Coronavirus. 16 aprile. Cresce la curva epidemica, meno malati in terapia intensiva. Confindustria torna al passato: Bonomi critica sindacati e politica. Scontro Regioni-governo sulla Fase 2

Coronavirus. 16 aprile. Cresce la curva epidemica, meno malati in terapia intensiva. Confindustria torna al passato: Bonomi critica sindacati e politica. Scontro Regioni-governo sulla Fase 2

Torna a crescere la curva epidemica in Italia, nonostante un forte calo dei ricoveri. Inoltre, è record di tamponi eseguiti. I casi totali sono saliti a 168.941, con un aumento di 3.786 unità in 24 ore, molto più delle 2.667 di ieri. A pesare è proprio il numero di tamponi, 60.999 in un giorno, record assoluto (ieri erano stati 43.700 circa, l’altro ieri 26.700). Sono i dati forniti dalla Protezione Civile nel bollettino delle 18. Il numero dei decessi si conferma in leggero calo, 525 (erano stati 578 ieri), portando il totale a 22.170. Sale il numero dei guariti, 2.072 in un giorno, molto vicino al record (ieri erano stati appena 962). Il totale dei guariti supera così quota 40 mila: sono 40.164 in tutto. Le persone attualmente positive salgono di 1.189 unità (erano 1.127 ieri) portando il totale a 106.607.  Le cattive notizie arrivano dal fronte dei medici: secondo i dati della Fnomceo sono ormai 127 i camici bianchi che hanno perso la vita. Degli ultimi cinque si è avuto notizia oggi. L’invito è ancora una volta a fare attenzione, perché la stragrande maggioranza della popolazione non è ancora venuta in contatto con il coronavirus e questo crea un rischio: “Oggi – ha detto il professor Brusaferro – stimiamo che oltre il 90% degli italiani non sia venuto in contatto con il virus Covid-19. Se non siamo molto attenti la circolazione del virus può riprendere in maniera più intensa. Il 90% è una stima approssimata, potrebbe scendere all’85% in Lombardia. Vuol dire che la larghissima parte è ancora suscettibile e l’immunità di gregge si ha quando il 70-80% delle persone è entrato in contatto con un virus”.

La situazione nel mondo: i contagi superano la cifra dei due milioni, con 140 mila vittime

Sono più di 140mila le persone che al mondo hanno perso la vita dopo aver contratto il coronavirus. Lo ha reso noto la Johns Hopkins University, spiegando che sono più di 2,1 milioni le persone contagiate. Gli ultimi dati parlano di 140.773 decessi a livello globale e di 2.101.164 casi confermati. Sono più di 31 mila le persone che hanno perso la vita a causa del coronavirus negli Stati Uniti. Lo rende noto la Johns Hopkins University, affermando che sono 31.002 le vittime per il Covid-19 negli Usa e 640.014 quelle che hanno contratto l’infezione. Sono invece più di 52.700 le persone guarite. Lo stato maggiormente colpito è quello di New York, con 14.073 vittime e oltre 214.800 contagi, seguito dal New Jersey con 3.156 morti e 71.030 casi.  Il Belgio supera la Spagna e diventa il primo Paese in Europa per morti legate alla pandemia di Covid-19 rispetto alla popolazione. Con i 417 nuovi decessi segnalati oggi, il totale delle vittime in Belgio ha toccato quota 4.857. Per un Paese che conta circa 11,5 milioni di persone questo significa una media di 419 morti per milione di abitanti. In base ai calcoli effettuati da Afp e Politico, il dato belga supera per la prima volta quello della Spagna (409) ed è superiore anche ai numeri dell’Italia (358) e di Paesi vicini come Olanda (193), Francia (263) e Regno Unito (202).

Cambio della guardia in Confindustria: designato Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, ai vertici di viale dell’Astronomia

Il 31esimo presidente che ha catalizzato 123 voti sui 183 espressi dal parlamentino di Confindustria, oltre il 67% delle preferenze; nessuna scheda bianca, nessuna scheda nulla. A Licia Mattioli, la sfidante, attuale vicepresidente di Confindustria, sono andati invece 60 voti. Confermati dunque i pronostici della vigilia. All’ufficializzazione manca però ancora un passaggio, quello dell’assemblea che si terrà il 20 maggio prossimo, ma il clima in Confindustria oggi è quello delle grandi occasioni che non viene appannato neppure dall’inedito meccanismo della videoconferenza e del voto telematico imposti dall’epidemia di Coronavirus. La cronaca di queste ore e il conto alla rovescia per l’imminente fine del lockdown hanno tenuto banco sia negli interventi degli industriali collegati in video che si sono succeduti prima della votazione, sia nelle parole che Bonomi ha dedicato al suo progetto di Confindustria appena dopo l’elezione. “Non è tempo di gioire”, esordisce prima di assestare un fendente alla politica, al governo e anche ai sindacati rei, questi ultimi, di aver rimesso in pista, in tempi di lockdown, quella logica anti-industriale contro cui gli imprenditori lottano da sempre. Insomma, parole già ascoltate in tempi passati, quando a dirigere le imprese era l’uomo della Fiat, il presidente Vittorio Valletta, quando la fabbrica era il luogo degli operai senza diritti, e quando il sindacato era considerato una patologia da espellere, o da confinare. Ma seguiamo Bonomi. “Continueremo a portare la posizione di Confindustria su tutti i tavoli necessari rispetto ad una classe politica che mi sembra, in questo momento, molto smarrita e non ha idea della strada che deve percorrere questo paese”. E ribadisce la posizione dura sulla riapertura anticipata delle aziende. “Non si può andare avanti ad usare anacronistici codici Ateco che non rappresentano la manifattura di oggi e quella del futuro. La politica ci ha esposto ad un pregiudizio fortemente anti-industriale che sta ritornando in maniera molto importante in questo Paese. Non pensavo più di sentire l’ingiuria verso le imprese che sarebbero indifferenti alla vita dei propri collaboratori. Sentire certe affermazioni da parte del sindacato mi ha colpito profondamente e quindi credo che noi dobbiamo rispondere a questo con assoluta fermezza”, dice. Non si capisce cos’altro debba fare il sindacato se non tutelare diritti, salute e sicurezza di lavoratrici e lavoratori. Bonomi, come Valletta più di mezzo secolo fa, avverte come fastidio o reato di lesa maestà la lotta dei sindacati per corrette relazioni industriali. E non è corretto che il neo presidente di Confindustria, dopo i progressi del patto della fabbrica, dei protocolli stipulati con i sindacati, faccia una clamorosa e inattesa marcia indietro proprio nel primo discorso di programma. Insomma, torna la teoria ormai desueta per la quale se i sindacati si battono per tutele e diritti, o per altri modelli di sviluppo, sono ideologicamente anti industriali. Ma Bonomi manganella anche la politica, o, se si vuole, l’attuale governo. La strada da seguire, per Bonomi, è un’altra: “il metodo prima delle date” perché L’Italia è stata posta in un regime fortemente restrittivo” mentre i nostri concorrenti in Europa continuano a produrre”. E vanno “benissimo” , aggiunge, “i comitati degli esperti ma la loro proliferazione dà il senso che la politica non ha capito e non sa dove arrivare. Abbiamo un comitato a settimana senza poteri, senza capire dove andare”. Insomma, pare che Bonomi abbia voluto ingaggiare un vero e proprio corpo a corpo contro tutti i soggetti istituzionali e  sociali del Paese. Se il futuro delle relazioni industriali è quello annunciato oggi dal neo presidente di Confindustria sarebbe davvero un disastroso ritorno al passato.

Naturalmente, l’elezione di Bonomi ha suscitato la prevedibile valanga di bigliettini di auguri e qualche malcelato malumore

Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sottolinea come la nomina di Bonomi arrivi “in uno dei momenti più ardui e impegnativi della storia italiana del dopoguerra”. “Le aziende e i lavoratori italiani si trovano di fronte a una sfida senza precedenti: sconfiggere il virus, proteggere la nostra capacità industriale e gestire una graduale ripresa delle attività produttive in condizioni di sicurezza. Il governo è impegnato a sostenere il tessuto produttivo in questo difficile compito”, assicura Gualtieri che ringrazia anche il presidente uscente Vincenzo Boccia per il lavoro svolto in questi anni. Tra i sindacati la Cisl di Annamaria Furlan ha salutato ufficialmente la designazione di Bonomi augurando che possa essere “un interlocutore importante del sindacato, in una fase di ricostruzione e di necessari cambiamenti del sistema produttivo per i quali le parti sociali sono chiamate ad esercitare un ruolo di guida, di innovazione e di responsabilità”. Da parte sua Landini ha risposto così alla domanda postagli da Lilli Gruber: “Bonomi? Colgo l’occasione per fargli gli auguri e i complimenti perché è stato eletto in una situazione inedita per tutti. Non voglio iniziare polemizzando, mi auguro di lavorare bene con lui, abbiamo molto lavoro da fare insieme per cambiare l’impianto del mondo del lavoro. Io ho detto e penso ancora che la salute e i diritti dei lavoratori vengono prima del profitto, e spero che lo pensi anche il presidente di Confindustria”. E il leader della Uil, Barbagallo, “spera che si possa stabilire un clima fattivo di confronto, volto alla soluzione dei problemi del mondo del lavoro. Siamo pronti ad affrontare le questioni con intento dialogante e senza pregiudizi”.

La gestione del virus nelle Regioni leghiste del nord mette a nudo il fallimento del regionalismo nella sanità

Dopo la Lombardia di Attilio Fontana altri presidenti di centrodestra sono scesi in campo per chiedere di uscire, almeno parzialmente e al più presto, dalle misure di contenimento imposte dal governo Conte: Luca Zaia per il Veneto, Alberto Cirio per il Piemonte, Fedriga per il Friuli, Toti per la Liguria.  Per questo Conte ha chiesto a tutte le amministrazioni regionali di avere un quadro e condividere con il governo eventuali scelte di riapertura. “Il vero tema oggi – ha detto Zaia – è tenere tutto chiuso e morire in attesa che il virus se ne vada oppure puntare alla convivenza?”. Per il premier occorre evitare assolutamente che le Regioni vadano in ordine sparso e che le decisioni non siano ponderate a sufficienza, con il rischio di far ripartire il virus. Per questo tra sabato e domenica sarà riunita la cabina di regia, di cui fanno parte anche i rappresentanti degli enti locali, per cercare un punto di convergenza e contenere le spinte centrifughe. Conte vorrebbe arrivare con qualche prima indicazione della task force di Vittorio Colao, che tornerà a riunirsi domani mattina dopo che oggi il lavoro è proseguito per sottogruppi. Il premier sa però che, al di là degli aspetti tecnici, il problema da risolvere è anche, se non soprattutto, politico dato che intorno alla gestione dell’emergenza della crisi da parte del leghista Fontana è in corso un braccio di ferro con Salvini, reso più acceso dalle inchieste e dalle ispezioni avviate dalla magistratura e dallo Stato. Se la Lombardia decidesse di riaprire, ha ricordato la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, “esiste anche la possibilità di avocare dei poteri utilizzando un articolo della Costituzione, il potere in materia sanitaria”. Un conflitto istituzionale che però il presidente del Consiglio vorrebbe evitare. L’esecutivo entro il week-end dovrà però chiudere anche la fondamentale partita delle risorse da destinare al decreto aprile, che conterrà nuove misure per il sostegno e il rilancio dell’economia, ma anche interventi per sostenere le fasce più deboli della popolazione, come annunciato da Conte. Lunedì alle 10 è convocato il Consiglio dei ministri per dare il via libera al nuovo scostamento di bilancio. La relazione dovrà essere trasmessa entro martedì al Parlamento, con il voto già fissato per mercoledì al Senato e venerdì alla Camera. L’ipotesi su cui starebbe lavorando il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sarebbe quella di un nuovo ricorso al deficit superiore all’importo autorizzato dal Parlamento per il Cura Italia, che era stato di 25 miliardi di euro.

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