
Si chiama Francesco Sardelli, non è più un ragazzino, è nato alla fine degli anni Settanta, ma non lo dimostra. Non è più un ragazzino che si diverte a scarabocchiare, riempiendo pagine di quaderno di linee, sgorbi di ogni genere. No, per lui le linee e i tondi sono pittura, vera pittura. Verso i trenta anni – dice- “ho scoperto che la mia vera vocazione non era quella di fare il cuoco, si dovrà pur vivere, ma di dedicarmi alla pittura”. Sempre più, fino a diventare la sua vera professione. Già, la pittura e la cucina, un professionista. Forse qualche rapporto c’è. Un buon piatto deve anche avere un bell’aspetto. Ma, a prescindere da queste osservazioni, la realtà è che la prima mostra di Sardelli è stata ospitata nella saletta di un ristorante, “Da Arturo, all’Aurelia Antica”, gestito da Bernardo Folino sempre presente nel ricevere clienti vecchi e nuovi, a tutti un saluto e un invito a visitare la mostra. Un successo di pubblico tanto che Sardelli, che ha deciso di fare il pittore, aveva già in programma un’altra mostra, questa volta a Bevagna, nel corso della Mostra artisti per la Pace il 10 marzo. Bevagna, uno splendido Borgo medioevale nella Valle Umbra, palazzi di altri tempi, botteghe, la cereria, la cartiera, il setificio dove maestri artigiani lavorano con tecniche di mille anni. Ma tutto è stato rinviato, causa coronavirus. La “tela” di Bevagna è nota in tutto il mondo. Alla fine di giugno una grande manifestazione, la cultura e l’arte, la pace, per dieci giorni il Borgo fa festa, si rievoca il mercato nel XIV secolo, si possono gustare i piatti della cucina locale, prodotti genuini, cui il prelibato tartufo, i funghi porcini e gli asparagi di bosco. Tra i primi piatti non si possono non menzionare gli strangozzi, pasta tagliata a fettuccine larghe e condita di solito con sugo di pomodoro, e magari tartufo, e gli gnocchi al Sagrantino di Montefalco, rosso doc la cui area di produzione comprende anche Bevagna. I secondi sono a base di carne (cinghiale, agnello, maiale) cotta per lo più alla brace. Semplici i dolci della tradizione: tozzetti in particolare. La pittura di Sardelli non avrebbe trovato migliore collocazione, dopo l’esordio “Da Arturo, all’Aurelia Antica”, nel Borgo di Bevagna. Gli auguriamo e ci auguriamo che possa esporre, a Bevagna quando finirà l’emergenza. Vedere le sue opere è sempre piacevole.
Lui dice di richiamarsi al suo amico fotografo Pietro Gregorini che usa il mezzo per una ricerca sulla dimensione nascosta e intima del sentimento tra storie diverse. Una selezione di polaroid e scatti in mostra a Milano qualche tempo fa, nel segno della ricerca di armonia. E proprio all’armonia si richiama Sardelli. Diventa, per lui, quasi una ossessione, vera propria angoscia che esprime con tratti semplici, ma intricati. Una intera parete della stanza accoglie i quadri composti da un disegno a senso unico, tante linee tracciate con una bic, una penna a sfera, un lavoro da certosini. Una ricerca di armonia, un segnale della ricerca che fa parte della sua vita, un segnale di angoscia. “Le linee, l’una diversa dall’altra – ci dice – rappresentano gli stati d’animo, gioia, rabbia, paura, un insieme, una ricerca, una risposta sul senso della vita. Il bianco e nero – dice – segnano un periodo della mia storia”. Sposti lo sguardo all’altra parete dove sono altri quadri. Cambia tutto. Non più linee, non più bianco e nero, non più angoscia, ma colori forti, una vera e propria esplosione di colori, che lasciano intravedere volti. Armonia di colori, il pennarello guida la mano a Sardelli, il pittore. Definisce le sue pitture “onirico esistenzialiste”. Forse dà risposte al senso della vita, alla ricerca su se stesso, a ciò che lo ha spinto a diventare u n pittore. Parla di “immagini di stupore, rabbia, illusioni, follia, attraversando sentimenti con tutte le loro sfaccettature, senza possibilità di menzogne”.
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