
“La nostra Europa, la cultura, il lavoro. La cultura del lavoro”. È il titolo dell’importante iniziativa organizzata da Cgil, Cisl e Uil nazionali che si terrà i prossimi 6 e 7 maggio a Matera, presso l’Auditorium Serra Cava del Sole (Strada Statale 7, Via Appia 32).
Si comincia lunedì 6 maggio alle 15.30 con i saluti del sindaco di Matera Raffaello De Ruggeri e l’intervento del segretario generale Cgil Maurizio Landini. Seguirà una tavola rotonda con Sergio Rizzo (editorialista La Repubblica), Salvatore Adduce (presidente Fondazione Matera 2019), Francesca Imperiale (ricercatrice Università del Salento) e Massimo Bonelli (amministratore delegato iCompany). Modera Mimmo Sammartino (presidente Ordine dei giornalisti Basilicata). La conclusione dei lavori è prevista per le 18.30. Si riprende martedì 7 maggio sul tema “La nostra Europa”. Alle 9.30 l’introduzione di Carmelo Barbagallo, segretario generale Uil, cui seguirà la lectio magistralis di Romano Prodi in qualità di presidente della Fondazione per la collaborazione tra i popoli. Nel corso del dibattito interverranno Luca Visentini (segretario generale Ces), Rosanna Purchia (sovrintendente Fondazione Teatro San Carlo di Napoli) e Annamaria Furlan (segretaria generale Cisl). Sue le conclusioni previste intorno alle ore 13.30.
La sintesi della relazione di apertura di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil
“Abbiamo deciso di dedicare queste due giornate a una discussione pubblica sull’Europa, il lavoro, la cultura. E la facciamo qui a Matera, capitale europea della cultura per il 2019, perché qui in modo emblematico si evidenziano tuttti i problemi che penalizzano il Mezzogiorno e che ne fanno una grande questione nazionale. Senza il rilancio del Mezzogiorno, a partire da una infrastrutturazione sociale e materiale, non c’è sviluppo né per l’Italia né per l’Europa”. Così il leader della Cgil, Maurizio Landini, nella relazione introduttiva alla due giorni del sindacato confederale a Matera sui temi della cultura del lavoro e dell’Europa. “Il patrimonio culturale di cui il Mezzogiorno è particolarmente ricco, ma non adeguatamente valorizzato – ha detto – è proprio una di quelle grandi infrastrutturazioni sociali che possono determinare un nuovo sviluppo di qualità, sia economico che di civiltà. Anche per questo ci chiediamo se c’è ancora spazio per una Europa sociale e democratica”.
Uno spazio per un’Europa sociale e democratica “riteniamo ci sia” e “dobbiamo perseguirlo con l’iniziativa, la battaglia politica e culturale, non sottovalutando l’importanza del voto di fine maggio” ha affermato Maurizio Landini. Il segretario generale della Cgil ha ricordato che “la scelta inedita di realizzare un appello unitario con Confindustria nasce da questa consapevolezza: c’è bisogno di Europa, con altrettanta chiarezza diciamo che per difendere il grande progetto di un’Europa unita c’è bisogno di cambiarla profondamente. Di cambiarla a partire dai diritti del lavoro e della sua qualità, dalla piena e buona occupazione alternativa alla dilagante precarietà, dall’aumento dei salari, dalla tutela di sicurezza sociale”. Secondo Landini “far vivere l’Europa vuole dire battersi per una sua riforma. E ci deve essere uno scatto di tutto il mondo del lavoro perché se dovessero prevalere i diversi nazionalismi ciò significherebbe per lungo tempo compromettere la possibilità di dare vita a un’Europa dei diritti, a un’Europa sociale. L’Europa che vogliamo è quella del multilateralismo, della solidarietà, dell’inclusione. C’è bisogno di un processo politico che rafforzi il controllo democratico e il potere del Parlamento europeo a partire dall’iniziativa legislativa e non il diritto di veto dei governi nazionali. C’è bisogno di superare la logica dell’austerità che ha prodotto il fiscal compact. C’è bisogno di riformare le istituzioni economiche a partire dalla Bce, affinché acquisiscano anche l’obiettivo della piena e buona occupazione fino a completare l’unione bancaria.Cambiare l’Europa per farla vivere e dargli una prospettiva. Questo è il nostro impegno”.
Quella del lavoro “non è una questione tra le tante, ma è la grande questione oggi sul tappeto” ha sottolineato il leader della Cgil, Maurizio Landini, nel corso della due giorni del sindacato confederale a Matera sui temi della cultura del lavoro e dell’Europa. “Non siamo di fronte alla fine del lavoro come qualcuno ha detto e ha scritto – ha detto – ciò che è accaduto è altro: da un lato si è voluto svalorizzare il lavoro credendo di essere per questa via più competitivi; dall’altro gran parte della politica non ha sentito più come propria la centralità della questione lavoro”. Secondo Landini è invece “da questa centralità che bisogna ripartire”, ricostruendo “una cultura del lavoro”, che “non può essere considerato una merce qualunque che si usa quando c’è e si getta via quando non serve più. Per troppe persone oggi il lavoro non è tale da garantire un’esistenza dignitosa. Anche per questa ragione ci battiamo per uno sviluppo diverso dall’attuale. Perché non basta offrire, in particolare alle giovani generazioni, un lavoro. Occorre un lavoro decente capace di valorizzare le capacità, le competenze di ognuno e in grado di offrire condizioni di vita dignitose”.
Il numero uno della Cgil ha parlato di “una grande sfida: quella di ricostruire il senso e il valore del lavoro nella sua dimensione individuale e collettiva perché il lavoro è per noi diritto, costruzione politica e sociale, fondamento di cittadinanza e di libertà”. A maggior ragione nel pieno di una nuova rivoluzione tecnologica, “quella dell’intelligenza artificiale e della cosiddetta società della conoscenza. Le cui potenzialità sono grandi, ma si scontrano con poteri economici, scelte politiche, modelli culturali che premono per affermare la conoscenza quale bene privato piuttosto che pubblico”. Secondo Landini “bisogna allora impedire, proprio a nome dell’equità e della sostenibilità sociale, che l’espropriazione della conoscenza attraverso il mercato, concepito come unico regolatore, produca e legittimi il consolidarsi di società sempre più divaricata tra una élite di alta professionalità e una grande area di lavoratori generici, precari, esclusi dal sapere e dalla conoscenza. Questo chiama in causa la nostra iniziativa, la nostra capacità di contrattazione che faccia valere i diritti per la tutela del lavoratore e per la sua dignità e affermi un nuovo campo di diritti, come il diritto alla formazione permanente, alla socializzazione delle conoscenze, al governo del tempo, all’informazione preventiva sulle trasformazioni dell’impresa”.
“Questo governo che parla di crescita e occupazione sui giornali non si cura affatto di preparare gli strumenti con i quali la crescita e l’occupazione possono essere messe in atto” afferma criticamente Maurizio Landini, che ha sottolineato che “contemporaneamente continua a ridursi la presenza nel nostro Paese dei grandi gruppi industriali”. Landini ha ricordato la vendita di Magneti Marelli, che “anziché favorire risorse per gli investimenti serve per distribuire utili (2 miliardi) agli azionisti di Fca. Il nostro Paese continua così a isolarsi e non avendo nessuna politica industriale anche un settore finora trainante e avanzato come quello della componentistica rischia di pagare un alto prezzo”. “Per ora siamo al paradosso che, mentre il governo parla di leggi sul salario minimo, non sono ancora state stanziate le risorse necessarie per rinnovare tutti i contratti nazionali del settore pubblico” sottolinea ancora il segretario della CGIL. “Un anno e mezzo fa- ricorda- si era ripreso un percorso che dopo tanti anni teneva insieme un processo di riforma della pubblica amministrazione proprio attraverso il rinnovo di tutti i contratti nazionali, la ripresa della contrattazione decentrata, la valorizzazione del lavoro pubblico e della efficacia dei servizi pubblici, il riequilibrio del rapporto tra legge e contratti la stabilità dell’occupazione. Tutto ciò – avverte Landini- oggi potrebbe subire un arretramento perché le proposte avanzate dalla ministra Bongiorno riportano a logiche settoriali e non di sistema e introducono pratiche punitive e gerarchiche nei confronti dei lavoratori e lavoratrici pubbliche”, conclude.
“Insieme agli investimenti ci sarebbe bisogno di ridare il carattere di progressività al nostro sistema fiscale, riducendo il prelievo sul lavoro e pensionati e andando a reperire le risorse dove ci sono”, ha proseguito Landini. “Mentre si parla di tassa piatta non si dice che nel nostro paese, accanto ad un alto debito pubblico, c’è una ricchezza patrimoniale privata 4 volte e mezza superiore al debito pubblico. E quasi la metà di quella enorme ricchezza patrimoniale privata è nelle mani del 10% delle famiglie più ricche. L’Italia è uno dei paesi europei dove maggiormente sono cresciute le diseguaglianze. Come si vede – conclude il segretario – vi sarebbero tutte le condizioni per costruire un sistema fiscale più equo e per reperire risorse per finanziare un credibile piano di investimenti”, conclude Landini.
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