
Che la credibilità di Matteo Renzi avesse ormai toccato uno dei punti più bassi della sua parabola politica, lo abbiamo capito ieri quando ha aperto una guerra (del tutto solitaria) contro l’Unione europea proponendo una misura economica che tende a uscire dalle rigide regole dell’austerità, portando al 2,9% del Pil in cinque anni. Ovvero, far leva sul debito pubblico per accelerare la crescita, una proposta che sarebbe stata interessante se i vincoli di bilancio non fossero definiti dai Trattati europei e dalla stessa Costituzione italiana nell’articolo 81, che però il leader di Rignano non ha osato riformare quand’era il momento di farlo. Insomma, tutto è sembrato, fuorché una proposta seria. Ha spinto sull’acceleratore delle polemiche col presidente dell’Eurogruppo, l’olandese socialdemocratico Dijsselbloem, con Bersani, che gli ricordava che abbassare le tasse in modo indiscriminato è di destra, poiché il principio costituzionale ne prevede la progressività e aver tolto le tasse sulla prima casa anche ai ricchi è di destra e per non farsi mancare nulla anche con il vicepresidente della Commissione europea Dombrovskis. Per quest’ultimo, “la nostra base di lavoro è il programma di stabilità presentato dal governo italiano, cioè il Documento di Economia e Finanza”, era stata la gelida replica di Valdis Dombrovskis, rifiutandosi di commentare la proposta di Matteo Renzi. “Stiamo lavorando con il governo italiano, il suo primo ministro e il ministro Padoan”. Il Def “è quel che forma la base del nostro lavoro e servirà per la nostra valutazione dei progressi dell’Italia”, ha spiegato Dombrovskis.
Il resoconto molto critico delle proposte di Renzi su alcuni media internazionali
La polemica non poteva non raggiungere i media internazionali. L’agenzia Reuters l’ha rilanciata per prima, poi è stata raccolta da alcuni prestigiosi media, da money.usnews.com a El Economista, di lingua spagnola, che cita la frase di un portavoce del presidente Juncker: “No hacemos comentarios sobre comentarios de personas que está fuera de ese efectivo círculo”, mentre Italy-Europe 24 titola: “Italy-Europe, the break Matteo Renzi is calling for”, Italia-Europa, la rottura che l’Italia cerca. L’agenzia Reuters raccontava così l’uscita di Renzi (e la Reuters è l’agenzia più letta e citata al mondo): “Matteo Renzi proposed Italy should run a stable budget deficit of 2.9 percent of gross domestic product for five years instead of trying to lower the deficit towards zero, as current plans call for (Matteo Renzi ha proposto che l’Italia dovrebbe prevedere un deficit stabile di bilancio del 2,9% del Pil per cinque anni, invece di cercare di ridurlo verso lo zero, come richiesto dai piani attuali”). La Reuters cita anche il commento del ministro Calenda, il quale sostiene che “il prossimo bilancio sarà definito da Padoan e Gentiloni e dovrà rispettare gli impegni già presi, ovvero una riduzione del deficit al 2,1 per quest’anno e all’1,2 per il 2018”. E la Reuters chiude la sua agenzia da Roma ricordando che il debito pubblico dell’Italia è pari al 133%, penultimo nell’Eurozona, prima della Grecia. Insomma, dall’Italia è arrivato in Europa un messaggio contraddittorio da parte dell’ex premier Renzi, e così è stato letto dai media. Non passa giorno che il Financial Times, ad esempio, ci ricorda lo scambio che nel 2014 Renzi propose e ottenne all’Europa, approfittando dell’emergenza migranti, e poi del terremoto: 19 miliardi di flessibilità (l’1,2% del Pil). Fu allora che fu firmato il progetto Frontex che prevedeva gli sbarchi solo nei porti italiani, come ricorda spesso anche Emma Bonino.
Perfino Padoan lo scarica a Bruxelles al termine della riunione dei ministri economici dell’Eurozona
Ora, però, chi pensava che Renzi avesse davvero toccato il punto più basso della sua credibilità, in Italia e nel mondo, ha dovuto ricredersi anche oggi. Due episodi sono rivelatori. Il primo è accaduto a Bruxelles, nel corso della conferenza stampa finale dell’Ecofin del ministro dell’Economia Padoan, il quale ha perso la pazienza. Incalzato dalle domande dei giornalisti che gli chiedevano cosa pensasse e come commentasse le proposte di Renzi sui conti pubblici, in particolare quella di portare il deficit al 2,9% per cinque anni, il ministro ha sbottato: “Madonna santa …”, mentre il giornalista formulava la sua domanda che insisteva sul tema già trattato nelle domande precedenti. “Cosa vuol dire cosa penso davvero, scusi?”, ha detto. “Se l’Italia può permetterselo”, ha precisato il giornalista. “Ripeto, questo non mi riguarda, lei mi sta chiedendo un commento su un giudizio espresso esternamente al Governo”. Si noti che è la stessa reazione della Commissione europea, per la quale non si commentano i commenti di chi sta fuori della “cerchia” dei governi. Padoan scarica di fatto Renzi? Lo vedremo nelle prossime ore.
La bufala renziana sull’accordo D’Alema-Berlusconi. D’Alema: “Berlusconi sottovalutò la sua reazione psicotica quando fece il mio nome”
E già questo episodio sarebbe bastato per alimentare ancora di più le polemiche di una persona che vorrebbe essere protagonista, a tutti i costi e nonostante tutto. In serata giunge un nuovo lancio del suo libro. Questa volta, Renzi punta a colpire Massimo D’Alema, raccontando la sua verità (o la sua bugia) sui giorni che precedettero l’elezione di Mattarella a presidente della Repubblica. Cosa scrive Renzi? “Quando, a fine gennaio del 2015, si tratta di votare per il Quirinale, Berlusconi mi chiede un incontro, che resterà, ma io non posso ancora immaginarlo, l’ultimo per anni”, racconta il segretario del Pd. Berlusconi, “quando si siede, accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini, mi comunica di aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd”. L’ex cavaliere “mi spiega infatti di aver ricevuto una telefonata da Massimo D’Alema, di aver parlato a lungo con lui e che io adesso non devo preoccuparmi di niente, perché ‘la minoranza del Pd sta con noi, te lo garantisco’”.Renzi, però, bloccò la proposta di Berlusconi e “in quel momento – sono più o meno le due di pomeriggio del 20 gennaio –, nel salotto del terzo piano di Palazzo Chigi, capisco che il Patto del Nazareno non esiste più: il reciproco affidamento si è rotto”.
La reazione di Massimo D’Alema è arrivata a stretto giro di comunicato stampa: “Gran parte delle circostanze riferite da Renzi in relazione alla elezione del Presidente della Repubblica sono fantasiose. Io non ho fatto nessun accordo con Berlusconi. Semplicemente il leader di FI voleva conoscere le opinioni e le proposte della minoranza del PD; lo informai della nostra disponibilità a votare a favore di Sergio Mattarella o di Giuliano Amato. D’altro canto tutto ciò era già stato riferito da Bersani a Renzi”. Dichiara Massimo D’Alema, che però affonda: “Evidentemente Berlusconi ha compiuto un grave errore nel nominare D’Alema in presenza di Renzi, sottovalutando la reazione psicotica che ci sarebbe stata, inoltre era chiaro che non aveva simpatia per Giuliano Amato. Per quanto riguarda noi, che eravamo la minoranza del PD, Mattarella, che era appunto uno dei due nomi che avevamo indicato, lo abbiamo votato volentieri. Tutto il resto sono sciocchezze”. Che il racconto di Renzi non sia vero, aggiungendo alla sua più volte espressa mancanza di credibilità un altro tassello, lo confermano Miguel Gotor e Renato Brunetta.
Miguel Gotor rimette sui binari della verità quel che accadde a gennaio del 2015. E perfino Brunetta smentisce Renzi
Secondo Gotor, “il patto del Nazareno, per i suoi aspetti politici, non si ruppe per quell’inesistente accordo ma perché Renzi poté intascare l’Italicum, grazie al voto decisivo al Senato di Forza Italia, proprio qualche giorno prima che si dovesse votare il nuovo Capo dello Stato. Una decisione all’apparenza inspiegabile da parte di Berlusconi che perciò suscitò lo stupore di quanti nel suo stesso partito pensavano che fosse necessario difendere l’autonomia della politica, come in quella circostanza non avvenne. Gli stessi che, successivamente, preferirono accreditare la falsa pista di un Berlusconi che si sarebbe fidato di Renzi, rimanendone ingannato”. Inoltre, Gotor avanza qualche sospetto sulla falsa ricostruzione di Renzi: “Ci spieghi piuttosto Renzi quali argomenti extra-politici utilizzò con Verdini e questi con Berlusconi per ottenere il consenso preventivo di Forza Italia sull’Italicum senza che le due principali forze protagoniste del processo di riforma costituzionale decidessero insieme il presidente della Repubblica come sarebbe stato lecito attendersi se la politica avesse conservato una sua dignità in quell’oscuro passaggio. Magari la vicenda degli appalti Consip e la tutela degli interessi economici di Mediaset potrebbero aiutare a chiarire quanto avvenuto in quei giorni, in cui Berlusconi fu vittima del suo stesso conflitto di interessi e Renzi, che lo aveva riportato al centro del gioco politico, seppe approfittarne con la consueta spregiudicatezza”, conclude Gotor. Brunetta su twitter: “Patto Nazareno finito per intesa Berlusconi-D’Alema su Colle? Ennesima bugia @matteorenzi. Patto finì perché violato 17 volte da leader Pd”.
Insomma, davvero non si capisce per quale ragione Matteo Renzi abbia voluto delegare ad un libro edito da Feltrinelli, la cui serietà non si discute, un racconto palesemente falso della sua vita politica recente e decisiva per la storia d’Italia, e soprattutto alcune proposte che per superficialità e banalità non hanno avuto alcun credito, né in Italia né in Europa, e anzi hanno avuto l’effetto di schernirlo. Di quale strategia comunicativa fanno parte queste tessere di un mosaico “incredibile”?
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