
L’ampia intervista rilasciata sabato 4 luglio al Corriere della Sera da Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea conferma appieno le previsioni e le preoccupazioni già espresse la settimana scorsa in questa rubrica. Il problema non è di per sé e soltanto il Mes, ma tutto l’insieme delle misure che la Ue dovrebbe varare entro il prossimo luglio, con particolare riguardo alla loro entità e al rapporto fra prestiti e aiuti. Dombrovskis infatti insiste sul fatto che la General Escape Clause, ovvero la clausola generale di “fuga” dalle rigide regole di bilancio previste dall’ordinamento europeo, ha solo una valenza transitoria, comunque a termine. Si appella al pronunciamento dell’European Fiscal Board che vorrebbe che la clausola venisse rivista al più tardi entro la prossima primavera.
I tempi dei facili indebitamenti sono quindi molto stretti. Il ministro Gualtieri ha risposto che per l’anno prossimo non se ne parla. Ma il vicepresidente della Commissione europea insiste che l’Italia può anche aumentare il deficit, facendo votare come infatti previsto un nuovo discostamento di 15 o 20 miliardi dal Parlamento, ma che allo stesso tempo deve “tenere a mente la sostenibilità di bilancio di medio termine”. Una dichiarazione ambigua e volutamente imprecisa, ma che contiene esplicitamente una minaccia: non crediate che a breve non sarete chiamati a rispondere con dolorose politiche di rientro dal debito che avete accumulato in questi mesi.
Una dichiarazione e un tono molto diversi da quelli, come si ricorderà, che usò Draghi con l’esplicito invito ad indebitarsi rivolto ai governi per fronteggiare la crisi. Alla domanda del giornalista (Federico Fubini) che chiede chiarimenti, Dombrovskis ribadisce che deve valere il principio dell’ancoraggio al debito. E poiché la cosa non è ancora chiara aggiunge che si tratta della “idea che i criteri di spesa siano aggiustati in base al rapporto debito pubblico-Pil dei vari Paesi”. Un’ideona: dalla padella alla brace. Il fatidico rapporto sbuca nuovamente fuori come un freno perenne alla possibilità di spesa dei singoli stati. Anche qui siamo molto lontani dalle dichiarazioni di chi dirige la Bce, in questo caso non più Draghi ma Christine Lagarde che ha esplicitamente affermato che prima di riapplicare il Patto di stabilità bisognerebbe riformarlo. Non ha spiegato in che modo e in quale direzione, ma almeno ha aperto una porta che Dombrovskis invece vorrebbe subito chiudere. Ed è questa probabilmente la chiave di lettura della sua intervista.
In effetti se il Patto di stabilità viene sospeso è perché si dimostra incapace di affrontare la più grande recessione dopo quella degli anni ’30, che coinvolge non solo l’Europa, ma il mondo intero, per cause non direttamente e immediatamente imputabile a questo o a quel paese. Quindi logica vorrebbe che venisse completamente cambiato e non richiamato in vita nella forma precedente. Ed è questo esattamente il compito che la Ue ha di fronte se non vuole implodere. Quanto al Mes coloro che ne suggeriscono l’immediata accettazione dovrebbero per coerenza, tanto più che si è di fronte a un trattato intergovernativo, tradurre almeno quanto sta scritto nella lettera Gentiloni – Dombrovskis in nuove norme modificative di quelle esistenti che attualmente regolano le condizioni di fruizione del Mes, che, non dimentichiamolo, altro non è che una banca che agisce sempre nel prioritario interesse dei creditori. Se veramente tutti i governi sono d’accordo con le cose scritte nella lettera di cui sopra, tale modifica non dovrebbe incontrare ostacoli, né dal punto di vista politico che tecnico. I dati confermati anche dall’ultimo aggiornamento fornito dal Fondo Monetario Internazionale ci parlano di una recessione generalizzata e di proporzioni gigantesche. Uscirne con un rimbalzo, il famoso andamento a “V” è pia illusione. In realtà ci dobbiamo attendere un periodo non breve di stagnazione, sempre che si riesca a fermare la virulenza del processo recessivo. Per quanto concerne l’Italia, come testimoniano le ultime stime forniteci dall’Istat, le condizioni sono ancora peggiori, per le strutturali debolezze della nostra economia e per il fatto che essa non aveva ancora superato lo shock della crisi economico-finanziaria del 2008, quando si è abbattuto su di noi con particolare virulenza il Covid-19. Anche la pandemia è tutt’altro che superata, nel nostro paese come nel mondo intero. Le ultime rilevazioni mettono in luce lo scoppio di nuovi focolai.
Fintanto che non verrà individuato e sperimentato un vaccino efficace la pandemia non potrà dirsi né sconfitta né superata. E nessuno può prevedere quanto tempo ci vorrà. Dal canto suo il Fmi è convinto che la fase peggiore, per quanto concerne l’andamento dell’economia, si manifesterà nella seconda parte dell’anno in corso. Non so se qualcuno glielo ha spiegato a Dombrovskis, ma progettare nella prossima primavera di ristabilire il Patto di stabilità vuole dire costruire progetti sulla sabbia, per giunta la più friabile. Nello stesso tempo, bisognerebbe spiegare a Mark Rutte il premier olandese che nella sua intervista a Sette, si guadagna il titolo di “Dottor Strarigore”, che nessuno può farcela da solo. Né la Germania né i piccoli stati del nord e che l’Europa in questa crisi gioca tutta se stessa.