
In Europa si è già cominciato a votare. Lo hanno fatto il Regno Unito, l’Olanda, l’Irlanda e la Repubblica Ceca. Sarà il nostro paese a completare la fila domenica 26 maggio, chiudendo i seggi alle ore 23. Nulla è ancora trapelato del voto britannico, la cui importanza è ovvia, anche per il modo con cui si è andati in quel paese al voto, con l’eventualità che gli eletti possano tornarsene a casa senza neppure il disturbo di disfare le valigie, in caso di Brexit confermata. Intanto Theresa May ha annunciato tra le lacrime le sue dimissioni per il 7 giugno. Il favorito alla successione a capo del Tory Party e quindi del governo sarebbe l’ex ministro degli esteri Boris Johnson, noto euroscettico, mentre il Labour Party reclama le elezioni anticipate e l’ultradestro Nigel Farage si frega le mani.
Invece gli exit poll che riguardano il voto olandese hanno scavalcato i divieti, evidentemente non molto inflessibili, e sono stati resi pubblici. Contengono, se quei dati verranno confermati dallo scrutinio del voto reale, più di un motivo di riflessione. Anzitutto rispetto alla partecipazione al voto. Si è arrivati al 41%, ben al di sotto della maggioranza degli aventi diritto, ma pur sempre in crescita rispetto al 37% raggiunto nel 2014. Un segnale che forse indica una crescita, seppure insufficiente, di interesse delle popolazioni alle sorti della Unione europea e alla composizione politica del suo parlamento.
Ma il paese dei tulipani ci dice molto di più: quello che la stampa internazionale ha considerato una sorpresa, la sconfitta dei sogni di gloria delle forze di destra, nazionaliste, xenofobe e razziste. Crolla, fino a ridursi ai minimi termini, la destra estrema di Geert Wilders, alleato di vecchia data di Salvini. Perde anche Thierry Baudet fondatore dello xenofobo Forum per la democrazia che appena una manciata di settimane fa aveva vinto le elezioni per il Senato, inducendo i più a ritenerle un inequivocabile segnale dell’avanzata delle destre.
Il pericolo delle destre rimane, ma il loro cammino si presenta meno travolgente di poco tempo fa, non solo in virtù degli exit poll olandesi, ma anche degli altri sondaggi condotti nel resto dei paesi europei. Si può dire che i liberali conservatori del premier Mark Rutte “tengono”, ma non sarebbero più il primo partito e soprattutto sulla base di questi esiti la coalizione di governo guidata da Rutte non avrebbe più la maggioranza nel paese.
I laburisti invece diventano il primo partito. Sono accreditati di un 18% e di cinque seggi nel prossimo Parlamento europeo. Tutto bene, quindi? Non precisamente, ma dal momento che i laburisti olandesi sostengono per la carica di Presidente della Commissione europea quel Frans Timmermans (per inciso ottimo conoscitore della nostra lingua e del nostro paese, essendoci vissuto per non breve tempo) che della stessa è vicepresidente. Non a caso la sua candidatura è caldeggiata anche dal presidente uscente da Jean Claude Juncker. Tenendo conto della sua storia e delle posizioni anche recentemente espresse non c’è da sperare da parte sua una discontinuità rispetto alle scelte di politica economica fin qui portate avanti dalla Commissione europea, vestale del rigorismo. Come si vede, anche dal caso olandese, emerge la necessità che nel parlamento europeo si crei un terzo spazio politico tra i seguaci indefessi di Maastricht e delle successive intese intergovernative come il Fiscal compact e le forze della destra nazionalista e razzista. Se infatti, una volta temporaneamente arginata la marcia delle destre, si ritornasse semplicemente alle solite politiche che hanno contribuito a creare quel terreno di rancore sociale che le destre hanno più o meno abilmente sfruttato, la situazione potrebbe in breve tempo rovesciarsi a loro completo favore.
Una ragione in più per votare nel nostro paese “la Sinistra”, domenica 26 maggio. Quindi per una prospettiva di cambiamento radicale della Unione europea, dei suoi modi di funzionamento, delle sue politiche economiche. L’utilità e la necessità di una simile scelta di voto resta ulteriormente confermata. La filosofa Roberta De Monticelli scriveva ieri su il manifesto che bisogna costruire un’Europa che si fonda sulla civiltà della persona. Giusto. Ricordandosi sempre che le persone che sono più deprivate di civiltà sono i migranti, anzi gli “erranti” come giustamente li ha nominati Etienne Balibar, la cui presenza nel mondo e in Europa non può essere cancellata né transennata da muri, fili spinati, cimiteri liquidi. Un voto per La Sinistra, in queste elezioni europee, è anche un voto per loro.