
“La motivazione del giudice è complessa e appare ‘faticosa’ perché assomma diverse ragioni tra di loro non complementari, ma alternative, di natura processuale. E poi entra nel merito”, e così “fa il mestiere della Corte costituzionale”, afferma in un’intervista al Corriere della Sera Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, commentando la bocciatura del suo ricorso sull’eterogeneità del quesito nel referendum costituzionale da parte del giudice della prima sezione civile del Tribunale di Milano Loretta Dorigo. Secondo il professor Onida, costituzionalista, il giudice “fa un approfondimento, con una lunga e articolata disamina della questione di legittimità costituzionale e dell’articolo 138. Disamina che, appunto, meriterebbe di essere compiuta dal suo naturale interlocutore: la Corte costituzionale”.
“C’è stata una interpretazione maliziosa ma il nostro intento non è mai stato quello di far rinviare il referendum pensando magari a un vantaggio per il No o per il Sì”, sottolinea Onida. “Abbiamo soltanto sollevato, perché venisse rimessa alla Consulta, una questione fondamentale che riguarda il diritto degli elettori ad esprimersi su quesiti omogenei. E anche il Tribunale sembra aver frainteso l’obiettivo pratico del ricorso”. “L’argomentazione del Tribunale sembra confermare che il referendum propone non una o più modifiche del testo costituzionale ma ‘una revisione organica della Costituzione’, cioè una riforma complessiva voluta da un legislatore in ‘funzione costituente’ sulla quale l’elettore potrà solo esprimere un complessivo giudizio politico di ratifica al di là del consenso o dissenso sulle singole parti di essa”. “Ci riserviamo di attivare altri rimedi giudiziari, tra cui il ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione”. Il giudice civile di Milano Loretta Dorigo non ha ritenuto “di ravvisare una manifesta lesione del diritto alla liberta’ di voto degli elettori per difetto di omogeneita’ dell’oggetto del quesito referendario”. Anzi, aggiunge il magistrato, lo spacchettamento in piu’ quesiti “snaturerebbe” la decisione sulla riforma da parte degli elettori.
La posizione del Comitato per il No in una nota di Alfiero Grandi, vicepresidente
“Il quesito sottoposto agli elettori, pur deformato e falso, non cambierà la sostanza del risultato. Le elettrici e gli elettori sapranno distinguere, anche con un quesito ingannevole, che è giusto votare no”. Lo afferma Alfiero Grandi, vicepresidente del Comitato per il No, commentando la decisione del tribunale di Milano che ha respinto il ricorso presentato dall’ex presidente della Consulta Valerio Onida. “Il governo – continua Grandi – ha la responsabilità di avere alzato i toni fino all’estremo, facendo coincidere il voto con la vita del governo e facendo intravvedere conseguenze prive di fondamento da una vittoria del no. Tutto questo per allontanare il voto dal merito. Invece, il 4 dicembre si voterà sul merito delle deformazioni della Costituzione; se vincerà il No anche l’Italicum finirà nel cestino e il parlamento dovrà finalmente approvare una nuova legge elettorale rispettosa della sentenza della Corte Costituzionale”. “Le elettrici e gli elettori – conclude Grandi – sapranno distinguere, anche con un quesito ingannevole, che è giusto votare No, bloccando questa deformazione della Costituzione e insieme l’Italicum. Il no può vincere”.
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