
Comprendo i tormenti che in questi giorni attraversano Sinistra Italiana e una parte del Movimento 5 Stelle circa l’atteggiamento da tenere nei confronti del neonato governo Draghi. Il dibattito, con punte di autentica drammaticità, che è ancora in corso nelle due formazioni politiche va rispettato, e alcune posizioni posseggono una forte legittimità e dignità. Comprendo anche che il punto di partenza del dibattito si sia concentrato sulla fine del secondo governo Conte, cercata e imposta da una manovra di palazzo sbagliata e rischiosa. Così come, però, ritengo sbagliata e rischiosa la ricerca di un Conte ter la cui sopravvivenza sarebbe stata oggetto delle mosse e degli eventuali ricatti, di certo spinti da interessi assai particolari, di singoli parlamentari disposti a tutto pur di evitare elezioni anticipate. Oggi, però, l’Italia ha un nuovo governo, con una maggioranza assai eterogenea, nata da un patto tra partiti tra loro assai distanti, ma determinato dalla saggezza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E dobbiamo prenderne atto, come una sorta di hegeliana necessità.
Dopo aver ascoltato le dichiarazioni del presidente Draghi al Senato, tuttavia, sono ancora più convinto che in quella maggioranza occorreva e occorre esserci. E non solo per rafforzare un pensiero di sinistra, che non può essere relegato e isolato in un’opposizione silenziata dalla ben più massiccia presenza della destra di Giorgia Meloni. Ma soprattutto perché proprio di una più forte presenza della sinistra ha bisogno questo governo appena nato, per dare un segno tangibile, pubblico e trasparente della sensibilità verso la soluzione di alcuni temi che questo periodo assai difficile ci presenta. E la sinistra non doveva dividersi, anche perché essa esprimeva ed ancora esprime il ministro della Salute, Roberto Speranza, sul quale è piombata la gravosa responsabilità di gestire la pandemia all’interno di un sistema sanitario che manifestava tutte le sue lacune e fragilità dopo anni di abbandono e definanziamento.
Mi chiedo se la decisione di non sostenere il governo Draghi suoni anche come una bocciatura, da sinistra, dell’operato del ministro Speranza, perché se così fosse, allora emergerebbe una grave contraddizione in termini: si fa l’elogio del governo Conte 2 ma poi non si apprezzano quegli elementi di continuità che invece il governo Draghi ha voluto delineare con la conferma di Speranza. Cosa pensano coloro che in Sinistra Italiana hanno votato contro Draghi del ministro Speranza? E perché non si è levata, da sinistra, contro di lui alcuna voce critica, in modo pubblico e trasparente? La lotta contro la pandemia è stata indicata dal Capo dello Stato come il primo punto dell’agenda Draghi. Siamo allora proprio certi che le iniziative del governo M5S-Pd-LeU abbiano ottenuto risultati brillanti e concreti? Io non lo credo, e la lotta va rafforzata, reindirizzata, ripensata, ricostruita, rilanciata. Non per responsabilità individuali del ministro Speranza, il quale qualche errore lo ha commesso, ma per le decisioni assunte dal presidente Conte e da altri ministri soprattutto dall’estate 2020 in poi.
Come non ricordare le polemiche sollevate dal sottosegretario De Cristofaro in quota Sinistra Italiana contro la ministra dell’Istruzione Azzolina fino al punto da cambiare ministero? E come non ricordare che il governo Conte 2 sarebbe inesorabilmente caduto sulla enorme questione Giustizia, gestita con tante punte di criticità dal ministro Bonafede? E infine, non posso fare a meno di rammentare la pessima gestione della Cultura da parte di un ministro, Franceschini, sia pure riconfermato, contro il quale hanno manifestato tutti gli operatori, per essere stati colpevolmente abbandonati a sé stessi e ridotti alla fame. Ancora oggi si parla di aperture delle piste da sci ma si dimentica lo stato comatoso in cui sono ridotti le produzioni culturali, i teatri, i cinema, le compagnie dello spettacolo dal vivo. Un bene comune e prezioso per l’Italia è stato letteralmente trascurato e dimenticato da quel governo Conte del quale in Sinistra Italiana, purtroppo, qualcuno ha voluto tessere gli elogi. Eppure la cultura dovrebbe essere un tarlo della sinistra, un impegno concreto, un’occasione per mobilitare migliaia di operatori. Purtroppo non è stato così. Su istruzione, giustizia e cultura il governo Conte targato M5S-Pd-LeU ha fallito, e non fa bene nasconderlo. Anche in ragione di questo fallimento, per il quale non è pervenuta alcuna autocritica, la sinistra farebbe bene a far sentire la sua voce nel governo Draghi. Ma evidentemente dominano altre ragioni, più ideologiche e più politicistiche.
Io sostengo il governo Draghi, eppure non posso non rilevare che dalle sue dichiarazioni è stato eliminato ogni riferimento alla cultura, la cui assenza brilla anche nel dibattito sulla fiducia in Senato. Semplicemente, la cultura, per queste forze politiche, non esiste, non è un problema, magari si pensa che sia un passatempo per soli ricchi e abbienti. E invece non è così. Con la cultura non solo si riesce a mangiare (in tempi normali) ma si arricchisce la consapevole e collettiva civiltà democratica di un Paese. La cultura viene zittita e trascurata solo nei regimi totalitari, perché un popolo colto fa paura. E questo la sinistra che conosco io lo sa bene e non esita a mobilitarsi per essa. Ma oggi non accade, perché questa sinistra ha deciso che esiste uno iato non trascurabile tra il primum vivere e la promozione della cultura. E invece, la tradizione della sinistra italiana, quella che nacque a Livorno nel 1921 con Gramsci e Togliatti mai avrebbe immaginato che tra il pane e un libro ci fosse così tanta differenza ideologica. A sinistra. Eppure le statistiche ci dicono che grazie al servizio instancabile di librai, bibliotecari e biblioteche, non si è mai letto tanto, in Italia, come nel periodo delle chiusure. E Amazon ci racconta che sulla vendita dei libri online (come dei film e dei dischi) ha ottenuto ottimi profitti. Ma tant’è, prendiamone atto. Questa sinistra preferisce misurarsi su desuete dispute ideologiche, piuttosto che vivere tra le persone, identificando bisogni e desideri, nell’epoca della crisi pandemica. E la delusione viene soprattutto per effetto di questa scelta.
Una versione ridotta di queste riflessioni è stata pubblicata sul quotidiano Il Tirreno del 19 febbraio 2021