
“Tra noi c’è piena sintonia. E quando non lo siamo ci vediamo e discutiamo”. Salvini e Di Maio usano spesso, un giorno sì e l’altro pure, questa formuletta per nascondere le divergenze sempre più evidenti man mano che ci si avvicina alla fine di settembre quando il governo deve presentare l’aggiustamento al documento di Economia e Finanza (Def) e poi la manovra di Bilancio per il 2019 per metà di ottobre. I due sono la disperazione del ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Con lui non c’è “piena sintonia”. Anzi. Le sue parole sono state pronunciate anche in sedi, diciamo, “autorevoli”, sia il vertice informale dei ministri economici della Unione europea, tenuto a Vienna, sia il Forum Ambrosetti che si è svolto a Cernobbio, che ha perso molto dello smalto che aveva, un luogo di reale dibattito, per diventare una sorta di appuntamento mondano fra big, si fa per dire, della politica, dell’economia, del mondo imprenditoriale. Già, quelli che una volta si chiamavano capitani di industria si presentavano a Cernobbio per “annusare” l’aria che tirava a livello governativo e per prendere le misure del caso. In particolare nelle riunioni ristrette, a porte chiuse, si anticipavano le linee della politica governativa in particolare per quanto riguardava la politica fiscale, gli interventi del “pubblico”, dello Stato attraverso i suoi strumenti, per “dare la linea”, indicare al mondo degli imprenditori le linee di fondo della politica economica.
Def e Bilancio alla prova dei conti che non tornano
Quei tempi sono finiti. Ma, stante il dibattito aperto sulla manovra economica Def e Bilancio, l’attenzione, secondo quanto sarebbe stato annunciato dal titolare del ministero dell’Economia, è tornata molto forte. Anche alla luce dei continui annunci da parte del duo Salvini-Di Maio, su come dare forza di legge ai contenuti del “contratto” stipulato fra Lega e M5S, leggi in particolare reddito di cittadinanza che sta molto a cuore a Giggetto Di Maio, Flat tax e totale revisione della legge Fornero sulle pensioni.
È in questa situazione che il ministro Tria deve tenere i piedi in due staffe, una quella del contratto di governo che lui ben conosceva quando ha accettato l’incarico di governo, l’altra il rapporto con la Commissione Ue che guarda all’Italia come un paese da tenere sotto controllo per quanto riguarda il debito che abbiamo accumulato nel corso degli anni. Tria ha preso impegni con i Commissari, impegni che cozzano contro il libro dei sogni scritto da Salvini e Di Maio. Un libro che se si vuole sfogliare fino all’ultima pagina avrebbe un costo di più di cento miliardi. Il ministro dell’Economia rispondendo ad una insidiosa domanda dell’ex ministro Brunetta ha ripreso alcune parole contenute nella relazione che aveva svolto. “Transizione”, “prudenza”, “attenzione” e soprattutto “gradualità”. Si era così rivolto agli investitori proprio mentre lo spread saliva sempre più in alto. Brunetta gli aveva chiesto se non era meglio un chock fiscale, con la flat tax che era stata immaginata nel Contratto di governo.
Linea della prudenza e impegni con la Ue del ministro dell’Economia
La risposta di Tria aveva indicato la linea della prudenza in continuità con gli impegni presi con i Commissari Ue di non sforare il vincolo del 3% nel rapporto deficit-pil. Salvini parlerà di “sfiorare il vincolo”. “Uno shock fiscale –diceva – potrebbe portare a problemi di instabilità sociale e a non creare quel clima favorevole, friendly, per le imprese e gli investimenti”. Una indicazione chiara che la manovra sarà lenta. Il “contratto” di governo verrà realizzato nel corso dei cinque anni, l’intera legislatura. Salvini e Di Maio sono “costretti” a far buon viso a cattiva sorte. Ogni giorno che passa i due per rispettare la “sintonia” premono su Tria perché all’ordine del giorno sia messo prima il provvedimento sul quale i due contraenti del contratto contano maggiormente. Vogliono le certezza che subito partirà il reddito di cittadinanza, leggi Di Maio che anche oggi ha dato l’annuncio su questo provvedimento, “ci sarà subito, ne sono certo”, con Salvini che esprime anche lui la certezza sulla flat tax e sul condono fiscale come provvedimenti urgenti da portare a compimento. Il ministro Tria mantiene la posizione, “non tutto si può fare subito” dice, ponendo come priorità quella della crescita. Già, la crescita, ma non se ne parla, proprio mentre secondo i dati più recenti e da quanto fanno presente i Commissari Ue, questo è il problema di fondo dell’Italia. Siamo il fanalino di coda fra i paesi della Ue. Negli ultimi dieci anni l’Italia cresce di un punto in meno di media rispetto all’economia europea. L’obiettivo è quello di dimezzare il gap entro il 2019. Se è vero che le riforme, stando a quanto ha affermato ancor oggi Tria, verranno spalmate su cinque anni, è altrettanto vero che il problema degli investimenti resta in secondo piano, non se ne parla.
Progetti ambiziosi sugli investimenti. Ma sono solo progetti
O meglio, ne parla solo il ministro che annuncia un progetto ambizioso, 150 miliardi in 15 anni. Ovviamente ciò significa che la legge di Bilancio sarà caratterizzata dalla gradualità. Concetto che vale anche per flat tax, reddito di cittadinanza, revisione legge Fornero. Ribadisce Tria: “Procederemo con gradualità nell’ambito dei vincoli di bilancio, bisogna lavorare all’interno del grande bilancio dello Stato per trovare quelle risorse da spostare sulle riforme”. “Inutile – afferma – trovare 2-3 miliardi di più sul deficit se poi ne perdiamo quattro con il rialzo dei tassi di interesse”.
Già, i numeri. Le parole: deficit, Pil, debito pubblico, sono all’ordine del giorno di interviste, commenti, editoriali. Tre per cento, 1,6%, stanno diventando numeri che si possono giocare al lotto. In questi giorni stanno rimbalzando in interviste, dichiarazioni, comparsate in televisioni e radio. La realtà è che gran parte degli economisti, quelli veri e non inventati perché nei media ve ne sono molti, sono fortemente critici nei confronti della politica del governo gialloverde. Non è con le ricette del Salvini e del Di Maio che si mettono in sicurezza i conti pubblici. Ma forse a loro non interessa. Hanno il terrore che Def e Bilancio mettano a nudo la fragilità della politica, se così si può definire, targata Lega e Cinquestelle. Forse non è il caso di parlare di fragilità, un sostantivo che, comunque dice qualcosa. Qui ed ora si tratta di dilettanti allo sbaraglio. Che portano il paese sempre più sul ciglio di un burrone.
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