Dagli elogi a Marchionne all’orgia di promesse elettorali, alle candidature. Fca piena occupazione? Neppure in sogno. Marchionne smentisce se stesso. A Pomigliano e Nola più di 2000 esuberi. Fiom, Cgil, Camera del lavoro di Napoli: Fca deve investire

Dagli elogi a Marchionne all’orgia di promesse elettorali, alle candidature. Fca piena occupazione? Neppure in sogno. Marchionne smentisce se stesso. A Pomigliano e Nola più di 2000 esuberi. Fiom, Cgil, Camera del lavoro di Napoli: Fca deve investire

Un titolo bene in vista, una intervista, l’annuncio che riempie di orgoglio: in America, leggi Detroit, il regno dell’auto, Fca, nata dalla fusione Fiat-Chrysler, investirà un miliardo di dollari. Orgoglio nazionale anche se il protagonista dell’operazione, Marchionne, non è residente in Italia, ma è amico di Renzi Matteo che lo cita molto spesso, va a trovarlo, lo prende ad esempio, evita magari di parlare direttamente con i lavoratori. Gli scriba, diligentemente, fanno suonare trombe e fanfare. Rullano i tamburi. Il manager che non mette mai la cravatta, usa solo maglioni girocollo che, si dice, vengono filati appositamente per lui, diventa l’esempio vivente dell’eccellenza del lavoro italiano all’estero. Già che c’erano gli scriba fanno sapere che l’investimento kolossal è merito di Donald Trump, che non fa pagare le tasse ai paperoni, non solo, a lui si deve anche l’ aumento dei salari. Altro che i sindacati, la Fiom in particolare, che ai piani di Marchionne, alla “destrutturazione” del gruppo Fiat, all’attacco ai diritti dei lavoratori, la cassa integrazione. Ci fosse un Trump anche da noi e Marchionne fosse libero, da lacci e laccioli, un vecchio detto che tornava di moda, per la ex Fca in Italia, sarebbe una pacchia. Marchionne incassava, però, intanto gelava, proprio in campagna elettorale già di fatto iniziata, Renzi Matteo. Non lo riconosco più, affermava, ma gli scriba sorvolavano. Marchionne non parlava a caso. Meglio prendere le distanze, non si sa mai. E così Confindustria, i giornaloni, le televisioni, ultima in ordine di tempo La7 di Cairo, si schieravano più o meno apertamente con Paolo Gentiloni, for president, magari in combutta con Berlusconi. Così arrivano i sondaggi sulle preferenze degli italiani: Gentiloni guarda caso svetta, stacca tutti. Renzi cala, lo trovi in netto ribasso. Marchionne annusa, sente odor di bruciato e sa che avrà bisogno del governo, dell’appoggio dei ministri, in particolare di quelli del Lavoro e dello Sviluppo economico. Già, perché, en passant, l’ad di Fca mentre viveva uno dei suoi momenti di gloria made in Usa a fianco di Trump, faceva capire, in un passaggio di una intervista apparsa su Repubblica, che aveva subito inviato a Detroit una delle sue “penne”, che per quanto riguarda l’impegno annunciato, piena occupazione nelle aziende italiane di Fca entro il 2018, non sarebbe stato mantenuto. Ma la notizia veniva o sottovalutata o addirittura omessa. Eppure l’affermazione di Marchionne non dava adito a dubbi. Aveva detto che per quanto riguarda gli Usa il piano industriale, il bilancio ok era a portata di mano e annunciava che avrebbe festeggiato, via il girocollo, camicie e cravatta per festeggiare. Per i siti italiani la previsione di piena occupazione veniva “rinviata”. A quando? Non si sa. La cosa finiva lì. I media, gli scriba, facevano finta di niente.

Grillo rilancia il suo blog, Berlusconi accarezza i cagnolini, Gentiloni parla a vuoto, Renzi decide i candidati, Salvini ringhia

Le elezioni non potevano essere turbate, alleanze, candidature, grillate con il comico che scrive una commedia, anzi la recita come ai tempi della commedia dell’arte, torna al suo blog, allo spettacolo, o meglio trasforma la politica in spettacolo, richiama le allodole, Berlusconi si rigenera, se la gode accarezzando cagnolini che gli portano gli animalisti, cespugli di ogni tipo si presentano sul mercato, ex democristiani trovano spazio, sono la “quarta gamba” della alleanza fra il Berlusca, Salvini e la Meloni in continua lite ma destinati a convivere come i separati in casa. Salvini, in particolare, gridava ai quattro venti “voglio fare come Trump”. Da parte del Pd altri cespugli ed altri ex democristiani tipo Tabacci con cui si è alleata la Bonino, ex radicale, buona per tutte le stagioni, insieme ad altri ex radicali. Con il Pd anche socialisti guidati da Nencini, altro cespuglio. Su tutti sovrasta, si fa per dire, Gentiloni che, grazie al ruolo di presidente del Consiglio, partecipa alla serie di incontri fra capi di governo, ministri, ultimo, il più importante, quello di Davos. Parla, parla, la Rai fa muovere inviati e telecamere. Difficile individuare nei suoi interventi quale sia il suo pensiero. La parola “ripresa” è quella pronunciata tre o quattro volte al giorno. Il presidente della Bce, Mario Draghi, è molto più prudente. Dice che “i dati confermano che la crescita nell’Eurozona è robusta” ma prosegue “non possiamo cantar vittoria” tanto che “un notevole stimolo monetario è ancora necessario per sostenere l’inflazione nel medio termine”. Già, ma per quanto dovrà proseguire “lo stimolo finanziario” che la Germania, in particolare, ma anche altri governi importanti non vedono di buon occhio? E già che c’è esorta i Paesi “a consolidare ora i conti pubblici”.

Non fanno notizia crisi aziendali, vertenze a difesa dei posti di lavoro, dei contratti

Per quanto riguarda l’Italia pare di vivere in un altro mondo. Si muovono figure, figurine, come burattini, la formazione delle liste dei candidati diventa l’ombelico del mondo. Ognuno cerca il collegio sicuro. La nuova legge elettorale, il Rosatellum va ben oltre la “porcata”. Ogni forza politica, anche quelle minimali, promettono di tutto, di più. La fanno anche i massimi dirigenti dei partiti o come si chiamano oggi le formazioni che si contendono i seggi. Ma chi pagherà? Non si sa. O meglio si sa ma viene fatto finta di niente. Non si può rompere questo clima di euforia, la giostra del voto, della promessa. Cadono nel niente, non fanno notizia, per esempio, le difficoltà che i lavoratori, i dipendenti pubblici a partire dalla scuola e dall’università, dalla sanità agli enti locali, alle forze di polizia, incontrano nelle vertenze per il rinnovo di contratti scaduti da circa nove anni. O decine di migliaia di lavoratori di aziende in crisi, sono circa 160 le vertenze aperte presso il ministero dello Sviluppo economico. Sempre presso il ministero di Calenda ci sono vertenze aperte in aziende che sono diventate di proprietà di gruppi multinazionali, francesi in testa che non rispettano, anzi disdettano i contratti di lavoro. Infine, la vertenza al momento forse la più importante che ci riporta all’inizio del nostro articolo. Parliamo di Fca, dalle affermazioni di Marchionne sul rinvio di ogni previsione di piena occupazione. “Si impone una riflessione approfondita sullo stato generale in cui versa il gruppo, in particolar modo lo stabilimento Fca di Pomigliano” affermano Fiom Cgil, Cgil Campania e Camera del lavoro di Napoli: “Per noi era prevedibile, fin dall’inizio, che la sola produzione della Panda non riusciva a saturare l’intero organico, che prima era impiegato su due linee di montaggio per produrre più modelli del marchio Alfa Romeo. Purtroppo oggi la situazione è ancora più preoccupante, perché entro il 2018 termineranno gli ammortizzatori sociali, senza i quali si possono ipotizzare ricadute negative per il mantenimento dei livelli occupazionali”. “Tra il sito di Pomigliano e Nola – prosegue la nota – sono circa 2 mila gli esuberi che da temporanei potrebbero diventare strutturali. È evidente che il disallineamento che si è determinato tra il piano produttivo e occupazionale dell’azienda e gli ammortizzatori sociali genera una crescente preoccupazione tra i lavoratori. Lo stesso Marchionne negli ultimi mesi ha più volte rimandato le decisioni riguardanti il futuro dello stabilimento, e adesso limitarsi semplicemente ad aspettare il prossimo appuntamento ufficiale ‘l’investitor day’, che dovrebbe tenersi per l’inizio di giugno, lo consideriamo troppo rischioso e poco responsabile. Anche la scelta già dichiarata da Marchionne di spostare la produzione della Panda in Polonia e di sostituirla, forse, con un solo modello premium, appare poco convincente per garantire la piena occupazione”.

Primo obiettivo: mantenere i livelli di occupazione

Per la Cgil e la Fiom conclude la nota dei sindacati “il primo obbiettivo su cui bisogna impegnarsi è il mantenimento dei livelli occupazionali per cui, se è necessario, la Panda deve rimanere a Pomigliano e affiancarle la produzione di un nuovo modello premium. La proprietà di Fca sta raggiungendo tutti gli obiettivi finanziari e secondo Marchionne a breve riuscirà anche ad azzerare il debito del gruppo”. Per la Cgil e la Fiom “il costo del raggiungimento di questi obiettivi non può e non deve essere scaricato sui lavoratori, per cui è indispensabile che il gruppo trovi le risorse per rilanciare gli investimenti negli stabilimenti italiani e punti in modo convincente sulla produzione di modelli ibridi e elettrici che, a detta di Marchionne, entro il 2025 costituiranno metà del mercato”.

De Palma (Fiom): “Chiediamo confronto prima di investor day”

In una nota, infine, il responsabile nazionale Automotive della Fiom Cgil, Michele De Palma scrive: “Utile raddoppiato e debito dimezzato per management e proprietà mentre alla realizzazione del piano industriale mancano i modelli Alfa e Maserati che avrebbero dovuto garantire la fine degli ammortizzatori sociali e la rioccupazione a partire da Mirafiori e Pomigliano, fino a tutti altri stabilimenti come Melfi e Cassino dove aumentano le fermate e le conseguenza negative su riflettono sull’indotto. L’obiettivo di 400.000 vetture Alfa è ancora lontano. La riduzione del debito e il raddoppio degli utili devono essere investiti sulla ricerca e sviluppo a partire dagli enti centrali, per i nuovi modelli per completare la gamma e produrre auto ibride ed elettriche perché altrimenti oltre a non esser presenti su segmenti di mercato in espansione e fa correre il rischio di multe in Europa. I lavoratori degli stabilimenti italiani hanno il diritto al lavoro, è necessario, alla luce dei risultati economici e finanziari, far partire subito un confronto tra Governo, impresa, sindacati”.

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