Sulla scia del Consiglio europeo, maggioranza e governo resistono. Il Cura Italia è legge con 229 sì e 123 no alla Camera. Il Cdm vara Def e scostamento di bilancio

Sulla scia del Consiglio europeo, maggioranza e governo resistono. Il Cura Italia è legge con 229 sì e 123 no alla Camera. Il Cdm vara Def e scostamento di bilancio

Il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza 2020 e la Relazione al Parlamento ai fini dell’autorizzazione dell’aggiornamento del piano di rientro verso l’Obiettivo di medio termine (Omt). Il 20 marzo scorso la Commissione europea aveva disposto l’applicazione della general escape clause per l’anno in corso, al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra fiscale per il sostenimento delle spese sanitarie necessarie ad affrontare l’emergenza Coronavirus, clausola che consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l’Omt, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo. “Con la relazione, sentita la Commissione europea, il Governo richiede pertanto l’autorizzazione al Parlamento al ricorso all’indebitamento per l’anno 2020 di 55 miliardi di euro, 24,85 miliardi di euro nel 2021, 32,75 miliardi di euro nel 2022, 33,05 miliardi nel 2023, 33,15 miliardi di euro nel 2024, 33,25 miliardi di euro dal 2025 al 2031 e 29,2 miliardi di euro dal 2032” si legge nella nota del Cdm. Un crollo del Pil dell’8%, con una perdita nominale di oltre 126 miliardi, uno sforamento del deficit al 10,4% quest’anno (scenderà al 5,7% l’anno prossimo) e un debito pubblico che schizza al 155,7% nel 2020 per poi ridursi al 152,7 per cento nel 2021. E’ un quadro macroeconomico da scenario postbellico quello fotografato dal Def varato dal governo che ha approvato anche la richiesta al Parlamento per un extra deficit di 55 miliardi (24,85 miliardi di euro nel 2021) per finanziare il nuovo decreto di aprile e disinnescare gli aumenti Iva e accise da 20,1 per il prossimo anno. Un documento ‘light’ che si limita ad aggiornare le stime tendenziali solo per il biennio 2020-2021 tenendo conto dell’impatto della crisi e delle chiusure delle attività per poi rinviare l’aggiornamento programmatico alla fine dell’emergenza sanitaria. Il Covid, il ‘cigno nero’ della crisi epidemica, si è abbattuto sull’economia italiana arrestando la già fragile ripresa che avrebbe consentito di raggiungere la previsione di crescita annua dello 0,6% formulata nella Nadef di settembre 2019. La perdita di prodotto sarà recuperata solo in parte il prossimo anno quando la crescita si fermerà al 4,7%, nel caso in cui non si verifichi una nuova ondata di contagi che porterebbe una contrazione media più accentuata del 10,6 per cento in media d’anno sui dati grezzi, ma anche un effetto di trascinamento negativo sul 2021. L’impatto negativo di otto settimane di lockdown sul Pil è già di 6,9 punti percentuali, otto punti in termini di spesa delle famiglie. Ed è destinato a prolungarsi nei mesi a venire con un regime di distanziamento sociale e rigorosi protocolli di sicurezza che andranno avanti “per alcuni trimestri”.

Sono sette i pilastri del dl aprile che il governo ha in cantiere e dovrebbe varare entro la prossima settimana, dopo il via libera del Parlamento allo scostamento di bilancio atteso per il 29 aprile: salute e sicurezza, credito, liquidità e capitalizzazione imprese, sblocco dei pagamenti della p.a, lavoro e inclusione, enti territoriali, fisco e ristori, interventi per i settori più colpiti. Il pacchetto di misure è stato oggetto di confronto tra i capigruppo di maggioranza e i ministri D’Incà e Gualtieri e nei prossimi giorni sono in programma nuove riunioni per approfondire le proposte avanzate dai capigruppo sui temi del lavoro, enti locali e aiuti alle imprese. Il governo sta valutando di destinare alle modifiche parlamentari un plafond di 1 miliardo. La maxi manovra vede in campo Cdp a cui saranno destinati fondi per circa 40 miliardi, che peseranno sul fabbisogno ma non sull’indebitamento netto, per consentirle di entrare nel capitale di aziende strategiche in crisi per l’emergenza, di tutte le dimensioni, per evitare eventuali scalate ostili da parte di investitori stranieri, sfruttando la maggiore flessibilità delle norme europee in materia di aiuti di Stato. L’operazione, ancora allo studio, potrebbe così avvicinare la Cassa al modello tedesco di Kfw. Altri 30 miliardi, che non andranno a incidere sul disavanzo, saranno necessari per finanziare le garanzie sui prestiti alle imprese avviate con il decreto liquidità.

Intanto, con 229 voti favorevoli alla Camera, 123 contrari e 2 astenuti diventa legge il decreto Cura Italia, già approvato dal Senato. Si tratta del primo dei tre interventi che, con una dotazione complessiva di 75 miliardi dovranno attenuare gli effetti del coronavirus. Il decreto ne mette in campo 25, che serviranno per i primi interventi. I punti salienti del testo riguardano la sanità, il fisco, la scuola e la giustizia. Sul fronte fiscale è prevista la sospensione di tutti i pagamenti in scadenza fra l’8 marzo e il 31 maggio, compresi i versamenti per le partite Iva. Da questi benefici sono escluse le aziende e i professionisti con un giro d’affari superiore a 400 mila euro. C’è anche uno sgravio del 50% per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro e un credito di imposta del 60 per cento sugli affitti di negozi e botteghe per il mese di marzo. L’agevolazione funziona anche per gli investimenti pubblicitari (soprattutto per agevolare la carta stampata) e per le edicole come risarcimento per essere rimaste aperte.

La Camera ha dunque approvato il decreto Cura Italia dando prova della compattezza della maggioranza che in una fase difficile dimostra maturità ed unità di intenti.

Se le avvisaglie, consistenti, si erano già avute nei giorni scorsi, oggi assistendo ai lavori della Camera diventa palese la fine tombale del seppur tiepido clima di unità nazionale di avvio lockdown. Lo scontro assume a tratti anche livelli molto alti, fino a precipitare quando il leghista Massimo Garavaglia annuncia il deposito sia a Montecitorio che al Senato di una mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, indicato come il primo responsabile della avvenuta “svendita dell’Italia all’Ue”. E quasi in concomitanza con l’attività della Camera che, anche se a fatica, prova a tornare a una sorta di normalità (riaprono mensa e ristorante, seppur con rigide regole di sicurezza), torna il voto elettronico (accantonato finora dall’avvio dell’emergenza coronavirus per garantire il distanziamento nell’emiciclo), anche le contrapposizioni tra maggioranza e opposizione riassumono i toni pre-virus. Con tanto di cartelli in Aula sventolati da FdI e rivolti a M5s con su scritto “Giù la maschera” e cori da stadio che si levano dai banchi del centrodestra al grido di “vergogna vergogna”. Ma mentre la maggioranza mostra sufficiente compattezza, l’opposizione si sbriciola, anche se Berlusconi insiste col dire che “la coalizione è unita”, mentre Salvini osserva: il centrodestra esiste ancora? Chiedetelo al Cav. Fatto sta che dai toni barricadieri di FdI e Lega, Forza Italia sembra prendere le distanze, pronta a sostenere il ricorso al Mes e a votare mercoledì prossimo il nuovo scostamento di bilancio. Gli azzurri si defilano dal duello messo in atto dagli alleati, e pur votando inizialmente a favore dell’odg di FdI, quindi contro qualsiasi ricorso al Mes, in un secondo momento la capogruppo Mariastella Gelmini rettifica e precisa che l’intenzione era di non partecipare al voto, per sottrarsi “a conte preventive su ‘Mes sì’ o ‘Mes no'”. Tra risse verbali e accuse reciproche l’Aula riesce comunque a dare il via libera definitivo al decreto Cura Italia, che stanzia i primi 25 miliardi per fronteggiare l’emergenza coronavirus. La fine del voto dà il la al volar di stracci: “Bocciata alla Camera l’ennesima pagliacciata della finta patriota Meloni che continua da settimane a indebolire il suo Paese”, attacca il sottosegretario pentastellato Manlio Di Stefano. Il capogruppo FdI Francesco Lollobrigida replica a muso duro definendolo “ipocrita sottosegretario indegno”. Poi scatta il ‘liberi tutti’: si tornerà a Montecitorio mercoledì, per votare il Def e il nuovo scostamento di bilancio. Serve la maggioranza assoluta, ma alla Camera i numeri non preoccupano affatto i giallorossi.

 

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