Calcio. Coppe europee. Atalanta, appuntamento con la storia. Inter: obiettivo semifinale. Brutte eliminazioni per Juve e Roma, con onore il Napoli

Calcio. Coppe europee. Atalanta, appuntamento con la storia. Inter: obiettivo semifinale. Brutte eliminazioni per Juve e  Roma, con onore il Napoli

L’Atalanta ha davanti a sé una nottata e poco più, dopo aver lavorato anche alla domenica mattina, prima di partire alla volta di Lisbona e della Champions League. La consapevolezza, oltre alle defezioni di Josip Ilicic per problemi personali e Pierluigi Gollini per la lesione subtotale del crociato posteriore sinistro, è di avere un intero popolo alle spalle alle soglie del charter di lunedì 10 agosto dall’aeroporto di Orio al Serio. Popolo e politica che sui social network ha conosciuto un moto d’orgoglio calcistico e campanilistico dopo l’eliminazione dalla Champions League di Juventus e Napoli: “Mi dispiace per la Juve e per il Napoli. Adesso però non avete scampo. Da qui in poi tutti a tifare per la Dea”, il tweet del sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Dalla Camera dei Deputati, messaggi che rincarano la dose: “Solo noi, #GoAtalantaGo”, scrive l’ex segretario Pd Maurizio Martina. L’excursus storico è opera del leghista Daniele Belotti: “32 anni dopo la storia si ripete: ‘Solo noi, solo noi, in Europa soltanto noi'”. Un richiamo all’ultima volta che nelle coppe di italiane c’era rimasta l’Atalanta, anche se a ben vedere ora c’è l’Inter in corsa per l’Europa League. Stagione 1987/88, in panchina Emiliano Mondonico, Coppa delle coppe disputata da finalista retrocessa di Coppa Italia col Napoli scudettato. Il team di Bianchi e Maradona finì fuori ai sedicesimi dell’allora Coppa dei Campioni per mano del Real Madrid. In Coppa Uefa, ai sedicesimi, Juventus out col Panathinaikos e Milan con l’Espanyol, che agli ottavi avrebbe eliminato anche l’Inter, e Verona uscito col Werder Brema ai quarti che invece premiarono la squadra di Bergamo, garantitasi invece il 16 marzo ’88 lo storico accesso alle semifinali poi perse coi belgi del Malines pareggiando a Lisbona con lo Sporting (1-1, Cantarutti) dopo il 2-0 dell’andata (Nicolini su rigore e Cantarutti). Si era al “Jose’ Alvalade”, non al “Da Luz” come mercoledì 12 nel quarto col Paris Saint-Germain. Da domani pomeriggio si lavora al “Pina Manique”, una giornata e mezzo ed ecco l’appuntamento con la storia.

Obiettivo semifinale, quasi vent’anni dopo. L’Inter riparte mettendo nel mirino il Bayer Leverkusen, verso il match di lunedì in Europa League. A Dusseldorf gli uomini di Antonio Conte punteranno a tornare tra le prime quattro nell’ex Coppa Uefa per la prima volta dal 2001/02: si tratterebbe inoltre della prima semifinale europea dall’anno del Triplete. Da Vieri-Ronaldo e Milito-Etòo a Lukaku-Lautaro, i nerazzurri si affidano ad una coppia d’attaccanti di peso per arrivare di nuovo fino in fondo in Europa. Nel 2001/02, la corsa della squadra di Cuper si fermò proprio in semifinale, nell’allora Coppa Uefa, per mano del Feyenoord che poi alzò la coppa. L’ultima volta che invece l’Inter arrivò così avanti nelle coppe, invece, poi conquistò il trofeo, con la Champions League vinta con Mourinho in panchina. Un esempio che Antonio Conte punta a seguire, per riportare in casa nerazzurra un trofeo che manca dal 2010/11 (Coppa Italia vinta da Leonardo). Dopo il giorno di riposo concesso in seguito alla vittoria col Getafe, Handanovic e compagni si sono ritrovati ad Appiano per preparare la gara contro i tedeschi. Allenamento mattutino e poi, come da protocollo, i tamponi prima della partenza verso la Germania prevista per domani quando, nel tardo pomeriggio, il tecnico tornerà davanti ai microfoni per la conferenza stampa della vigilia. Tutti a disposizione tra i giocatori per Conte, che sembra comunque intenzionato a riproporre l’undici titolare della gara contro il Getafe: si va verso, quindi, una nuova panchina per Eriksen, con la conferma del 3-5-2 visto nelle ultime gare. Arbitrerà lo spagnolo Carlos del Cerro Grande, che aveva già diretto il match dei nerazzurri vinto contro il Ludogorets per 2-0 lo scorso febbraio.

Questa volta non è bastato neanche l’alieno Cristiano Ronaldo per salvare la Juventus dall’ennesima amarezza europea. E Maurizio Sarri dall’esonero. Una doppietta di CR7 piega il Lione, ma a far festa sono i francesi grazie al gol segnato in avvio da Depay, quanto meno dubbio, su rigore e – soprattutto – al prezioso successo per 1-0 dell’andata. Ancora una volta la fragilità difensiva, vero tallone d’Achille in questa stagione, risulta fatale alla Vecchia Signora. Che si è ritrovata ‘corta’ (l’ingresso dell’Under23 al posto di un generoso Dybala nel finale ne è la dimostrazione) proprio nella partita più importante dell’anno. E anche questo, a bocce ferme, andrà analizzato. La fotografia del match – e della gestione Sarri – sta nell’assalto finale dei bianconeri: arrembanti ma senza idee, volenterosi ma confusi, disperati più che organizzati. Non certo quello che si aspettava la dirigenza la scorsa estate quando ha puntato sull’ex comandante del Napoli. Una manciata di giorni da allenatore in pectore della Juventus U23 in Lega Pro e poi l’improvviso approdo in prima squadra. La carriera da allenatore di Andrea Pirlo inizia dalla vetta e da quella panchina che è il sogno di tutti i tecnici. Un percorso opposto rispetto a quello sul terreno di gioco dove il bresciano di Flero, classe 1979, ha fatto tutta la trafila prima di diventare il faro dell’Italia trionfatrice al mondiale 2006 (116 presenze e 13 gol totali in Azzurro). Interpellato sul suo futuro Pirlo aveva più volte detto di non voler fare l’allenatore, poi cambia idea. Ora parte subito dalla sfida più grande.

Il sogno del Napoli di compiere un’impresa al Camp Nou dura pochi minuti, il tempo necessario agli spagnoli per prendere le misure dell’avversario e schiacciarlo senza troppi problemi. Gli azzurri dimostrano poca maturità e soprattutto una estrema debolezza della difesa. Una lacuna troppo grave, soprattutto se ci si trova di fronte a un attacco stratosferico, forse il più forte al mondo. Il Barcellona vola quindi ai quarti di finale di Champions e la lunga stagione degli azzurri finisce qui. La partita dura un tempo perché nella ripresa il Barcellona pensa solo a gestire il vantaggio e a non sprecare energie e il Napoli esercita solo una generica prevalenza nel gioco ma non riesce a rendersi pericoloso, se non con un colpo di testa di Lozano nel finale che si spegne sulla base del palo.

Una Roma molto deludente chiude nel peggiore dei modi la sua stagione, non riuscendo mai a opporsi al Siviglia e regalando agli andalusi, nettamente superiori agli uomini di Fonseca, il passaggio ai quarti di finale dell’Europa League. Finisce 2-0, ma nel conto dei sivigliani ci sono anche due traverse e un gol annullato per un fuorigioco millimetrico. Per il ds Monchi, ex tutt’ora poco amato nella Capitale, è una bella rivincita su chi lo aveva criticato accollandogli molti degli errori commessi a Trigoria nelle ultime stagioni. La Roma veniva da sette vittorie e un pareggio nelle ultime otto partite di campionato, ma a Duisburg contro il possesso del Siviglia non è mai riuscita a entrare in partita, ed è stata penalizzata anche dagli errori di Pau Lopez e Ibanez, anche se va precisato che il Siviglia è stato superiore in ogni zona del campo e quindi avrebbe vinto anche senza le ‘papere’ e le incertezze del portiere e del giovane difensore ex Atalanta.

Share