Patrizio Paolinelli. Tre domande a… Giorgio Benvenuto. “Il governo non decide perché siamo in campagna elettorale”

Patrizio Paolinelli. Tre domande a… Giorgio Benvenuto. “Il governo non decide perché siamo in campagna elettorale”

L’idea di ridurre temporaneamente l’Iva ha tenuto banco nel dibattito politico di questa settimana presentando posizioni diverse anche all’interno della stessa maggioranza di governo. Lei come valuta una simile misura?

È difficile valutarla perché sembra più che altro un’esternazione. Esternazione venuta fuori all’improvviso dalla bocca di Conte nella conferenza finale sugli Stati generali dell’economia. Probabilmente il nostro premier è rimasto suggestionato dall’iniziativa del governo tedesco, che ha tagliato l’Iva dal 19 al 16% per sei mesi. Il punto è che in Germania tale iniziativa fa parte di un piano di interventi per tonificare la domanda interna; piano che da noi ancora non c’è.  Per questo motivo mi pare che si continui ancora a improvvisare. Consideri che di quest’idea di Conte nessuno sapeva niente, neanche il ministro dell’economia. È un modo di procedere sbagliato. Le proposte vanno formulate all’interno di una strategia di carattere generale. Fatta questa critica sul metodo vorrei ricordare che qualche mese fa il governo ha avuto il merito di scongiurare l’aumento dell’Iva cancellando le clausole di salvaguardia, una vera e propria palla al piede delle leggi di stabilità degli ultimi dieci anni. Ora, se si vuole abbassare l’Iva per un periodo limitato va bene perché è un’immediata boccata d’ossigeno utile a rianimare i consumi. Ma lo si faccia all’interno di un pacchetto di iniziative e non in maniera estemporanea. La stessa cosa non vale per la ventilata riduzione dell’Irpef, peraltro presentata come una novità mentre era stata già decisa nella precedente legge di stabilità. In estrema sintesi, quello che va fatto è una complessiva riforma fiscale.

Lei parla di metodo estemporaneo, ma secondo il governo l’abbassamento dell’Iva rientra in un Piano di rilancio che prevede anche investimenti nell’alta velocità, nella ricerca, nella scuola, i pagamenti digitali, il taglio del cuneo fiscale e l’addio al combustibile fossile…

Conosco questo piano. Ma è fatto di titoli su cui si inizierà a discutere in autunno. E già questo slittamento è un problema serio. Vede, come diceva Andreotti a pensar male si fa peccato, però qualche volta ci si prende. E dinanzi ai continui rinvii il sospetto è che ci sia una tacita complicità tra le forze politiche. Le quali attendono i risultati elettorali delle regionali che si terranno a fine settembre. Perciò con una scusa o con l’altra si rimandano le decisioni. E perché si rimandano? Perché le decisioni inevitabilmente scontentano qualcuno. Per esempio, la cassa integrazione potremo continuare a concederla a tutti? E il blocco dei licenziamenti per quanto potrà durare? Quanti dipendenti della pubblica amministrazione dovranno continuare lo smart working? Ecco perché oggi non si vogliono fare delle scelte. E così assistiamo ai fuochi d’artificio: l’Iva, l’Iperf, la scuola e così via. Insomma, siamo in piena campagna elettorale, questo mi pare sia il dato di fatto. Tutto ciò è inaccettabile perché significa che si inizierà a mettere mano a progetti operativi a ottobre. Nella più ottimistica delle ipotesi gli vorrà dare un paio di mesi di tempo affinché si inizi a vedere qualche risultato? Il che significa che finiremo all’anno prossimo mentre già oggi altri Paesi europei sono in marcia. Debbo dire che non sono il solo a preoccuparmi di questo continuo prendere tempo. Ormai si tratta di una strategia scoperta. E chiunque abbia buon senso sa che è molto pericolosa per l’economia del Paese.

La corruzione torna a falcidiare l’Italia da Milano a Messina passando per Roma. Città dove la magistratura ha aperto inchieste, proceduto ad arresti e incriminazioni. In un momento così drammatico per il Paese possiamo continuare a permetterci livelli di malaffare così diffusi?

Questo è il grande problema dell’Italia. Problema che ci viene rimproverato dall’Europa perché da noi i processi hanno tempi infiniti che contribuiscono a favorire il dilagare della corruzione. Aggiunga poi il recente scandalo che ha investito il Consiglio superiore della magistratura e il quadro è da brivido. È evidente che occorrono soluzioni radicali. In primis va trovato il modo di far funzionare la macchina della giustizia e non solo per contrastare la corruzione. Una giustizia lenta, che non dà garanzie, favorisce la diseguaglianza sociale. Lo dico con profonda amarezza, ma i lavoratori che hanno un reddito basso non riescono a far valere i propri diritti. Quello che oggi impressiona è che la gente è rassegnata. Il sentire comune è che in questo Paese le cose non cambieranno mai. Le intercettazioni riportate dalla stampa in relazione alle inchieste della magistratura da lei citate sono agghiaccianti. Ho letto di quei colletti bianchi che si sfregavano le mani se la metropolitana non funzionava o se c’erano incidenti in modo da lucrare illecitamente su nuovi appalti. Un cinismo incredibile che ricorda quegli imprenditori soddisfatti del terremoto che avvenne all’Aquila. Siamo combinati male. Direi che una riforma della magistratura è un’emergenza da affrontare subito. È impossibile continuare con la lottizzazione delle nomine e va risolto il problema della separazione delle carriere. Ancora una volta è la politica che deve decidere.

Share