
Il M5S ed il PD si dividono al voto sul Mes alla commissione economica del Parlamento europeo (Econ). Il voto riguardava un atto delegato che inserisce l’obbligo di rendicontare le spese per la crisi sanitaria, nel caso un paese chieda accesso alla liquidità del Mes e spenda i fondi per la crisi Covid-19. La commissione Econ ha votato a favore e ha dato il via libera al passaggio formale. I sì sono stati 40 mentre i no 16, uno si è astenuto. Tra i 16 contrari anche il voto del M5S mentre il Pd ha votato a favore. Anche la Lega ha votato contro come il M5S. A favore del testo gli eurodeputati presenti in commissione Econ del Ppe, S&D (tranne uno che si è astenuto), Renew (tranne uno contrario) e i Verdi (tranne uno contrario). Per quanto riguarda gli altri gruppi l’Ecr ha votato contro (tranne uno a favore), così come la sinistra Gue, e il gruppo sovranista di Id, dove siede la Lega. La mina del Mes divide Pd e M5s in Europa, dunque, e il 15 luglio impegnerà la maggioranza in uno “stress test” al Senato. E ora anche la legge elettorale, che vede Pd e Iv ingaggiare uno scontro durissimo. Sono alcuni dei tasselli di un mese di fuoco per il governo. Il M5s, balcanizzato e in fibrillazione, impensierisce gli alleati. Ma il Pd intensifica il suo pressing perché finisca la stagione dei rinvii. E pretende il rispetto dei patti, a muso duro: “Questo governo – avverte – esiste anche perché c’è un accordo: taglio dei parlamentari e nuova legge elettorale a garanzia della dialettica democratica”.
Nicola Zingaretti, raccontano fonti Dem, lo ha spiegato giovedì al premier Giuseppe Conte: entro il referendum sul taglio dei parlamentari, in programma il 20 settembre, si deve votare almeno in prima lettura la legge elettorale proporzionale, con sbarramento al 5%, su cui a gennaio era stato raggiunto un primo accordo di maggioranza. Dopo, rischia di aprirsi una stagione di grandi incertezze anche perché se – complici le divisioni dei partiti di governo – il centrodestra dovesse vincere le regionali, tornerebbe a gran voce a invocare le urne. Prima va dunque – ragionano i Dem – riequilibrato il sistema, cambiando l’attuale legge elettorale, che avrebbe un effetto iper-maggioritario. Matteo Salvini sostiene si tratti di una manovra “di stampo cinese, non democratica”, per impedire alla Lega di stravincere, quando si tornerà al voto. Il Pd nega: è un tema, dicono, di equilibri istituzionali. E’ una questione, aggiungono, di rispetto degli accordi di governo. Ma mettere mano al dossier apre una crepa nella maggioranza. Il testo è in calendario in Aula alla Camera il 27 luglio. Ma il passaggio è tutt’altro che scontato. A mettersi di traverso è Iv, ma non solo. Matteo Renzi afferma che il tema “non è la priorità” e che serve “una legge maggioritaria, sul modello dei sindaci”. Ma così, ribattono i Dem con Emanuele Fiano, smentisce un accordo che Iv aveva sottoscritto, per un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. Marco Di Maio, da Iv, nega di aver mai firmato il testo. Ma il Pd ricorda una nota congiunta di gennaio in cui lo sostenevano. Schermaglie. A microfoni spenti i Dem accusano Renzi di avere paura di non raggiungere la soglia del 5%. C’è anche chi sostiene che il leader di Iv sia tornato a lavorare per far saltare il governo in agosto (per un cambio di premier, più che per tornare al voto) ma lui, parlando con i suoi, smentisce seccamente. Il M5s, con il ministro Federico D’Incà, invita tutti i partiti di maggioranza a rispettare gli accordi presi. Ma il testo ancora deve essere votato in commissione. E in Aula c’è l’incognita dei voti segreti. Ecco perché fonti pentastellate osservano che sulla soglia di sbarramento si aprirà un dibattito in Parlamento. Leu è sempre stata contraria al 5%. E, dall’opposizione, lo è anche Fi, mentre la Lega insiste per il maggioritario.
Nonostante la spinta del premier, intanto, non decollano gli accordi per le elezioni regionali: in Liguria si tratta alla ricerca di un’intesa, non impossibile, ma nelle altre regioni si va in ordine sparso (Iv candida la sua Daniela Sbrollini in Veneto). Lunedì sera in Consiglio dei ministri potrebbe intanto consumarsi la discussione finale sul decreto semplificazioni. Un preconsiglio fiume non riesce a sciogliere i nodi, che sono politici, sulle norme che riguardano gli appalti sopra soglia, la lista delle opere da affidare a commissari e la modifica dell’abuso d’ufficio. M5s e Iv spingono per facilitare gli appalti, Pd e Leu continuano a frenare. Conte non può che prendere tempo: in Cdm lunedì porterà il decreto e, con Gualtieri, il piano nazionale delle riforme che farà intravedere all’Europa le basi del piano di rilancio da presentare a settembre.
Anche la destra è divisa e sabato scende in piazza del Popolo a Roma contro il governo
Divisi sul Mes, sospettosi l’uno dell’altro sulla prospettiva della legislatura, con una possibile riforma in senso proporzionale della legge elettorale che potrebbe vederli con interessi contrapposti: i partiti del centrodestra si ritrovano domani in piazza del Popolo per un’altra manifestazione contro il governo. Insieme, certo, ma anche tra alleati “competition is competition”. Senza bandiere o simboli di partito, la coalizione si ritroverà, a partire dalle 10, in piazza del Popolo, a Roma, sotto lo slogan ‘Insieme per l’Italia del lavoro’. Verranno rispettate le rigorose regole di distanziamento, garantendo anche la totale copertura dell’evento sui social. Secondo fonti della coalizione infatti per le direttive sul distanziamento dettate, si calcola che più di 4820 persone, sedute, non potranno partecipare. Ci sarà infatti un unico ingresso da via del Corso – dove sarà misurata la temperatura – e uno di uscita da piazzale Flaminio. Ingressi contingentati con conta-persone, distribuzione delle mascherine a chi si presenterà sprovvisto e gel disinfettante a disposizione. Matteo Salvini cerca di difendere la leadership da poco conquistata, nonostante i sondaggi calino e la strategia della spallata non stia per ora portando frutti. Giorgia Meloni prova a consolidare il trend di crescita e ad accreditarsi come la futura leader del centrodestra. Silvio Berlusconi cerca di rilanciare Forza Italia, dopo anni di appannamento. Partite che si giocano nella piazza, ma soprattutto nei palazzi e sulle pagine dei giornali. Ieri l’intervista a Repubblica con cui Berlusconi apriva alla possibilità di sostenere “maggioranze diverse” da quella attuale, oggi la risposta di Salvini alla Stampa: “Io un governo con il Pd non lo faccio. La via maestra sono le elezioni a settembre”. Stesso refrain di Giorgia Meloni, che è invece sule pagine di Libero e Messaggero: “Vogliamo il voto”. Di sicuro però Berlusconi non ha alcuna intenzione di uscire dal campo europeista, e continua a garantire il consenso al ricorso al Mes.
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