
L’Italia viola il diritto alla salute delle donne in gravidanza, che, seppur autorizzate e tutelate dallo Stato, continuano ad incontrare “notevoli difficoltà” ed impedimenti nell’accesso ai servizi di interruzione di gravidanza. Questo è quanto è stato rimproverato al nostro Paese dal Consiglio d’Europa. A tutela della categoria esiste la legge 194/1978, infatti, che prevede che, indipendentemente dalla dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici, ogni singolo ospedale e le Regioni debbano sempre garantire il diritto di accesso all’interruzione di gravidanza delle donne. Purtroppo la verità è un’altra: infatti, seppure la legge esista e lo consenta, le donne si trovano di fronte a ostacoli concreti, a causa della mancanza di mezzi e dell’elevato e crescente numero di casi di medici obiettori, come dimostrano i dati forniti dalla Cgil nell’ambito del giudizio davanti al Comitato Europeo. Molte strutture si trovano a non avere all’interno del proprio organico un numero adeguato di medici che possono garantire l’effettiva e corretta applicazione della legge: fiore all’occhiello in questo caos. Come si legge anche nelle conclusioni di Strasburgo: “Le donne che cercano accesso ai servizi di aborto continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell’ottenere l’accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge”.
Per avere un’idea del fenomeno, ecco le percentuali più alte di obiezione tra i ginecologi italiani: in Molise (93,3 per cento), in Basilicata (90,2 per cento), in Sicilia (87,6 per cento), in Puglia (86,1 per cento), in Campania (81,8 per cento), nel Lazio e in Abruzzo (80,7 per cento).
A tre anni di distanza dal Reclamo collettivo (n. 91 del 2013) e a due dalla condanna del Comitato Europeo ai danni dell’Italia, (decisione dell’8 marzo 2014 sul Reclamo collettivo n. 87 del 2012 presentato dall’organizzazione internazionale non governativa International Planned Parenthood Federation European Network), la Cgil, assistita dagli avvocati Marilisa D’Amico (ordinario di Diritto costituzionale, Università degli Studi di Milano) e Benedetta Liberali, con il sostegno della Confederazione europea dei sindacati, ha presentato al Consiglio d’Europa un ricorso, che è stato accolto.
La sentenza risale al 12 ottobre 2015, ma è stato possibile soltanto oggi, alla scadenza dell’embargo, rendere nota la decisione presa dal Consiglio d’Europa, con la quale è stata anche accertata la violazione dei diritti nei riguardi dei medici non obiettori di coscienza. Il personale medico di questa categoria, infatti, veniva altamente discriminato, subendo “diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti”, in termini di carico di lavoro e prospettive di carriera.
“Gli svantaggi subiti dal personale che non ha fatto obiezione”, secondo l’organizzazione di Strasburgo, “emergono semplicemente dal fatto che certi medici forniscono servizi di aborto nel rispetto della legge, quindi non c’è alcun motivo ragionevole od obiettivo per questa disparità di trattamento”.
Camusso: “È una vittoria per le donne, per i medici e per l’Italia”
“Una sentenza importante – commenta soddisfatta il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso – perché ribadisce l’obbligo della corretta applicazione della legge 194, che non può restare soltanto sulla carta. Il sistema sanitario nazionale deve poter garantire un servizio medico uniforme su tutto il territorio nazionale, evitando che la legittima richiesta della donna rischi di essere inascoltata. Questa decisione del Consiglio d’Europa riconferma che lo Stato deve essere garante del diritto all’interruzione di gravidanza libero e gratuito affinché le donne possano scegliere liberamente di diventare madri e senza discriminazioni, a seconda delle condizioni personali di ognuna. Il riconoscimento di queste violazioni – continua Camusso – è una vittoria per le donne e per i medici, ma anche per l’Italia: essa costituisce un’importante occasione affinché si prenda finalmente coscienza dei problemi concreti di applicazione della disciplina (definita dalla Corte costituzionale quale regolamentazione irrinunciabile), finora del tutto disconosciuti dal ministero della Salute”.
Lorenzin: “Sono molto stupita”
Il Ministero della salute spiega che non sono stati presi in considerazione tutti i dati presentati nell’ultima Relazione al Parlamento. “La relazione presentata lo scorso ottobre contiene dati definitivi relativamente all’anno 2013 e preliminari relativamente all’anno 2014. Si tratta di una delle raccolte dati più aggiornate e puntuali al mondo”. Per il ministero l’offerta del servizio è stabile per ciascun ginecologo non obiettore. Il numero di non obiettori risulta quindi congruo rispetto agli aborti effettuati, e il carico di lavoro richiesto non dovrebbe creare problemi nel soddisfare la domanda da parte delle pazienti. Per il Ministero non sono state considerate in sede europea alcune iniziative come il “Tavolo di lavoro per la piena applicazione della L.194”, a cui sono stati invitati a partecipare tutti gli assessori regionali e l’ISS.
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, da parte sua afferma: “Non ho approfondito ma sono molto stupita perché si tratta di dati vecchi, del 2013. Dal 2013 a oggi abbiamo installato una nuova metodologia di conteggio – aggiunge Lorenzin – e nella relazione che abbiamo presentato al Parlamento recentemente non ci risulta una sfasatura. Ci sono soltanto alcune aziende pubbliche che hanno qualche criticità dovuta a problemi di organizzazione. E siamo intervenuti anche richiamando”. Per il ministro “siamo nella norma, anche al di sotto. E non c’è assolutamente lesione del diritto alla salute”.
Nicchi (Si): “È ora che venga rispettata la legge sulle interruzioni volontarie”
La deputata di Sinistra Italiana, Marisa Nicchi, componente della commissione Affari Sociali, afferma: “Adesso anche l’Europa riconosce che in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza è un percorso a ostacoli per le donne e che i medici non obiettori vengono sistematicamente discriminati. Finalmente. Da tempo Sinistra Italiana sostiene la stessa cosa. Il ministro Lorenzin intervenga per garantire il diritto delle donne a poter scegliere liberamente e in difesa del personale medico non obiettore”.
“Secondo il Consiglio d’Europa – prosegue – i medici non obiettori, pur agendo nel rispetto della legge, subiscono diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti. In alcune aree del Paese l’obiezione arriva al 90% rendendo impossibile l’interruzione di gravidanza e ledendo i diritti delle donne. Tutto ciò è inaccettabile. In Italia esiste una legge che regolamenta le interruzioni volontarie di gravidanza, è ora che venga rispettata in ogni struttura del Paese”, conclude Marisa Nicchi.
Agatone (LAIG): “Spesso mancano persino i ferri chirurgici”
Silvana Agatone, presidente di Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della legge 194/78), che ha collaborato con la Cgil per portare il caso al Consiglio d’Europa: “Bisogna accendere i riflettori sulla situazione reale – afferma Agatone -. Nella maggior parte degli ospedali i primari sono obiettori, e solo alcuni fanno rispettare comunque la legge. Si rischia di avere dei problemi, dalla mancanza dell’anestesista a un infermiere che si rifiuta di sterilizzare i ferri chirurgici. Anche l’ambiente culturale non facilita il tutto, talvolta si fa un uso spropositato dell’obiezione. Recentemente dei colleghi stavano facendo interventi e il personale si è rifiutato di lavare i ferri chirurgici, il collega ha dovuto sterilizzarli e continuare da solo. In altri ospedali portantini si rifiutano di portare le pazienti, o manca l’anestesista. Dovrebbe essere un problema della struttura, ma se ne fa carico il non obiettore, che deve sistemare tutto. Molti colleghi che fanno aborti dopo i 90 giorni, quindi per motivi medici, vengono puntualmente denunciati. Per non parlare del fatto che i non obiettori non fanno carriera, e che ci sono stati casi in cui è stato tolto loro addirittura l’insegnamento”.
“Solo nel Lazio – spiega – secondo un nostro studio gli obiettori sono il 91,3% ma ci sono regioni che stanno peggio come le Marche, la Sicilia e la Calabria, anche se pure il Veneto non è che sia messo molto meglio. Il Ministero dovrebbe fare un’indagine seria sul territorio, e aprire a concorsi riservati ai non obiettori”.
Assunzioni straordinarie: ecco la risposta che la Fp Cgil si aspetta dal governo
Il segretario nazionale della Fp Cgil, Cecilia Taranto, e il segretario nazionale della Fp Cgil Medici, Massimo Cozza, in merito alla pronuncia del Consiglio d’Europa affermano: “Un’assunzione straordinaria di personale sanitario, insieme al conferimento di responsabilità dirigenziali a chi applica a pieno la legge 194, con la definizione di una dotazione organica che garantisca la prestazione richiesta dalle donne: questa la risposta, senza appello, che il governo deve adesso fornire”.
La Fp Cgil avanza al governo proposte precise: “Oltre ad una necessaria assunzione di personale sanitario, fatto di medici, infermieri e ostetriche, serve affidare la direzione dei presidi, nei quali si effettua l’interruzione di gravidanza, a chi garantisce l’attuazione certa della legge. Il tutto insieme alla presenza adeguata e garantita di personale non obiettore, che passi anche attraverso la definizione di dotazioni organiche, contrattate con il sindacato, funzionali al rispetto della legge. Misure dalle quali il governo non può più tirarsi indietro dopo il richiamo europeo. In Italia esiste una legge che garantisce la libertà di scelte alle donne, è tempo di applicarla”, conclude.
La posizione dell’associazione Luca Coscioni: “in Italia denunciamo da tempo un clima pre 194 favorito dal governo”
“Con questa nuova sentenza del Consiglio d’Europa, l’Italia si conferma ancora una volta maglia nera d’Europa in tema di diritti. La decisione di oggi dimostra infatti come negli ospedali del nostro Paese siano sistematicamente violati sia il diritto alla salute delle donne, che non riescono ad accedere all’interruzione di gravidanza, che i diritti dei medici non obiettori che ogni giorno, con il proprio lavoro, cercano di far rispettare la legge 194”. Lo hanno dichiarato, con una nota, Filomena Gallo e Mirella Parachini, rispettivamente segretario e membro di Direzione, Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, soggetto costituente del Partito radicale. “Violazioni – hanno aggiunto Gallo e Parachini – che il Consiglio d’Europa aveva già denunciato con una sentenza emessa due anni fa, e anche allora, come nel procedimento promosso dalla Cgil, come Associazione Luca Coscioni avevamo contribuito con le nostre osservazioni depositate al Comitato per i diritti Sociali del Consiglio di Europa. Nonostante ciò, non solo il governo ha continuato a fare finta di nulla, ma dal 15 gennaio scorso ha perfino inasprito le multe per le donne che, non riuscendo a interrompere la gravidanza per mancanza di medici non obiettori, sono costrette a rivolgersi a strutture non accreditate o a medici non autorizzati. Un provvedimento che riporta l’Italia a un clima pre-194 e non considera che il ritorno dell’aborto clandestino è diretta conseguenza del dilagare dell’obiezione di coscienza”. “Noi dell’Associazione Luca Coscioni – si legge ancora nella nota – abbiamo lanciato alcune proposte chiare e concrete per ripristinare un minimo di legalità a tutela dei diritti di tutti: la creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza; l’elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza; concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG, l’utilizzo dei medici “a gettone” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori e infine una deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti”. “Garantire la piena applicazione della legge 194 – hanno concluso i rappresentanti dell’Associazione Luca Coscioni -, senza ledere il diritto delle donne che decidono d’interrompere la gravidanza e quello dei medici che decidono di obiettare non è difficile: basta volerlo fare”
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