
Di necessità virtù. L’ormai tradizionale “Marcia di Pasqua” per l’amnistia della Repubblica organizzata da svariati anni dal Partito Radicale, quest’anno è diventata un’altra cosa: una marcia virtuale, una maratona verbale attraverso i microfoni di Radio Radicale. Microfoni aperti alle 11 della mattina, una breve interruzione per trasmettere “l’Alleluja” del pontefice nel messaggio pasquale prima della benedizione Urbi et Orbi, quest’anno in una basilica vuota di fedeli: la sottolineatura dell’invito a superare indifferenze, egoismi, divisioni e l’abbraccio a “quanti sono stati colpiti direttamente dal coronavirus: ai malati, a coloro che sono morti e ai familiari che piangono per la scomparsa dei loro cari, ai quali, a volte, non sono riusciti a dare neanche l’estremo saluto”; e analogo pensiero a chi “agli anziani e alle persone sole…a chi si trova in condizioni di particolare vulnerabilità, come chi lavora nelle case di cura, o vive nelle caserme e nelle carceri. Per molti è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi che la pandemia sta provocando, dalle sofferenze fisiche ai problemi economici…”.
Una lunga “maratona”, che ha visto la partecipazione di innumerevoli personaggi, spesso schierati su sponde diverse quando non opposte: dal cardinale Angelo Becciu a un democristiano di antico pelo e di innumerevoli “traversate” politiche come Clemente Mastella, al parlamentare renziano (ma con una antica iscrizione anche al Partito Radicale) Roberto Giachetti; Vincenzo Vita e Vittorio Feltri, Giuliano Pisapia e Renata Polverini, l’ex ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick e Corradino Mineo; l’ex magistrato Carlo Nordio, e il presidente dell’Unione delle Camere Penali Giandomenico Caiazza; don Ettore Cannavera e Riccardo Iacona… un lunghissimo elenco di aderenti e adesioni; e, coordinate dal segretario radicale Maurizio Turco e dalla tesoriera Irene Testa, un po’ tutti i dirigenti e i militanti storici del Partito Radicale; ognuno con la sua esperienza, i suoi ricordi le sue ragioni, e la comune richiesta: il Presidente della Repubblica conceda in modo massiccio la grazia a quei detenuti che non si sono macchiati di reati di sangue, non sono imputati per reati imprescrittibili, manca solo qualche mese prima che abbiano scontato la loro pena; perché i Procuratori della Repubblica verifichino fisicamente le reali condizioni di detenzione e la loro rispondenza alle leggi; perché i Prefetti verifichino che nelle singole celle siano applicati decreti e ordinanze.
La manifestazione, quest’anno, non si è data come obiettivo solo sensibilizzare istituzioni e cittadini sulla grave situazione delle carceri e sullo stato di diritto. In particolare è stata dedicata ai primi morti di coronavirus in carcere: l’agente di Polizia penitenziaria Gianclaudio Nova; il medico penitenziario Salvatore Ingiulla; il detenuto Vincenzo Sucato. Victor Hugo, ricordano i dirigenti radicali, “a un personaggio de I Miserabili, Gauvon, fa dire che ‘amnistia’ è la parola più bella del linguaggio umano. Noi, ostinati, non vogliamo dimenticare una delle parole più belle che compaiono anche nella nostra Costituzione. Per questo motivo la Marcia, sia pure virtuale”.
Quest’anno, sottolinea il segretario Maurizio Turco, “la valenza è ancora più significativa visto il sovraffollamento che, ai tempi del coronavirus, diventa sempre più insostenibile. Per utilizzare le parole di Marco Pannella, un’attenzione nei confronti dei penitenziari è una «prepotente urgenza» anche per ciò che è accaduto recentemente al Senato per la discussione del decreto Cura Italia. Tutte le associazioni e i giuristi hanno confidato, invano, nell’accoglimento delle loro indicazioni per la riduzione della popolazione penitenziaria per evitare una potenziale ecatombe”. Cita papa Bergoglio, Rita Bernardini: “Dove c’è sovraffollamento, tanta gente, c`è il pericolo che questa pandemia finisca in una calamità grave, ha detto giorni fa papa Francesco durante l’omelia. Sono molti gli istituti in Italia che sono oramai in enorme difficoltà per il propagarsi del virus tra i detenuti e i poliziotti: Bologna, Verona, Voghera e Pisa sono solo alcune delle carceri in cui i contagi si contano a decine da una parte e dall`altra. Siamo molto preoccupati”.
Giovanni Maria Flick, una vita spesa tra codici, trattati giuridici, Corte Costituzionale e ministero di Giustizia, va oltre la contingenza virus. “È arrivato il tempo, non da ora ne sono convinto, di ripensare in modo radicale l’istituto della detenzione quale unica soluzione per i reati; e aggiungo che prima della condanna, non si dovrebbe finire in carcere, e aspettare la sentenza, come accade oggi; le condanne si scontano dopo il processo, non prima. Anche perché sappiamo bene che oltre un terzo dei detenuti viene riconosciuto innocente…”. Un altro “marciatore”, l’ex magistrato Santi Consolo, ricorda: “La Polizia Penitenziaria giorni fa, con un drammatico appello al presidente Conte ha chiesto l’adozione di misure deflattive immediate affermando che l’emergenza sanitaria ha trasformato gli istituti penitenziari in una bomba ad orologeria. La certezza della pena non significa che l’unico modo di espiarla sia il carcere; ciò sarebbe contrario all’ordinamento penitenziario vigente e alla Costituzione”.
Un coro unanime: le misure adottate dal ministro Bonafede sono inadeguate a fronteggiare l’emergenza. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte assicura: “Il governo di certo non si gira dall’altra parte rispetto alla condizione delle carceri…”. Non si sarà girato, ma al momento non si vede nulla di fatto e di concreto. Avvocati, magistrati, il Procuratore Generale della Cassazione prendono posizione per ridurre il sovraffollamento. Il grido di allarme è unanime… Eppure anche nella sola distribuzione delle mascherine, si registrano gravi e diffusi ritardi. Le celle non consentono che i detenuti possano mantenere la distanza prescritta; non ci sono sufficienti stanze adeguate per la quarantena dei detenuti contagiati che non possono conseguire misure alternative.
II Partito più anticlericale sulla scena politica italiana (forse proprio per questo Pannella non si stancava di dire di essere anticlericale, ma intriso di religiosità laica), fa di papa Francesco un costante punto di riferimento e ripete come un mantra il monito che ha sillabato: il sovraffollamento si può trasformare in una calamità grave; per i detenuti, le loro famiglie, e in generale per la società. E ora? “Ora si continua”, risponde Turco. “Ieri abbiamo acquisito un ‘tesoro’ straordinario di adesioni, spunti, riflessioni, suggerimenti. Da subito ci metteremo all’opera per tradurlo in iniziativa politica. Investiremo il Presidente della Repubblica, chiederemo ai dirigenti del Partito Democratico di smarcarsi dalle logiche emergenziali e manettare del Movimento 5 Stelle; chiederemo a quanti hanno partecipato e aderito a questa nostra iniziativa di non mollare. Come diceva spesso Pannella, spes contra spem: non avere speranza, ma essere speranza. Soprattutto i detenuti: nessuna manifestazione violenta, dialogo e lotta nonviolenta, per vincere, ma soprattutto per convincere”.
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