
Dopo la batosta dello stop di questa mattina sull’autonomia differenziata, Matteo Salvini si prende la rivincita e fa saltare il tavolo sul decreto Sicurezza bis, con un furioso scontro istituzionale e politico contro i 5Stelle e soprattutto contro il presidente della Camera Roberto Fico. Insomma, il provvedimento fiore all’occhiello del ministro dell’Interno si blocca per un “problema politico” che il leader del Carroccio non stenta a definire “serio” e che lo porta a chiamare l’alt dei suoi. E’ lui stesso a fine giornata, in diretta Facebook dal tetto della sua abitazione romana, a spiegare la cosa: “Se c’è qualcosa che mi ha fatto incazzare oggi è che qualcuno sta cercando di bloccare gli emendamenti per le forze dell’ordine al decreto Sicurezza bis. Se non rientrano questi emendamenti i lavori non riprendono”, sentenzia, elencando numeri e titoli delle proposte di modifica in questione e pronunciando dopo ognuno la frase: “lo voglio”.
I fatti: il testo è all’esame delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera ma l’iter si interrompe, bruscamente, all’indomani del vaglio delle ammissibilità degli emendamenti. Nodo del contendere sono otto proposte di modifica che riguardano le forze dell’ordine, care a Matteo Salvini e ‘stoppate’ dai presidenti delle commissioni, in quanto non coerenti con il decreto. Il ministro dell’Interno, però, crede che il ‘colpevole’ sieda in realtà sullo scranno più alto di Montecitorio e che il ‘movente’ sia più politico che altro. “Pasti per i poliziotti, straordinari per i vigili del fuoco, vestiario per la polizia di Stato, assunzioni di personale della polizia locale, destinazione di immobili pubblici a presìdi di polizia. Sono gli emendamenti proposti al decreto Sicurezza bis e per ora incredibilmente bloccati dal presidente della Camera Fico – attacca il leader del Carroccio – In questo modo, Fico non rende un buon servizio alle forze dell’ordine e alla sicurezza del Paese. Sono proposte coerenti col decreto Sicurezza bis e tutte già finanziate. Così rischiamo di perdere risorse già disponibili”. Da Montecitorio la replica è pressoché immediata. “Spiace per la confusione del titolare del Viminale riguardo al funzionamento delle Camere – fanno filtrare fonti della presidenza – Al momento la presidenza della Camera non ha ricevuto nessun emendamento e nessun ricorso sugli emendamenti, che sono oggetto del vaglio che i presidenti di commissione competenti svolgono in piena autonomia”. Alla fine due delle proposte di modifica ‘incriminate’ vengono riammesse al vaglio delle Commissioni, ma per la Lega non è abbastanza. Salvini segue la ‘partita’ da palazzo Madama dove si trova per il question time. Invoca “il buon senso” per sbloccare l’impasse, ma contestualmete alza il telefono: “Mo’ sento”, dice ai cronisti. Pochi minuti dopo, i lavori delle commissioni si interrompono: “C’è un problema politico da risolvere”, è la sintesi leghista dello stop. I pentastellati provano a ricucire, propongono di riformulare gli emendamenti (sottoscritti da entrambi i partiti di Governo) in modo che possano passare il vaglio dell’ammissibilità. “Per il Movimento 5 stelle non c’è nessun problema politico, si sta creando questo caso ma per noi non esiste”, garantisce Giuseppe Brescia, presidente grillino della commissione Affari costituzionali della Camera. Non basta. I lavori, che dovevano riprendere in serata, vengono rinviati a venerdì alle 12. “Non c’è accordo”, sentenzia il Carroccio. E se i ben informati vedono nelle mosse di Salvini un ‘fallo di reazione’ per una presunta ‘lesa maestà’ in materia di sicurezza, in tanti leggono nella difesa del Parlamento e dell’integrità regolamentare nei confronti dello strapotere del governo messa in campo da Fico la volontà di ingaggiare un ‘braccio di ferro’ con il vicepremier leghista. Le regole d’ingaggio, però, arrivano a sera dal ‘Capitano’: “I parlamentari della Lega non torneranno in commissione se non verrà fatta giustizia per gli uomini della polizia, dei carabinieri e dei vigili del fuoco”. Fico (e Di Maio) sono avvertiti.
E il presidente della Camera, Roberto Fico, chiarisce la propria posizione sul dl Sicurezza bis e replica al ministro dell’Interno, Matteo Salvini: “Sono e sarò sempre a fianco delle forze dell’ordine che fanno un lavoro encomiabile per garantire diritti, convivenza civile e sicurezza nelle nostre città – scrive in un post su Facebook – Qualcuno oggi dice che ho preso una decisione politica, quella di bloccare delle proposte a favore delle forze di polizia. Dice il falso e fa propaganda, o semplicemente ignora come funziona la Camera. Solo poco fa ho ricevuto dei ricorsi, ma non riguardano interventi sulla Polizia di Stato perché quegli emendamenti sono già stati dichiarati ammissibili dai presidenti di commissione competenti questo pomeriggio. Ad ogni modo i ricorsi arrivati saranno esaminati alla luce del regolamento come ho sempre fatto in modo imparziale da quando sono presidente della Camera”. Finisce qui? Non proprio. Restano intatte le ferite dello scontro avvenuto in mattinata sul tema della autonomie.
La rottura sull’autonomia, e l’intervento mediatore di Conte
Sono le nove del mattino quando il premier apre un affollato vertice a Palazzo Chigi sull’Autonomia. Ci sono Salvini e Luigi Di Maio, con sei ministri, tre sottosegretari e uno stuolo di tecnici. La pattuglia M5s – che frena la corsa del provvedimento leghista – parte subito all’attacco, sul tema della scuola. “Fatemi capire: volete le gabbie salariali? Non se ne parla di abbassare gli stipendi ai professori del Centro-Sud”, avverte il leader M5s. Conte interviene a mediare, ma nella convinzione che la scuola sia un “pilastro nazionale” e quindi che anche sugli stipendi si possa andare incontro a “sensibilità locali” ma non oltre. E invece Erika Stefani chiede di dare a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna la possibilità di pagare di più un insegnante di Milano, dove la vita è più cara. La discussione si avvita, al tavolo si litiga. Salvini chiede la parola: “Qualcuno qui vuole sabotare l’Autonomia? Se è così ci regoliamo di conseguenza”. Nessun sabotaggio, spiega in serata Conte al governatore lombardo Attilio Fontana che aveva definito la frenata “offensiva”. “Su alcuni paletti – dichiara il premier – non transigo. Non si possono dare tutte le competenze alle Regioni e privarne lo Stato. Io sono garante della Costituzione”. Il vertice viene sospeso e non riprende più, sarà forse riconvocato a inizio prossima settimana: la Lega accusa M5s di voler “andare indietro” e “condannare il Sud all’arretratezza”. Salvini attacca anche via web: il M5s vuol frenare “come il Pd”. Si può andare avanti così? “Vediamo”, risponde. Ma non spaventa il M5s. Salvini apre fronti nel governo per deviare l’attenzione dal caso Savoini, dice più di un parlamentare Cinque stelle, ma con questa spada di Damocle sulla testa per ora non può permettersi di andare al voto. La macchia rischia di allargarsi, ammette anche qualche leghista: andare al voto a settembre è troppo rischioso. Tra i Cinque stelle c’è chi ribalta il discorso, evocando elezioni politiche da abbinare al referendum sul taglio dei parlamentari. Per il 2020 si vedrà, ribattono in casa Lega: adesso si va avanti così, a rilento, di strappo in strappo. Salvini porta quindi sul tavolo la “questione politica molto seria” del decreto sicurezza bis.
Gli sviluppi del Russiagate. Il sito americano BuzzFeed avanza tre domande a Salvini e la procura di Milano procede mettendo sotto indagine Gianluca Savoini
E a proposito del Russiagate scoppiato dopo la rivelazione del sito di informazione americano BuzzFeed sull’incontro di ottobre scorso tra Savoini e alcuni personaggi russi, nuovi sviluppi emergono anche oggi. Buzzfeed rilancia i sospetti sui finanziamenti russi alla Lega con tre domande a Matteo Salvini, mentre il Pd chiede di sentire in audizione il leader della Lega, il suo consigliere Gianluca Savoini, gli ambasciatori russo in Italia ed italiano in Russia e annuncia che presenterà una proposta di legge per istituire una commissione d’inchiesta per fare chiarezza sui finanziamenti alla Lega. Commissione d’inchiesta cui è favorevole anche il M5S, ma a condizione che riguardi “tutti i partiti, le associazioni e le fondazioni ad esso collegate”. Intanto, la Procura di Milano ha aperto un’indagine e ha iscritto Savoini – le cui conservazioni all’Hotel Metropol di Mosca sono state registrate nell’audio diffuso dal sito americano – nel registro degli indagati. Il Pd “ha appena formalizzato in Commissione Affari europei alla Camera la richiesta urgente di audizione di Matteo Salvini, Gianluca Savoini, Alberto Nardelli”, autore dell’articolo di Buzzfeed, e degli ambasciatori russo in Italia, Sergei Razov, e dell’ambasciatore italiano a Mosca, Pasquale Terracciano. Alla richiesta di Sensi segue l’annuncio dei capigruppo del Pd alla Camera ed al Senato, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, sulla presentazione di una pdl per istituire una commissione di inchiesta che faccia chiarezza sui finanziamenti della Lega e che, in particolare, faccia luce sulle presunte sovvenzioni ottenute da Paesi stranieri. “Il Parlamento e il Paese – si legge in una nota congiunta – devono sapere se ci sono potenze straniere che finanziano partiti italiani perché ne garantiscano i propri interessi economici e geopolitici, se c’è qualche leader politico italiano pronto a svendere il nostro Paese e a manipolare la libera volontà degli elettori perché a libro paga di Stati stranieri”. E da Mosca si fanno sentire in modo ufficiale e ufficioso.
“Questa non è la prima storia sulla presunta interferenza russa nelle elezioni di altri Paesi. Penso che a interferire veramente nel voto italiano siano quelli che stanno promuovendo una campagna mediatica su questo file audio”. E’ il commento rilasciato dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, sullo scandalo nato dalle registrazioni audio, ottenute da BuzzFeed, relative a presunti negoziati condotti a Mosca tra membri della Lega e russi, per finanziare la campagna elettorale del Carroccio alle Europee. “Solo poco tempo fa – aggiunge Zakharova – utilizzando un trucco con un video in cui presunti oligarchi russi parlano con un politico austriaco, si è realizzata un’interferenza negli affari interni dell’Austria. Che cosa c’entra la Russia – si chiede la portavoce di Lavrov – se poi si scopre che la ragazza del video era una cittadina di un Paese baltico? Penso che non si dovrebbe parlare della Russia ma girare le domande ai politici italiani, su dove e con chi hanno avuto contatti”. Anche il partito di governo Russia Unita, di cui fa parte il deputato russo Vladimir Pligin, citato nelle registrazioni audio, si dice estraneo alla vicenda. “Nelle registrazioni non si nomina il nostro partito, non possiamo rispondere di quello che il signor Pligin fa in veste di privato cittadino”, hanno detto fonti anonime nel partito. Insomma, questa ha i contorni di una vera e propria spy story, che però coinvolge personaggi dell’entourage del governo. Forse, sarebbe ora che il ministro Salvini parlasse in Parlamento.
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