
Si attendeva il “domenicale” di Eugenio Scalfari, il lungo editoriale che propina ai lettori di Repubblica, una lenzuolata di parole dove mischia storia, filosofia, religione, le sue amicizie che vanno da papa Francesco con il quale si sente al telefono, al presidente della Repubblica Mattarella, al presidente della Banca centrale europea, al quale offre i suoi consigli per quanto riguarda il presente e il futuro della politica economica, dell’Unione europea. Nell’ultima parte dell’editoriale Scalfari, in particolare, ha dato un sostanziale contributo a quella che Carlo De De Benedetti, ancor oggi presidente onorario di Gedi, Gruppo editoriale spa di cui fa parte il quotidiano di Largo Fochetti, ha chiamato la “perdita di identità” del quotidiano, lo schierarsi, senza se e senza ma, con Renzi Matteo, la campagna pro Pisapia e Campo progressista che avrebbe dovuto sancire il riavvicinamento in chiave elettorale fra Pd e Articolo 1 Mdp, coloro che il partito di Renzi avevano lasciato. Sempre De Benedetti scopriva gli altarini relativi allo stato delle finanze del gruppo Repubblica, del suo personale contributo a suon di miliardi delle vecchie lire. Problema questo di rilevante interesse che mette a nudo una caratteristica del mondo editoriale italiano, il suo rapporto con le banche, con grandi gruppi che operano nel settore dell’edilizia e del mercato immobiliare di cui parleremo più diffusamente a conclusione del nostro articolo.
In questa situazione Scalfari non poteva accontentarsi di una intervista rilasciata ad un giornalista della stessa Repubblica, in cui gli si dava modo di controbattere a De Benedetti padre e neppure di un comunicato di poche righe dell’assemblea dei giornalisti di Repubblica in cui “si respinge in modo compatto il clima di scontro che si è venuto a creare intorno al giornale”. L’assemblea ribadiva “la condanna delle parole di Carlo De Benedetti, parole che danneggiano il giornale e non fanno onore alla sua storia di presidente della società fino al giugno scorso e attuale presidente onorario”. Non bastava neppure un editoriale del direttore, Calabresi, di cui De Benedetti, richiamando Manzoni affermava che “il coraggio se uno non ce l’ha nessuno lo può dare”. Tutto ciò non bastava. Attendeva l’intervento del presidente del gruppo editoriale, Marco De Benedetti che con i fratelli Rodolfo e Edoardo è il proprietario del gruppo editoriale, ereditato dal padre. E l’intervento è arrivato sotto forma di intervista.
L’editore. “Eugenio, la firma più importante, garanzia di autorevolezza”
Una prassi, visto che anche Scalfari si era fatto intervistare dal quotidiano di cui, dice Marco De Benedetti, “Eugenio continua ad essere la firma più importante e credo una garanzia di autorevolezza e indipendenza per la stragrande maggioranza dei lettori”. Questo Scalfari voleva e questo ha ottenuto, sapendo bene, a prescindere dai comunicati di assemblea che fra i giornalisti di Repubblica ci sono ancora quelli che non apprezzano le sue lenzuolate e il pieno appoggio al Pd renziano. Come di dice, Arlecchino scherzando si confessa. Della lunga intervista del presidente del Consiglio di amministrazione colpisce l’affermazione secondo cui “il giornale non ha deviato dalla sua storia”, e poi “ma il paese sta attraversando cambiamenti profondi e la stessa area politica di riferimento di Repubblica, sta vivendo una fase travagliata, difficile da interpretare e spiegare. Tutto questo ha inevitabilmente un impatto sulla narrazione politica”. Niente da eccepire. Solo che quel centro sinistra di cui parla De Benedetti junior non esiste più. La realtà e che partiti di centro, nel senso tradizionale, non ce ne sono più. A meno che non ci si riferisca alla nuova compagine presieduta dalla ministra Lorenzin o ai gruppuscoli fra cui quello che fa capo al Verdini. Per quanto riguarda il Pd, l’attuale anima è data, quasi totalmente da ex democristiani. Si è persa per strada l’anima ulivista. La realtà è che l’area politica di cui parla De Benedetti Marco che ha in Scalfari il suo narratore non ha niente che possa definirsi di centrosinistra. Non solo, i ripetuti attacchi a Liberi e uguali, a Pietro Grasso, presi di mira da alcuni retroscenisti, come quelli portati alla Cgil, per non parlare di Massimo D’Alema, dipinto come una specie di demonio di cui si alterano perfino dichiarazioni e interviste rilasciate ad altre testate, sono il segno che l’identità di Repubblica, giornale aperto al confronto politico e culturale è cambiata.
Miliardi come noccioline sborsati da De Benedetti per salvare il Gruppo
Veniamo così alla parte economica e finanziaria dell’intervento di Carlo De Benedetti che conferma e aggrava quanto affermato in precedenza nel merito dei suoi interventi a sostegno del gruppo, negati da Scalfari, il quale, dice l’ex editore, “ha completamente omesso un passaggio cruciale della vita del gruppo”. E racconta che a metà degli anni ’80 il gruppo si trovava in una situazione tecnica di fallimento. L’avvocato e consigliere di amministrazione del gruppo si rivolse all’amministratore delegato di Euroimmobiliare. Chissà perché quando si tratta di media sono sempre in campo costruttori, società immobiliari e simili. L’amministratore delegato inventò le “fedi di investimento convertibili” e, dice De Benedetti, “mi propose di sottoscrivere 5 miliardi, cosa che feci. Poi convertii le fedi in azioni del Gruppo Espresso, diventandone azionista al 15 %”. Ancora. ricorda che in occasione della guerra di Segrate (leggi vicenda Mondadori ndr) Scalfari ne “approfittò per vendere la sua modesta partecipazione e io gliela comprai versandogli 80 miliardi di lire”. Concludiamo con alcune “riflessioni” di Massimo Marnetto comparse su “Articolo21” il giornale della omonima associazione che in testata recita: “Il dovere di informare, il diritto ad essere informati”. Scrive il giornalista: “Se posso dare un consiglio fuori-breakfast a De Benedetti (allude agli incontri con i potenti ndr) è quello di mandare a casa Calabresi e assumere la Gabanelli. Le inchieste vere sono l’unica cura ricostituente per un quotidiano. Un giornale filo-governativo serve solo ad incartare le uova”.
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