
“Prima vittoria contro il Jobs act: rinviato alla Consulta il contratto a tutele crescenti”. Per il segretario generale della Filcams-Cgil, Maria Grazia Gabrielli, è “un motivo in più per insistere nella battaglia contro le norme ingiuste sui licenziamenti”. In merito alla decisione del Tribunale del lavoro di Roma, che ha rinviato alla Corte Costituzionale il contratto a tutele crescenti, la sindacalista sottolinea che “per noi è un pronunciamento importante, il segno che la nostra iniziativa ha un fondamento anche dal punto di vista giuridico”. Secondo la Filcams, il rinvio alla Corte Costituzionale “evidenzia finalmente i limiti denunciati dalla Cgil sin dall’inizio rispetto al contratto a tutele crescenti. Un contratto introdotto con il decreto 23/2015 che prevede, solo per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, l’eliminazione pressoché totale della tutela reale prevista dallo Statuto dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo, oltre a un sistema di tutela risarcitoria molto debole, con i conseguenti effetti di indebolimento della condizione del lavoratore in azienda e con l’eliminazione di una importante funzione di deterrenza garantita dalla normativa precedente, che aveva già subito modifiche con la legge Fornero. Il giudice del Tribunale di Roma ha riconosciuto i punti fondamentali per i quali il decreto contrasta con molti principi costituzionali”.
I punti in questione riguardano “un risarcimento di poche migliaia di euro, irrisorio dal punto di vista economico; questo non dissuade i datori di lavoro dal lasciare a casa i dipendenti, tanto è vero che i licenziamenti individuali sono in aumento; infine, ma non meno importante, crea discriminazione tra chi è stato assunto prima e dopo la riforma. Poi, l’attribuzione di un controvalore monetario irrisorio e fisso a un diritto fondante come quello al lavoro; un’inadeguatezza delle sanzioni rispetto a quanto previsto dalla regolamentazione comunitaria e dalle convenzioni sovranazionali (carta di Nizza e carta sociale)”. “C’è ancora bisogno di cambiare il mantra di un lavoro purché sia – conclude Gabrielli – e rimettere al centro il valore e la dignità del lavoro partendo dalle persone. Per questo il progetto alternativo tracciato dalla Cgil con la Carta dei diritti universali del lavoro deve proseguire, rafforzato da questo primo pronunciamento. Anche per i settori del terziario, fortemente cresciuti in questi anni ma caratterizzati da precarietà e frammentazione del lavoro, è necessario restituire una norma di civiltà come quella della tutela contro i licenziamenti illegittimi e continuare a perseguire l’obiettivo di un paese che abbandoni la via bassa della concorrenza solo sui costi e investa in direzione dell’estensione delle tutele e dei diritti delle persone”.
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