
Leggiamo, basiti come si dice oggi per far capire che siamo meravigliati, in senso negativo, di quanto vediamo, leggiamo e via dicendo. È capitato di leggere una intervista rilasciata a Repubblica dalla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, Cinque stelle, un ministero di grande importanza cui è affidato il rapporto con i sindacati, che proprio qualche giorno fa con i leader di Cgil, Cisl, Uil ha fissato un cronoprogramma per discutere nel merito della piattaforma, così si chiama in gergo sindacale, che parte dal fisco per arrivare alle pensioni. Il confronto, trattativa dicono i sindacati, incrocia l’iniziativa del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri il quale è deciso ad “arrivare – dice intervenendo a Telefisco – a presentare il disegno di legge delega, bilancio per il 2021 entro aprile e procedere alla sua approvazione anche in parallelo ai lavori dei decreti delegati”. Un impegno netto e chiaro, idee di sinistra, di una forza progressista. Torniamo alla Nunzia Catalfo del cui curriculum si conosce ben poco, salvo che, lo dice, si è sempre occupata di problemi sociali. Forse non basta per fare il ministro del Lavoro, in un governo in cui la forza politica maggioritaria è rappresentata dal Pd anche se per numero di parlamentari, al contrario, i pentastellati sono la maggioranza. Proprio qualche giorno prima delle dichiarazioni di Gualtieri la ministra rispondendo a chi la intervistava a proposito della collocazione possibile dei Cinque stelle in “un campo progressista”, dice il giornalista, “come ormai sostiene anche il premier” afferma: “Le rispondo con una frase di Gianroberto Casaleggio”. E cita: “Un’idea non è né di destra né di sinistra. È una idea buona o cattiva”. E la Catalfo, per chi non avesse capito rafforza: “Questa è e resta la nostra filosofia”. Ci mancava che ricordasse, la Catalfo, quando faceva il tifo per i sovranisti, e in puro stile leghista affermava che l’uscita dall’euro non avrebbe creato problemi.
La ministra che rinnega la storia, la passione del ministro dell’Economia, vicedirettore dell’Istituto Gramsci
Riportiamo questo “siparietto” per far presente quante siano le difficoltà di rapporto fra Pd e Cinque stelle. Rapporto politico. A fronte di una che senza neppure battere ciglio afferma che “un’idea non è di destra né di sinistra” negando la storia, perlomeno a partire dalla Rivoluzione francese fino ai nostri tempi ci viene da pensare a cosa può provare una persona come Gualtieri che “offre”, è proprio il caso di dirlo, la sua cultura ad una compagine governativa che non brilla in una parte dei suoi componenti. Già, perché si dà il caso che il ministro Gualtieri non sia solo uno che ha ricoperto per due legislature ruoli fondamentali nella Unione europea, quale presidente della Commissione Affari economici. L’economia ha fatto parte dei suoi studi, è stata una delle materie del corso di laurea in Storia contemporanea, materia che ha insegnato alla Sapienza di Roma come professore associato. Si iscrive alla Federazione giovanile comunista, segretario, guarda caso era Nicola Zingaretti, percorre tutta la strada che porta fino al Pd di cui diventa uno dei dirigenti nazionali. È vicedirettore dell’Istituto Gramsci. La storia è la sua passione. Sarebbe interessante seguire dal buco della serratura, come si dice, una riunione del Consiglio dei ministri in cui le idee si misurano, si confrontano, richiamano la storia, definiscono programmi, richiamano le grandi culture del passato e del presente. Parole come uguaglianza, solidarietà, lotta al razzismo, antifascismo, democrazia, progresso, pace, di cui c’è tanto bisogno, sono il risultato di culture, di visioni del mondo, richiamano appunto destra e sinistra. E non Casaleggio come fa la ministra Catalfo. Come si usa dire oggi, il “campo progressista” è quello in cui deve operare il governo. Lasciamo perdere, anche se sono importanti, gli equilibri, è la direzione di marcia quella che conta. Senza una bussola, diventerà difficile anche portare avanti il rapporto con i sindacati. La piattaforma Cgil, Cisl, Uil non è neutrale. Obbliga il governo a scelte di campo. Questa è la scommessa per il futuro. Non è un caso che la bussola diventa la riforma fiscale.
Una sfida impegnativa che comporta da parte del governo una precisa scelta politica
In questo quadro si muove il ministro Gualtieri, accelera i tempi, indica il suo obiettivo che, dice, “è quello di arrivare a presentare il ddl delega entro aprile e procedere alla sua approvazione, anche in parallelo ai lavori dei decreti delegati”. ”Noi vogliamo realizzare una riforma fiscale, sappiamo che è un obiettivo molto ambizioso” perché ”vogliamo farlo durante quest’anno”, ribadisce il ministro. ”Sono sempre prudente negli annunci”, dice Gualtieri, secondo il quale ”questa è una sfida necessaria perché siamo arrivati a un livello di affastellamento, scomposizione e complicazione del nostro sistema fiscale che una riforma volta a semplificarlo e razionalizzarlo appare necessaria”. Si tratta di ”una sfida impegnativa”, dice a Telefisco, convegno organizzato dal Sole 24 ore in particolare per ”i tempi che ci siamo dati” e ”richiede una preparazione molto intensa, che stiamo avviando e vogliamo svolgere nel segno della serietà”. Un lavoro che non interessa solo il Mef, le forze politiche o il perimetro della maggioranza, infatti ”ci rivolgeremo e ascolteremo con attenzione i suggerimenti che arriveranno dal mondo degli esperti”. “È evidente che ci troveremo di fronte a molte ricette diverse; il momento fondamentale sarà quello della scelta politica”. ”Una ragione per cui abbiamo deciso, oltre alle note questioni politiche, di non avventurarci in una parziale rimodulazione delle aliquote è stata anche la consapevolezza che gli interventi di questa portata richiedono preparazione, dialogo, lavoro serio e non si possono improvvisare”. Quindi, ”invece di introdurre un altro segmento di riforma”, ”ci siamo dati il 2020 per impostare, lavorare e realizzare una riforma ampia”. ”Siamo determinati a realizzare questo obiettivo, è l’impegno che ci siamo presi”. Sul fatto che ci sarà la rimodulazione delle aliquote Iva “non confermo, perché non abbiamo ancora definito il perimetro della riforma. Stiamo ragionando, esistono varie ipotesi” ha detto il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. “Esistono – ha aggiunto – ragioni solide per chi pensa una rimodulazione del nostro sistema dell’Iva potrebbe generare risorse aggiuntive per la riduzione del carico fiscale, ma esistono altre ragioni per mantenere invariate le aliquote. Il metodo che stiamo seguendo è quello di non fare annunci”.
Istat. Tornano a calare gli occupati: meno posti fissi, autonomi ai minimi
Torna in difficoltà il mercato del lavoro in Italia. A dicembre, dopo i rimbalzi dei mesi precedenti, il numero degli occupati cala anche se il tasso di disoccupazione si mantiene stabile. E in questo quadro retrocede il numero di coloro che possono vantare un posto fisso, mentre si allarga la fascia del precariato. A soffrire particolarmente è l’intero mondo del lavoro autonomo con occupati ai minimi da più di 40 anni. Non peggiora invece il quadro della disoccupazione giovanile anche se il tasso, fermo al 28,9%, resta su livelli comunque altissimi rispetto alle medie europee.A delineare il quadro di dicembre è l’Istat che segnala che a dicembre l’occupazione risulta in calo rispetto al mese precedente, mentre l’inattività cresce e il numero di disoccupati aumenta lievemente a fronte di un tasso di disoccupazione che rimane stabile. Nel dettaglio gli occupati diminuiscono di 75 mila unità (-0,3%) e il tasso di occupazione scende al 59,2% (-0,1%). Il tasso di disoccupazione risulta tuttavia stabile al 9,8% e rimane invariato anche il tasso di disoccupazione giovanile al 28,9%.Se questo è il quadro di riferimento analizzando il dettaglio si vede che si contrae di 75 mila unità il numero di contratti stabili, mentre cresce di 17 mila il numero dei dipendenti a termine che ormai superano la quota dei tre milioni. Sempre più in crisi il lavoro autonomo che a dicembre ha visto sparire 16 mila posti fermandosi poco sopra la quota dei 5 milioni. Il livello più basso dal 1977 che preoccupa le associazioni di categorie e fanno temere una sorta di estinzione per molte categorie del lavoro dipendente. Parallelamente ai dati Istat sono arrivati anche i dati europei forniti da Eurostat. Il tasso di disoccupazione dell’area euro è stato del 7,4% a dicembre 2019, in calo dal 7,5% a novembre 2019 e dal 7,8% a dicembre 2018. Questo è il tasso più basso registrato nell’area dell’euro da maggio 2008.
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