Svimez. Rapporto 2020 sul Mezzogiorno: calo dell’occupazione al centro-nord di 600 mila unità e di 380 mila al sud

Svimez. Rapporto 2020 sul Mezzogiorno: calo dell’occupazione al centro-nord di 600 mila unità e di 380 mila al sud

Il calo dell’occupazione nel 2020 dovrebbe attestarsi intorno al 3,5% nel Centro-Nord (circa 600mila occupati) ed intorno al 6% nel Mezzogiorno (circa 380mila occupati). Lo stima la SVIMEZ in un rapporto nel quale evidenzia come per il Mezzogiorno si tratti di un impatto che per intensità è paragonabile a quello subito nel quinquennio 2009-2013. La ripresa dell’occupazione nel 2021 si attesterebbe al +2,2% a livello nazionale per effetto di una crescita dell’1,3% nel Mezzogiorno e del 2,5% nel Centro-Nord. Per effetto di tali andamenti l’occupazione meridionale, si sottolinea, scenderebbe intorno ai 5,8 milioni, su livelli inferiori a quelli raggiunti nel 2014 al culmine della doppia fase recessiva. Il tasso di occupazione scenderebbe di circa 2 punti percentuali e mezzo al 42,2% per risalire di un punto nel 2021. “Il tasso di occupazione scenderebbe di circa 2 punti percentuali e mezzo al 42,2% per risalire di un punto nel 2021” prosegue la Svimez aggiungendo che “un così forte impatto si spiega con la grande pervasività settoriale della crisi occupazionale seguita allo shock da Covid-19. La crisi del 2008-2009 ha avuto effetti occupazionali selettivi, colpendo soprattutto manifatturiero e costruzioni e lasciando ai servizi il ruolo di assorbire, sia pure parzialmente e con effetti di peggioramento della qualità del lavoro, la forza lavoro espulsa dai comparti produttivi più colpiti”. “L’effetto congiunto di domanda e offerta dello shock da Covid-19, viceversa, ha colpito anche molte attività del terziario ben presenti nelle specializzazioni produttive del Sud. E oggi, per di più, la crisi incrocia un mercato del lavoro ancor più fragile e frammentato di quello interessato dalla grande recessione. Da allora, la struttura settoriale e produttiva delle regioni meridionali ha visto crescere il peso del lavoro irregolare, dell’occupazione precaria e del lavoro autonomo”, conclude la Svimez.

Consumi delle famiglie mai così giù dagli anni Novanta

Non si verificava dalla metà degli anni Novanta un calo così consistente dei consumi delle famiglie: la Svimez segnala che a causa del Covid 19 è stata registrata una contrazione 9,1% al Sud e -10,5 al Centro-Nord. La minore caduta del reddito disponibile meridionale è in parte da attribuire “alla spinta di segno opposto delle prestazioni sociali, caratterizzata da un peso comparativamente maggiore, componente nella quale confluiscono gran parte delle misure di sostegno al reddito implementate dalla politica nazionale”. All’interno della spesa delle famiglie, in entrambe le macroaree i cali maggiori sono previsti per la spesa in servizi e, di seguito, per quella in beni durevoli. Contrariamente a quanto verificatosi durante la crisi avviatasi nel 2009 e proseguita nel biennio 2012/2013, la spesa per consumi collettivi della P.A. si ipotizza accrescersi in misura, rispetto al recente passato, apprezzabile. Ciò risulta particolarmente vero in riferimento alle regioni meridionali, ove questa è diminuita ininterrottamente dal 2011. Svimez spiega che “la caduta in tutte le principali componenti della domanda interna ed estera, unitamente ai problemi di liquidità progressivamente emersi e all’incertezza su tempi ed entità della ripresa è tale da determinare un significativo arretramento nel processo di accumulazione al Sud: -13,0%. Nel Centro-Nord, la componente in macchinari si contrae di quasi il 18%, a fronte del -10.7% nelle regioni meridionali. In entrambe le macro-aree il rapporto investimenti/prodotto verrebbe a collocarsi intorno ai valori minimi riscontrabili dal 1980, interrompendo bruscamente il modesto recupero avviato dopo il 2015”.

La ripresa del 2021 sarà dimezzata al Sud

La ripresa del 2021, dalla crisi provocata dal Coronavirus, sarà dimezzata al Mezzogiorno, stima Svimez, segnalando come lo shock da Covid-19 ha colpito un Mezzogiorno già in recessione, prima ancora di aver recuperato i livelli pre-crisi 2008 di prodotto e occupazione. Il crollo del Pil nel 2020, prosegue l’Associazione nella sue previsioni 2020-2021, è più intenso nel Centro-Nord (-9,6%), attestandosi comunque su livelli inediti anche nel Mezzogiorno (-8,2%). A preoccupare sono le ricadute sociali di un impatto occupazionale, più forte nel Mezzogiorno, che perde nel solo 2020 380mila posti di lavoro. La perdita di occupati è paragonabile a quella subita nel quinquennio 2009-2013 (- 369.000). Ad attenuare la gravità del quadro previsivo interviene il consistente sostegno delle politiche pubbliche. Grazie agli interventi di contrasto agli effetti del Covid-19, per un importo pari a circa 75 miliardi di euro, la caduta del Pil è stata contenuta di circa 2,1 punti al Centro-Nord e di quasi 2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno, anche se in termini pro-capite il beneficio è maggiore al Centro-Nord (1344 euro) rispetto al Mezzogiorno (1015 euro). Le previsioni Svimez per il 2021, quindi, vedono un Mezzogiorno frenato da una ripresa “dimezzata”: +2,3% il Pil contro il 5,4% del Centro-Nord. “La politica nazionale – spiega – ha sostenuto l’economia nel pieno della più grande crisi dal dopoguerra dagli impatti senza precedenti sui redditi e sui consumi delle famiglie e sugli investimenti delle imprese. Per il rilancio si rende ora urgente una strategia nazionale di sostegno alla crescita compatibile con l’obiettivo del riequilibrio territoriale per cogliere le opportunità inedite che si aprono con i nuovi strumenti di finanziamento europei”.

Cgil: Svimez conferma quadro preoccupante, agire subito

“Le previsioni Svimez confermano le nostre stesse preoccupazioni per il Mezzogiorno: un impatto profondo della crisi economica e sociale scaturita dalla pandemia Covid-19, in un quadro già recessivo e divergente con il resto del paese e con una serie di crisi industriali importanti aperte da troppo tempo. Occorre agire al più presto utilizzando al meglio le risorse pubbliche, nazionali ed europee”. Così la vice segretaria generale della Cgil Gianna Fracassi. “È vero che la caduta del Pil potrebbe risultare inferiore a quella del centro-nord, ma – sottolinea – i calcoli Svimez prefigurano nel 2021 una ripresa più debole per le Regioni del sud, in particolare degli investimenti, senza i quali appare impossibile difendere e ricreare crescita e posti di lavoro”. Per la dirigente sindacale “il tempo non è una variabile indipendente: è necessario agire al più presto. Per evitare la depressione dell’economia del Mezzogiorno, soprattutto dal punto di vista occupazionale, occorre utilizzare al meglio le risorse pubbliche, nazionali ed europee – sottolinea – indirizzandole verso nuove politiche industriali, sociali e fiscali all’insegna di un modello di sviluppo più inclusivo, innovativo e sostenibile, di cui il Mezzogiorno potrebbe rappresentare l’officina europea nel Mediterraneo”. Per questo per la Cgil “i contenuti del Piano Sud 2030 dovranno essere ridiscussi, aggiornati ma soprattutto accelerati. La creazione di lavoro nel Mezzogiorno, in particolare per giovani e donne, deve rappresentare l’obiettivo da cogliere attraverso l’utilizzo di tutte le risorse disponibili. In questa prospettiva – conclude Fracassi – la partecipazione del sindacato alla definizione dei processi, dei programmi e dei progetti di sviluppo e coesione appare indispensabile”.

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