandescente, visto che il fronte della mobilitazione è più che esteso e compatto. In molti, sul fronte sindacale e della sinistra post-comunista, socialista e socialdemocratica, fanno parallelismi su quanto accaduto a Londra negli anni settanta-ottanta, con la leadership dell’allora Premier Margaret Thatcher, che governò a lungo, mettendo in un angolo le rappresentanze dei lavoratori. In Italia, a distanza di anni, va comunque in scena una commedia simile e dopo anni di assoluta divisione, basti pensare agli accordi siglati separatamente su più fronti e per diverse categorie, Cgil-Cisl e Uil, a meno di sorprese, ritrovano quell’unità perduta e che per decenni aveva garantito le tutele a milioni di lavoratori. Il Governo Renzi, proprio sul punto delle tutele dei diritti, sembra non voler fare sconti a nessuno, tanto meno a chi, come la Cgil, da sempre lo ha contrastato. Ma Renzi non ha scontentato solo i lavoratori del Pubblico Impiego, che sul tema delle rivendicazioni contrattuali hanno più che una ragione, ma insieme a loro, i pensionati che oltre alle legittime rivendicazioni, hanno pensato bene di inviare, al giovane Premier-Segretario, oltre un milione di letterine dove con chiarezza è scritto: “non stiamo sereni”. La richiesta è banale e semplice al tempo stesso: estendere la misura degli 80 euro anche a chi, tra i pensionati, al pari dei lavoratori con redditi al di sotto dei limiti di sopravvivenza, combatte la crisi con pensioni di molto al di sotto dei 1000 euro. Ma il fronte sindacale della protesta non si ferma a queste due straordinarie categorie. Anche gli studenti sono già entrati in pieno conflitto con il Governo. Tanti i flash mob che hanno inaugurato l’apertura del nuovo anno scolastico. La contestazione studentesca potrebbe moltiplicarsi tra ottobre e novembre, quando si entrerà nel vivo dell’anno scolastico e di quello universitario. Nessuno, nella scuola e nelle università, ha più un futuro certo. Il peso delle tasse scolastiche ed universitarie rischia di tagliare ed escludere una vasta platea di aventi diritto. L’Unione degli Studenti parla, a giusta ragione, di “Buona Scuola”, ovvero di una garanzia per tutti coloro che non hanno le necessarie risorse economiche per affrontare l’intero percorso di formazione e istruzione. Sullo stesso fronte, anche se con richieste diverse, insegnanti di scuole, inferiori, superiori e universitarie. Su questo punto, va detto, che il Governo si vede costretto a far fronte, almeno dai numeri, ad una situazione che nel Vecchio Continente non ha eguali. Tra questo popolo, che è chiamato a formare i nostri figli e nipoti, alcuni vedranno l’approdo nel 2015, altri, e sono qualche migliaio, dovranno rassegnarsi al precariato ed allora, anche in questo caso la mobilitazione è più che certa. Chi, dopo aver atteso per una lunga estate per fissare le sue bandierine ed i suoi paletti, rompe gli indugi e passa all’attacco è Susanna Camusso, che senza peli sulla lingua giudica e contesta il percorso di questo Governo: “Sceglie misure di destra, la sua unica logica è attaccare i sindacati. Si assiste ad una rappresentazione distorta – spiega la leader della Cgil al quotidiano la Repubblica – come se il problema dell’Italia fossero le organizzazioni sindacali. Renzi fa l’errore di ritenere che la perdita di competitività dipenda dai diritti e non dalla mancanza di investimenti”. Poi la Camusso interviene anche sul ‘Totem’ del cosiddetto contratto a tutele crescenti: “La Cgil è per un contratto a tutele crescenti che alla fine abbia una pienezza di diritti per il lavoratore e poche altre forme contrattuali. Poi si dovranno verificare le scelte concrete, perché “nella dichiarazioni del governo c’è molta ambiguità”. Camusso, nel lungo colloquio con il quotidiano diretto da Ezio Mauro, interviene anche sulla possibilità di arrivare, nel breve, ad una decisione su un possibile sciopero generale, già per altro auspicato dalla Fiom: “In assenza di un confronto e risposte alle osservazioni di chi come noi – piaccia o meno – rappresenta milioni di lavoratori, non potremo che mettere in campo una grande mobilitazione, che mi auguro unitaria con Cisl e Uil. Nulla può essere escluso, nemmeno lo sciopero”. Ed a prescindere dalla decisione o meno di ricorrere all’ultima arma disponibile per il Sindacato, quello che è certo è che il Pubblico Impiego ha già deciso, comunque, di andare allo sciopero. Cgil, Cisl e Uil saranno insieme il prossimo 8 di novembre per una grande manifestazione nazionale a Roma. Le categorie dei comparti dei servizi pubblici, della conoscenza e della sicurezza e soccorso.
“Cinque anni di tagli lineari forsennati- si legge in una nota diffusa dai sindacati- di blocco delle retribuzioni, oltre dieci di blocco del turn-over, un esercito di precari senza certezze e tutele, riforme fatte in fretta e male: il sistema è al collasso, mentre la spesa continua a crescere nonostante i tagli al welfare e il caro prezzo pagato dai dipendenti pubblici, oltre 8 miliardi di euro in 5 anni. Qui non è in gioco solo il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori, ma quello dell’intero Paese” rimarcano i sindacati. “Come pensa il Governo Renzi di garantire salute, sicurezza e soccorso, istruzione, prevenzione, assistenza, previdenza, ricerca e sviluppo senza fare innovazione, senza investire nelle competenze, nella formazione, nel lavoro di qualità, senza aver messo in campo un progetto?”.
“Per questo saremo in piazza l’8 novembre” concludono i sindacati. “Ma prima ancora saremo in tutti i posti di lavoro, in tutte le città e in tutti i territori per spiegare a lavoratori e cittadini una per una le bugie del Governo. Una mobilitazione in difesa del diritto dei cittadini italiani a servizi efficienti e a una migliore qualità del sistema di istruzione e ricerca, che per essere tali hanno bisogno di un adeguato finanziamento, adeguata formazione e adeguato salario per i lavoratori che li offrono”. Questo è solo un piccolo antipasto di quanto potrà accadere tra ottobre e le prime due settimane di novembre.
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