
Non accennano a placarsi le discussioni intorno all’ex stabilimento Ilva di Taranto, dopo che la nuova nuova proprietà ha espresso la propria preoccupazione per i possibili impatti legati all’attuale formulazione del Decreto crescita sullo scudo penale, la cui approvazione potrebbe secondo ArcelorMittal rendere molto difficile la gestione dell’impianto. All’indomani della diffusione del comunicato, a schierarsi dalla parte dell’azienda sono sia gli industriali che i rappresentanti dei lavoratori.
“L’attenuazione dello scudo penale per eventuali reati ambientali relativi alla bonifica e al rilancio dell’Ilva di Taranto è un pessimo segnale per la reputazione del Paese”, commenta Confindustria in merito al punto nevralgico del provvedimento, quello che cancellerebbe le tutele legali previste nel momento in cui il colosso dell’acciaio aveva accettato di investire sull’area. “Non è una buona idea mettere in discussione una clausola centrale dell’accordo firmato meno di un anno fa da questo stesso governo”, prosegue viale dell’Astronomia, concludendo che “l’attuazione di un piano ambientale deve rispettare tempi definiti e l’azienda acquirente ArcelorMittal potrà assumersi tutte le responsabilità solo dopo aver avuto la possibilità di mettere a norma gli impianti”. Sulla stessa lunghezza d’onda Federacciai, il cui presidente Alessandro Banzato afferma che “le regole del gioco vanno rispettate”.
Ma anche il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che ai microfoni di Radio 24 ricorda come quella ora a rischio fosse “una delle clausole che erano state convenute per la vendita dell’Ilva”. Chi subentra, spiega il sindacalista allineandosi di fatto a quanto osservato anche da Confindustria, “potrà avere una responsabilità di quello che fa nel momento in cui gli impianti li avrà messi a norma”. Quindi a decorrere dal 2022-2023. I sindacati dei metalmeccanici – Fim, Fiom e Uilm– ritengono che è necessario “avere un quadro più chiaro e di prospettiva sul processo di risanamento ambientale, occupazionale e industriale” in seguito a quanto reso noto ieri da ArcelorMittal e relativo alle conseguenze dell’entrata in vigore del decreto crescita. Questa mattina c’è stato un incontro “interlocutorio” sulla cassa integrazione ordinaria chiesta da ArcelorMittal per crisi di mercato per i circa 1400 dipendenti dello stabilimento di Taranto per 13 settimane a partire dal prossimo primo luglio. L’azienda ha confermato la necessità di ricorrere agli ammortizzatori sociali. Da lì, la richiesta di aggiornare l’incontro a martedì prossimo. “La vertenza ex Ilva – sostengono le organizzazioni sindacali – necessita di una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e di un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per rimettere al centro dell’agenda politica la questione ambientale, sanitaria e occupazionale del territorio di Taranto”. Francesco Brigati, della Fiom Cgil Taranto, dopo l’incontro di questa mattina commenta: “Oggi non siamo proprio nelle condizioni di affrontare la trattativa sulla cassa. Per noi la cassa integrazione si discute a Taranto, ma prima dobbiamo avere ben chiaro il quadro del piano ambientale e industriale dell’azienda, capire a che punto sono, perché questo monitoraggio del Mise è uno degli elementi dell’accordo di settembre scorso. Invece, il Mise e il ministro Di Maio sono completamente assenti. Nessuna convocazione ci è arrivata”. Per Brigati, “come si fa a discutere di cassa integrazione se manca un pezzo importante? In più ieri ArcelorMittal ha detto che se salta col decreto legge Crescita la norma sull’immunità penale relativamente al piano ambientale, tutto diviene difficile nella gestione, e quindi – conclude Brigati – ci pare che la situazione complessiva si stia complicando anziché rasserenando come sarebbe necessario”.
Se subito dopo la diffusione della nota a rispondere ad ArcelorMittal era stato il ministero dello Sviluppo economico, dichiarandosi sorpreso dall’atteggiamento della società, visto che era già stata informata e rassicurata in merito alla questione, a prendere la parola è ora il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, in audizione sul Decreto Crescita alla Camera. Per la rappresentante dell’esecutivo giallo-verde, l’azienda non può lavorare “con l’immunità penale”, dal momento che “in Italia nessuno può esere diverso dagli altri”. A completare il quadro è infine il Codacons, che abbraccia la tesi dell’esecutivo e addirittura rilancia, annunciando il proprio intervento dinanzi la Consulta per far dichiarare incostituzionale la norma che protegge il gruppo siderurgico da possibili conseguenze sul piano penale.
Tutto questo mentre si avvicina la data del 1° luglio, quando dovrebbe partire la cassa integrazione ordinaria richiesta dall’azienda per crisi di mercato per 1.400 dipendenti dello stabilimento tarantino. A seguito di un nuovo incontro, nel corso del quale Fim, Fiom e Uilm hanno ribadito l’esigenza di avere un quadro più chiaro sul processo di risanamento ambientale, occupazionale e industriale, gli stessi sindacati segnalano di aver chiesto l’aggiornamento della discussione al prossimo 25 giugno. Anche perché, spiega il segretario generale aggiunto della Fim Cisl Taranto Brindisi, Biagio Prisciano, l’annuncio fatto in merito al Decreto Crescita “apre uno scenario nuovo sul quale dobbiamo necessariamente interrogarci e riflettere”.
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