
I cartelloni pubblicitari, che compaiono forse troppo numerosi per le strade di Roma, fanno spesso capolino anche nella cronaca locale, quale annoso problema della capitale. Il Corriere della Sera e la Repubblica hanno recentemente dato notizia della pubblicazione di una ricerca, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, nella quale si evidenziano i punti oscuri dei piani di localizzazione adottati dal Campidoglio a ottobre 2015 quale strumento volto ad individuare concretamente la collocazione sul territorio dei singoli impianti pubblicitari. Lo studio è stato presentato nel corso di un convegno organizzato da un’associazione del settore e la sua sintesi è facilmente consultabile digitando sul web “convegno piani impianti pubblicitari”. Vi sarebbe il concreto pericolo, secondo la ricerca, della formazione di raggruppamenti che non consentirebbero al mercato pubblicitario di funzionare seconde regole di equità e concorrenza. Inoltre la collocazione degli impianti “su strade locali commercialmente non affidabili (si noti che oggi sono prive di installazioni) rende incerto il valore commerciale del lotto”.
Meno impianti da collocarsi in zone senza valore commerciale
Insomma, meno impianti pubblicitari da collocarsi in zone senza alcun valore commerciale. Si profilano dunque tempi bui per gli operatori pubblicitari che, nel loro piccolo, contribuiscono in modo cospicuo al bilancio di Roma Capitale. Nel 2015 il settore della pubblicità, facendo quadrare la relativa somma prevista a bilancio, ha comportato entrate per l’Amministrazione Capitolina di oltre 12 milioni di euro che per il futuro, con l’inevitabile scomparsa degli attuali operatori, rischiano di venire meno. Il grosso delle future entrate, infatti, dovrebbe essere garantito dall’unico soggetto che riuscirà ad aggiudicarsi il lotto relativo agli impianti pubblicitari collegati con il servizio di bike sharing, il quale difficilmente potrà sostenere un gettito simile, tanto più alla luce del cospicuo investimento a carico della casse comunali. Da un articolo comparso sul Messaggero il 19 novembre scorso apprendiamo che, secondo l’Assessore alle Attività Produttive di Roma Capitale, è previsto un investimento iniziale di 2,5 milioni di euro per la realizzazione delle sole prime 80 ciclostazioni e non possiamo non supporre che i prezzi non potranno che essere destinati ad aumentare.
Le delibere di giunta dell’era Moratti rivelano che a Milano, la realizzazione del circuito Bike Sharing è costata quasi 10 milioni di euro, essendosi giudicati insufficienti gli originari 5 milioni, e che il concessionario è stato esonerato dal pagamento del canone per l’occupazione del suolo pubblico, il tutto con risultati che non conosciamo ma che, se anche hanno funzionato a Milano non è detto che ciò possa ripetersi a Roma. In definitiva, grazie ai piani in questione, a Roma scompariranno gli operatori locali con tutto l’indotto, per lo più tutte piccole e micro imprese, ed in cambio ci saranno meno entrate e più spese per le casse comunali. Ne vale la pena?
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