
Diciamo la verità: morto Marco Pannella (il 19 maggio 2016, ormai tre anni fa: vola il tempo!), in quanti avrebbero scommesso nella possibilità che il Partito Radicale avrebbe continuato a vivere? Anche chi scrive, che Pannella e i radicali li conosce e frequenta da quasi mezzo secolo, non avrebbe puntato su questa possibilità pensando seriamente di incassare la sua vincita. Pannella e il Partito Radicale: un tutt’uno, un “qualcosa” di inscindibile; inconcepibile l’uno senza l’altro. Non solo: le varie “anime” della galassia radicale, grazie al carisma e all’abile azione di mediazione di Pannella, trovavano un modus vivendi e pur guardandosi in cagnesco si sopportavano; morto il leader, il mondo radicale si dilania, “l’un contro l’altro armato”. Emma Bonino da tempo percorre altre, distinte strade. Già nel luglio 2015, dai microfoni di “Radio Radicale”, Pannella spara bordate micidiali: “Emma si comporta come se si fosse dimessa dal partito. Lei non opera più da militante ed esponente radicale. Ha contatti con tutto il mondo tranne che con noi. Tanto per lei il problema è di continuare a fare parte del jetset internazionale… Con noi non parla. Adesso gira, va a destra, va a sinistra, va in Tunisia, ma mai un momento è venuta a discutere con noi. Che c..zo faccia lo sappiamo solo da qualche indiscrezione o dalla stampa_”.
Rottura completa; e infatti con altri (Gianfranco Spadaccia, Riccardo Magi, Benedetto Della Vedova), assieme al democristiano Bruno Tabacci, Bonino ha dato vita al micro-partitino “Più Europa”. Della compagnia per breve tempo fa parte anche il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni Marco Cappato; ora però Bonino e Della Vedova si guardano in cagnesco con Cappato; quest’ultimo minaccia, dopo un contestatissimo congresso di fondazione, di far ricorso alla magistratura per presunte e asserite irregolarità. Siamo alla scissione dell’atomo. Per tornare al Partito Radicale e a coloro che legittimamente ne sono i rappresentanti: giocano una serie di scommesse che, finora, hanno vinto, simili al calabrone non dovrebbe poter volare. Convinzione errata, quella relativa al calabrone: l’entomologo francese Antoine Magnan la enuncia negli anni Trenta per poi rifare i calcoli e scoprire che erano sbagliati. Sbagliate le “profezie” sul Partito Radicale: Rita Bernardini, Antonella Casu, Maria Antonietta Farina Coscioni, Sergio D’Elia, Maurizio Turco, Elisabetta Zamparutti, hanno raccolto lo strapazzato vessillo radicale, e per ora sono riusciti a garantire una certa continuità: prima con un congresso affollatissimo nonostante le difficoltà logistiche e organizzative all’interno del carcere romano di Rebibbia, poi centrando per due anni consecutivi l’obiettivo che si erano dati di raccogliere almeno tremila iscritti, pena lo scioglimento e il “tutti a casa”.
In parallelo, le battaglie politiche che hanno caratterizzato gli ultimi anni del “fare” pannelliano: la giustizia giusta, e il diritto civile e umano alla conoscenza e al diritto di essere conosciuti. Peccato capitale, quello della conoscenza, l’aspirazione al “sapere”. Da sempre il “potere”, i “poteri” – e non necessariamente nelle declinazioni totalitarie – considerano qualcosa di pericoloso e perfino insopportabile, raccontare la storia, tenere viva la memoria, difenderla dall’usura del tempo e dalle manipolazioni. Se ne ha testimonianza ultima con la furia con cui il governo giallo-verde si abbatte su “Radio Radicale”, “Avvenire”, “Il Manifesto” e decine di altre piccole testate. Dicono di avercela con i cosiddetti “giornaloni”; nei fatti operano perché muoiano per asfissia piccole pubblicazioni che però svolgono un essenziale ruolo di informazione “altra”, rispetto alla dominante. Nel dare corpo e – letterale – voce alle iniziative per la conoscenza, “Radio Radicale” in questi anni ha svolto un ruolo fondamentale: fin da quando, si può dire, ha iniziato le trasmissioni nel 1975 e per la prima volta consentito che si potessero ascoltare integralmente le sedute parlamentari, fino a quel momento più o meno bene sintetizzati nei cosiddetti “pastoni” politici.
Molte cose ha fatto Pannella con la “sua” pattuglia. Dobbiamo al suo instancabile sprone (e a Loris Fortuna e Mauro Mellini), se l’Italia ha una legge che consente a una coppia “scoppiata” di potersi rifare una vita. Dobbiamo a lui, a Luigi De Marchi e alla sua AIED, se gli anticoncezionali sono prodotti di uso comune che ci risparmiano gravidanze non desiderate. Dobbiamo a lui, ad Adele Faccio, Fortuna, Giorgio Conciani, Emma Bonino, se le donne possono, se vogliono, interrompere una gravidanza non desiderata senza incorrere in sanzioni penali, senza far ricorso alle mammane o ai “cucchiai d’oro”. A Pannella dobbiamo tantissime cose, per quel che riguarda tutto l’immenso catalogo dei diritti civili e umani. Ma ora siamo a qualcosa di molto simile all’hegeliano: “Hier ist die Rose, hier tanze”. Il governo giallo-verde ritiene di non dover più rinnovare la convenzione con “Radio Radicale” per la trasmissione delle sedute parlamentari, e di fatto, così la condanna a morte, se non vuole snaturare il suo DNA di voce “fuori, ma dentro il Palazzo” e i palazzi del potere. Gli stessi radicali, a partire dalla prossima scadenza elettorale per il Parlamento Europeo devono decidere se e cosa fare; se e cosa fare in Italia e in Europa per dare seguito e corpo alle pannelliane lotte per la giustizia giusta e il diritto alla conoscenza; per dirla con una sorta di slogan: fare, saper fare, far sapere. L’ottavo Congresso italiano del Partito Radicale è convocato a Roma dal 22 al 24 febbraio prossimi a Roma all’Hotel Quirinale. Tema: “La vita di Radio Radicale, per la vita dello Stato di diritto”. Capaci, ancora una volta, di estrarre l’ennesimo coniglio dal cappello; e magari – questo è già meno frequente – il cappello dal coniglio… In ogni caso, sarà un “Hic Rhodus, hic salta”…
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