
Questa settimana sono accaduti due episodi, certamente minori, ma illuminanti dello stato di salute della sinistra e del centrosinistra nel nostro Paese. In piena campagna elettorale, ad una settimana dalle elezioni europee e dalle regionali in Piemonte, nonché dalle amministrative in circa la metà dei comuni italiani, e mentre imperversa uno scontro (apparentemente senza esclusione di colpi) tra Cinquestelle e Lega, ed in particolare tra Di Maio e Salvini, anche se entrambi giurano che il governo non è a rischio e non cadrà, Zingaretti ha incontrato Cirino Pomicino e Civati ha annunciato la sospensione della sua campagna elettorale. Episodi minori si diceva, ma che hanno avuto ampio risalto sui quotidiani nazionali, sulle televisioni e anche sui social.
Dunque mentre la scena è prepotentemente occupata dai due alleati di governo che interpretano tutti i ruoli in commedia, maggioranza e opposizione, destra e sinistra, e le altre formazioni politiche stentano ad emergere ed affermarsi nella comunicazione politica e nella presenza nel Paese, le poche notizie che filtrano sono tutt’altro che d’aiuto o incoraggianti. Partiamo dal Pd: il suo nuovo segretario nazionale, Nicola Zingaretti, impegnato in una campagna elettorale difficilissima nella quale occorre colmare il più possibile la distanza tra l’ultimo 18% in cui il partito è precipitato alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo 2018 ed il 40% delle precedenti europee del 2014 trova il tempo di incontrare, rendendo pubblico l’incontro, Paolo Cirino Pomicino ex democristiano e più precisamente ex andreottiano, protagonista di lungo corso della cosiddetta Prima Repubblica, durante la quale ha ricoperto vari incarichi di governo, e anche della Seconda con il PdL ed il centro destra, il quale ha annunciato che ora lui e i suoi amici voteranno Pd alle prossime europee. Cirino Pomicino, ottantenne, implicato ed in un paio di casi condannato nella stagione di tangentopoli, simbolo di un certo modo di fare politica ed utilizzare le istituzioni (basti pensare al film Il Divo di Sorrentino), sempre stato nel centrodestra passando dalla DC all’Udeur, dall’UdC al PdL, deputato per sei legislature e parlamentare europeo in una, non può certo definirsi una novità della scena politica, e soprattutto non è il testimonial utile al Pd nel suo tentativo di recuperare consensi e terreno perduto. Nel migliore dei casi rischia di essere il classico “gioco a somma zero”, quello in cui i voti che porta sono equivalenti a quelli che fa perdere, molto più probabilmente invece il gioco rischia di essere a somma negativa, e cioè pochi quelli che attrae e molti di più quelli che fa scappare. Ma al di là della semplice aritmetica elettorale: quale utilità ha avuto questo incontro? Quale messaggio si è voluto lanciare al Paese? Non so se qualcuno nel Pd si sia posto queste domande e si sia comportato prevedendone le risposte, concludendo con una valutazione positiva. Insomma se quello che ha guadagnato Pomicino in questa occasione è chiaro (qualche intervista sui quotidiani, l’essersi sentito ancora una volta, per qualche giorno, protagonista della politica italiana) non si capisce proprio cosa ne abbia ricavato il Pd.
Veniamo a Pippo Civati, fondatore e certamente una delle figure più rappresentative di Possibile, organizzazione a cui ha dato vita dopo aver lasciato il Pd nel 2015, il quale via social, e poi confermandolo nelle interviste successive, in settimana ha annunciato di sospendere la campagna elettorale e ogni attività a sostegno della sua candidatura (non potendo formalmente ritirarla) nella lista Europa Verde. A motivare questa difficile e sofferta decisione la scoperta della presenza di candidati di estrema destra nelle liste nate dall’intesa tra Verdi e Possibile. Civati, quarantaquattro anni, ha iniziato a fare politica nei DS e per due volte fa il consigliere regionale in Lombardia. Aderisce poi al Pd e nel 2010 insieme a Matteo Renzi promuove la prima Leopolda. Nel 2013 si candida alle primarie per scegliere il segretario del Pd e viene eletto in Parlamento. Dopo l’elezione di Renzi alla segreteria del Partito, ed in polemica con la scelta di far cadere il governo Letta, lascia il Pd e fonda Possibile. Lo scorso anno è con il suo movimento tra i fondatori di Liberi e Uguali, e dopo le elezioni però è partecipe della diaspora, tanto che invece di adoperarsi per tenere unita il più possibile quell’area politica e fare il salto verso la costruzione di un partito, con un referendum on line tenutosi poche settimane fa, decide insieme al suo movimento di dar vita con i verdi alla lista Europa Verde, abbandonata questa settimana per le ragioni che abbiamo appena ricordato.
Nelle passate europee l’unica lista a sinistra “Altra Europa con Tsipras”, in un clima politico totalmente diverso, con un leader fortissimo in quel momento come il premier greco, e con candidati che godevano di una certa notorietà come Barbara Spinelli e Curzio Maltese, riuscì a superare lo sbarramento del 4% previsto in Italia ed eleggere tre europarlamentari. Alle ultime politiche la lista di Liberi e Uguali ha superato di poco lo sbarramento del 3% ed eletto una piccola pattuglia, importante, di parlamentari. Cosa abbia spinto tutti, ad un anno di distanza e senza un dibattito pubblico chiaro, a prendere strade diverse per poi scoprire, come è capitato a Civati in questa ultima occasione, di aver fatto una scelta quanto meno improvvida è tutto da chiarire. Nel 2014 Pippo Civati scrisse un libro, pubblicato da Einaudi, il cui titolo era profetico: “Qualcuno ci giudicherà. La sfida per il cambiamento dell’Italia”. Sembra essersene dimenticato.
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