
“Alla nostra Madre del Cielo, Regina di tutti i Santi, affidiamo le nostre intenzioni e il dialogo per la ricerca della piena comunione di tutti i cristiani, affinché siamo benedetti nei nostri sforzi e raggiungiamo la santità nell’unità”, ha detto papa Francesco nell’omelia allo stadio di Malmoe, prima di lasciare la Svezia, celebrando la Messa per la piccola comunità cattolica. Il viaggio in Svezia di papa Francesco si situa in quell’orizzonte di unità dei cristiani, al quale Bergoglio lavora fin dall’inizio del suo pontificato, a partire dalla ricucitura del primo grande scisma della Chiesa d’Occidente, quello determinato dalla Riforma luterana nel 1517. La visita del papa, proprio in occasione dell’inizio delle celebrazioni del cinquecentenario della Riforma, ha trovato un consolidamento nella firma di una storica dichiarazione comune, tra cattolici e protestanti, al termine di un processo di avvicinamento e dialogo durato alcuni anni. Il tentativo comune è quello di costruire un Cristianesimo del terzo millennio che superi le divisioni tra ortodossia ed eresia, tra Riforma e Controriforma, e che riscopra le radici comuni evangeliche sulle quali suturare antiche scissioni. Non sappiamo ancora quali riflessi avrà questo incontro tra cattolici e protestanti sul piano delle enormi differenze che ancora sussistono sul piano, ad esempio, della dottrina morale, delle norme pastorali, dell’educazione e della formazione alla fede e alla spiritualità. Certo, un grosso mattone è stato piazzato per la costruzione della “nuova casa comune”. Per questa ragione, l’omelia della Messa celebrata dal papa argentino nello stadio di Malmoe ha cercato di essere volutamente quanto più ecumenica possibile, toccando esclusivamente i punti evangelici e teologici, piuttosto che dottrinali, al centro dello scambio tra le due Chiese.
Il nuovo paradigma della Chiesa di papa Francesco nell’omelia di Malmoe, che certamente passerà alla storia
Nell’omelia, papa Francesco ha voluto richiamare uno dei capisaldi della rivoluzione luterana, la centralità del popolo cristiano, della sua fede collettiva, della teologia delle piccole cose, come se volesse lanciare un monito innanzitutto ai credenti cattolici, la cui prassi è spesso vittima di una intollerabile doppiezza: “la chiamata alla santità è per tutti e occorre riceverla dal Signore con spirito di fede. I santi ci incoraggiano con la loro vita e la loro intercessione presso Dio, e noi abbiamo bisogno gli uni degli altri per diventare santi, per aiutarci a diventare santi. Insieme – ha aggiunto il Pontefice – chiediamo la grazia di accogliere con gioia questa chiamata e lavorare uniti per portarla a compimento”. “Celebriamo, quindi, la festa della santità. Quella santità – ha sottolineato Francesco – che, a volte, non si manifesta in grandi opere o in successi straordinari, ma che sa vivere fedelmente e quotidianamente le esigenze del battesimo. Ma se c’è qualcosa che caratterizza i santi è che sono veramente felici – ha affermato il Pontefice -. Hanno scoperto il segreto della felicità autentica, che dimora in fondo all’anima ed ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Perciò i santi sono chiamati beati. Le Beatitudini sono la loro via, la loro meta, la loro patria. Le Beatitudini sono la strada di vita che il Signore ci indica, perché possiamo seguire le sue orme. Nel Vangelo di oggi, abbiamo ascoltato come Gesù le proclamò davanti a una grande folla su un monte vicino al lago di Galilea”. “Le Beatitudini sono il profilo di Cristo e, di conseguenza, del cristiano. Tra di esse, vorrei evidenziarne una: ‘Beati i miti’. Gesù dice di sé stesso: ‘Imparate da me, che sono mite e umile di cuore’ (Mt 11,29). Questo è il suo ritratto spirituale e ci svela la ricchezza del suo amore – ha continuato Bergoglio – La mitezza è un modo di essere e di vivere che ci avvicina a Gesù e ci fa essere uniti tra di noi; fa sì che lasciamo da parte tutto ciò che ci divide e ci oppone, e che cerchiamo modi sempre nuovi per progredire sulla via dell’unità, come hanno fatto figli e figlie di questa terra, tra cui santa Maria Elisabetta Hesselblad, recentemente canonizzata, e santa Brigida, Brigitta Vadstena, co-patrona d’Europa”. “Esse hanno pregato e lavorato per stringere legami di unità e di comunione tra i cristiani – ha sottolineato il Pontefice – Un segno molto eloquente è che proprio qui, nel loro Paese, caratterizzato dalla convivenza di popolazioni molto diverse, noi stiamo commemorando congiuntamente il quinto centenario della Riforma”. Difficile aggiungere altre parole a questo vero e proprio programma di ricostruzione dell’unità dei cristiani. E ancora, il papa richiama tutti i cristiani al senso di responsabilità, attraverso le beatitudini evangeliche: “beati coloro che sopportano con fede i mali che altri infliggono loro e perdonano di cuore; beati coloro che guardano negli occhi gli scartati e gli emarginati mostrando loro vicinanza; beati coloro che riconoscono Dio in ogni persona e lottano perché anche altri lo scoprano; beati coloro che proteggono e curano la casa comune; beati coloro che rinunciano al proprio benessere per il bene degli altri; beati coloro che pregano e lavorano per la piena comunione dei cristiani… Tutti costoro sono portatori della misericordia e della tenerezza di Dio – ha concluso papa Francesco – e certamente riceveranno da Lui la ricompensa meritata”. Il leit motiv di papa Francesco: le sorgenti comuni della fede impongono comuni responsabilità, verso il mondo, il creato, e la comunione di tutti i cristiani. Sembrano parole astratte, invece sono il segno di una rivoluzione epocale che segnerà profondamente questo inizio di terzo millennio.
Prima di lasciare lo Stadio di Malmo, papa Francesco ha salutato pubblicamente il presidente (il vescovo Munib A. Younan, palestinese) e il segretario generale della Federazione Luterana Mondiale (il pastore Martin Junge, cileno) e l’arcivescovo della Chiesa di Svezia con la quale ha scambiato anche oggi un abbraccio: la signora Jackeline Antje. “Ringrazio Dio – ha detto – per avermi dato la possibilità di venire in questa terra e di incontrarmi con voi, molti dei quali provenite da diverse parti del mondo. Come cattolici facciamo parte di una grande famiglia, sostenuta dalla medesima comunione. Vi incoraggio a vivere la vostra fede nella preghiera, nei sacramenti e nel servizio generoso verso quanti sono bisognosi e sofferenti”. L’arcivescovo della Chiesa di Svezia, Jackeline Antje, ha voluto poi accompagnare il Papa fino all’aeroporto per salutarlo al momento dell’imbarco sul volo che lo riporterà a Roma.
La dichiarazione comune tra cattolici e luterani firmata nella cattedrale di Lund: lavorare fianco a fianco contro tutti i diritti negati nel mondo. “Deploriamo che cattolici e luterani hanno ferito l’unità della Chiesa”
Cinquecento anni dopo il giorno in cui, secondo la tradizione, il monaco agostiniano Martin Lutero appese sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg le 95 Tesi che portarono alla sua scomunica e poi a una Chiesa cristiana riformata, papa Francesco e il presidente della Lutheran World Federation, Munib Younan, hanno firmato nella cattedrale di Lund, in Svezia, una dichiarazione comune in cui si impegnano a lavorare insieme per i profughi, i migranti, i richiedenti asilo e contro tutti i diritti negati nel mondo. Ecco alcuni passaggi centrali del testo della dichiarazione: “Attraverso il dialogo e la testimonianza condivisa – si legge nel testo – non siamo più estranei. Anzi, abbiamo imparato che ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide. Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma, confessiamo e deploriamo davanti a Cristo il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa. Differenze teologiche sono state accompagnate da pregiudizi e conflitti e la religione è stata strumentalizzata per fini politici. La nostra comune fede in Gesù Cristo e il nostro battesimo esigono da noi una conversione quotidiana, grazie alla quale ripudiamo i dissensi e i conflitti storici che ostacolano il ministero della riconciliazione. Mentre il passato non può essere cambiato, la memoria e il modo di fare memoria possono essere trasformati. Preghiamo per la guarigione delle nostre ferite e delle memorie che oscurano la nostra visione gli uni degli altri. Rifiutiamo categoricamente ogni odio e ogni violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione. Oggi ascoltiamo il comando di Dio di mettere da parte ogni conflitto. Chiediamo a Dio ispirazione, incoraggiamento e forza affinché – è l’intento comune di cattolici e luterani – possiamo andare avanti insieme nel servizio, difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza. Dio ci chiama ad essere vicini a coloro che aspirano alla dignità, alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione.
“Alziamo le nostre voci per porre fine alla violenza, contro lo sfruttamento e l’insaziabile avidità”
Oggi, in particolare, noi alziamo le nostre voci per la fine della violenza e dell’estremismo che colpiscono tanti Paesi e comunità, e innumerevoli sorelle e fratelli in Cristo. Esortiamo luterani e cattolici a lavorare insieme per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della persecuzione, e a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti cercano asilo. Oggi più che mai ci rendiamo conto che il nostro comune servizio nel mondo deve estendersi a tutto il creato, che soffre lo sfruttamento e gli effetti di un’insaziabile avidità. Riconosciamo il diritto delle future generazioni di godere il mondo, opera di Dio, in tutta la sua potenzialità e bellezza. Preghiamo per un cambiamento dei cuori e delle menti che porti ad una amorevole e responsabile cura del creato. Facciamo appello a tutte le parrocchie e comunità luterane e cattoliche, perché siano coraggiose e creative, gioiose e piene di speranza nel loro impegno a continuare la grande avventura che ci aspetta. Piuttosto che i conflitti del passato, il dono divino dell’unità tra di noi guiderà la collaborazione e approfondirà la nostra solidarietà”. Difficile aggiungere altro.
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