
I retroscena impazzano. Due fronti sono aperti, quello delle elezioni con il benservito a Paolo Gentiloni dato questa volta non da scriba specializzati nel raccontare le “cose segrete” del Palazzo, riferite dai più vicini collaboratori di questo o quel politico che conta, ma addirittura da un ministro potente, quello alle Infrastrutture, Graziano Delrio, da taluni dato anche come possibile concorrente del Renzi Matteo, lui però giura che non ci pensa nemmeno. L’altro fronte è quello del referendum con i tre quesiti proposti dalla Cgil. Ormai siamo vicini alla pronuncia da parte della Consulta sulla ammissibilità, in particolare per quanto riguarda il reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti illegittimi, l’abolizione dei voucher, nati per combattere il lavoro nero, si diceva, diventati essi stessi una forma di lavoro nero, forse peggiore, le responsabilità nei confronti dei dipendenti delle ditte che appaltano lavori. Alcuni grandi giornali di editori che prima di tutto sono padroni interessati a più di un “lavoretto” non vedono di buon occhio il ripristino di diritti dei lavoratori, i contratti regolari per esempio invece di quei quattro o cinque euro ad articolo scritti da giovani collaboratori. Magari a loro vanno bene anche i voucher con cui rimborsano chi vende i loro giornali per le strade. Per quanto poi riguarda gli appalti, gli editori costruttori o amici dei costrutturi non si fanno mancare niente. Così è partita una campagna, indegna per toni e contenuti, contro il referendum e la Cgil, i tre milioni e passa di cittadini che hanno sottoscritto i quesiti e che magari sono anche lettori dei loro giornali, o lo erano.
Chi punta alle elezioni subito non può ignorare che c’è in ballo il referendum della Cgil
Andiamo per ordine. E’ ovvio che i due eventi evocati sono collegati l’uno all’altro. Comunque vada, difficile che la Consulta respinga i tre quesiti, anche se è forte la pressione dei media, specie sui diritti dei lavoratori, che l’abolizione dell’articolo 18 ha manomesso. Se ciò avvenisse sarebbe a parer nostro un fatto molto grave. Non lo pensiamo. Il referendum si farà. Già, ma quando? Lo ignorano o fanno finta, renziani orfani del giovinotto di Rignano che lo vogliono subito di nuovo a Palazzo Chigi con la sua corte, i leghisti che puntano a diventare l’asse portante dell’opposizione di una destra becera, reazionaria, un po’ meno i grillini che puntano a sfiancare il Pd ma non fremono per andare al governo, puntano a diventare la sola forza di opposizione, il primo partito con cui un eventuale governo deve fare i conti tutti i giorni. Insomma, attendono che la barca affondi e loro si presenteranno come i salvatori della patria. È in questo quadro, melmoso, che il ministro Delrio interviene con una intervista rilasciata all’Avvenire. Un inizio folgorante in cui racconta che lui la notte del 4 dicembre, la disfatta del referendum, a Renzi non le mandò a dire, gli fece presente che “ci vuole una proposta vera e un governo che combatte le cause autentiche delle disuguaglianze, la politica non serve ai ricchi, se la fanno da soli. Serve ai più deboli, alle famiglie, deve deve dare lavoro”. Solo un appunto, i ricchi la politica la fanno fare al governo. L’intervistatore gli chiede se con queste affermazioni critica la politica del governo Renzi di cui faceva parte. Il ministro non ci pensa un minuto e sciorina tutto quello che di buono e di bello quel governo ha fatto e quello che farà Gentiloni che ne è fotocopia. Bene, allora, resta se ha la fiducia del Parlamento come Costituzione vuole? E’un governo a tempo pieno? Che ha tutti i poteri? Quello che insomma ha detto il presidente della Repubblica, poi ribadito in molte occasioni? Certo, dice Delrio, vale il voto del Parlamento e quello che ha detto Il Capo dello Stato.
Il ministro: “L’orizzonte del governo Gentiloni non è lungo. Si può concludere a giugno”
Ma, c’è un ma, c’è sempre un ma. “Per l’orizzonte che ha davanti il mio parere è che non è lungo. I cittadini e gli elettori vanno rispettati. Il 4 dicembre hanno espresso il loro bisogno di partecipare a definire lo scenario politico. Non essendo stato possibile votare a febbraio la maggioranza si è fatta carico di un esecutivo di servizio che accompagna il Parlamento nel periodo che serve a definire le regole elettorali”. Poi dice chiaro e tondo: “che questo processo si concluda entro giugno mi pare plausibile”. Non c’è bisogno di commenti. È un chiaro invito a sloggiare. Ci permettiamo solo di ricordare che il presidente Mattarella non ha mai parlato di “un esecutivo di servizio”. Che non esiste nella nostra Costituzione.
Le manovre per “liberare” la Camera dai decreti e votare la legge elettorale
Giugno, troppo lontano. Forse si può votare prima. Un “retroscena” di La Stampa illustra le grandi manovre di capitan Renzi. Ha dato ordine ai suoi di cambiare il calendario dei lavori. Decreti, milleproroghe, tutto al Senato, lasciando libera la Camera per affrontare subito le modifiche alla legge elettorale. La Lega è d’accordo, forse anche i grillini. Già prima del parere che la Consulta esprimerà sull’Italicum il 24 gennaio si possono aprire le consultazioni con gli “esperti”, poi la legge sarà pronta per il voto anche a fine aprile. Chi farà parte dell’operazione? Usando il linguaggio renziano si può parlare di “accozzaglia”. La Lega c’è, Grillo forse, qualche altra frattaglia si trova.
Damiano (Pd). Il quesito referendario sull’articolo 18 è ammissibile
Torna così il discorso sul referendum della Cgil. L’Avvocatura dello Stato, per conto del governo, ha fatto proprie le posizioni sostenute dagli Ichino di turno che hanno occupato i media renziani. Per quanto riguarda il quesito relativo all’articolo 18 sarebbe inammissibile in quanto non sarebbe “abrogativo” delle attuali norme ma “manipolativo”, opererebbe cambiando le norme attuali. Non ne è convinto Cesare Damiano, Pd, presidente della Commissione Lavoro della Camera. A suo parere il quesito è ammissibile perché, spiega, i quesiti referendari possono essere abrogativi o parzialmente abrogativi. Nel frattempo qualche giornalone si esercita in sgangherati attacchi alla Cgil. Lo fa in particolare il Corriere della Sera che prende spunto da una notizia data da un giornale locale il quale ha scoperto che lo Spi-Cgil emiliano ha usato i voucher per compensare alcuni attivisti che, volontari, svolgono qualche attività occasionale. I dirigerti dello Spi precisano che non si tratta, appunto, di attivisti pensionati e che non c’è altra forma di rimborso se non al nero e che lo Spi emiliano è totalmente d’accordo con l’abolizione dei voucher. Se l’editorialista del Corriere della sera si fosse premurato di conoscere come opera lo Spi e quale contributo volontario danno nel portare avanti tante attività sociali avrebbe evitato di emettere giudizi degni di miglior causa.
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