
Nessuna alleanza tra Pd e M5S all’orizzonte. O forse no. L’ipotesi viene smentita durante la direzione del partito democratico dal segretario Nicola Zingaretti, ma il dibattito tra i dem continua. D’altra parte il segretario vuole un partito plurale, senza un uomo solo al comando (alla Salvini, dice, anche se molti pensano a Renzi). La linea ufficiale, scandita durante la Direzione, è “non perseguiamo un’alleanza con i 5 Stelle”. “Ecco la novità: troppe ambiguità, troppe furbizie, troppi silenzi e quindi il maturare di una insostenibile condizione per un ministro della Repubblica” afferma Nicola Zingaretti, motivando la decisione di “maturare la mozione di sfiducia” nei confronti del vicepremier Salvini. “Non so cosa accadrà nel voto di fiducia – aggiunge – ma voglio vedere come si comporterà chi ha ritenuto ovvio il dovere di riferire in Parlamento di fronte al rifiuto del ministro Salvini di farlo e di farlo di fronte al voto del Parlamento”. La giornata di oggi nella sede PD si è aperta con un minuto di silenzio per l’omicidio del carabiniere Mario Rega Cerciello. Quanto al governo gialloverde, il segretario dem ha sottolineato che si è reso “protagonista di politiche fragili che su tanti temi non hanno prodotto nulla”. Una strategia, quella dell’attuale maggioranza, che secondo Zingaretti alla fine “ha isolato l’Italia e ha cancellato dall’agenda del paese il mezzogiorno d’Italia” dando vita ad una fase caratterizzata da totale incertezza. “Io credo – afferma – che sicuramente in questa ultima crisi abbiano influito i risultati catastrofici prodotti in 13 mesi di governo, a cominciare dal dato drammatico del blocco della crescita e di fatturati di imprese che calano. Prevale rispetto a questo complesso di questioni una percezione di fuga del governo dalle proprie responsabilità”.
Ma molti renziani arrivano al Nazareno masticando amaro
Il sindaco di Milano, Beppe Sala, accreditato come possibile candidato premier, ha prospettato apertamente un dialogo con i pentastellati dopo eventuali elezioni. “Dovremo essere pronti a costruire alleanze – dice il sindaco a Repubblica – anche con chi verrà dopo Luigi Di Maio alla guida del Movimento”. Parole che non sono piaciute alla vecchia guardia, guidata dal senatore semplice di Scandicci. “Non vedo davvero che cosa abbiamo in comune con loro”, attacca l’ex sottosegretario Sandro Gozi, arrivato a Roma direttamente da Parigi, dove tiene le fila con il partito di Emmanuel Macron. Che dire di Beppe Sala, quindi? “Penso che sia un ottimo sindaco di Milano, e sarebbe anche un perfetto candidato premier per il centrosinistra”, risponde con iniziale apertura Carlo Calenda, che poi attacca: “Però, come si fa a dire che vogliamo governare il Paese con M5S, oltre che ad insultarci quotidianamente, stanno governando in modo disastroso?”. Calenda porta con sé un faldone con 25mila firme, raccolte in pochi giorni a sostegno del suo ordine del giorno. Il documento, spiega, mira ad affrontare “tre problematiche fondamentali del Pd che sono chiarezza sull’alleanza con M5S, un’alternativa da costruire senza fare un’opposizione di rimbalzo, un maggiore coordinamento. L’odg viene citato da Zingaretti in Direzione: “Ne ho condiviso lo spirito”, dice, aggiungendo di aver nominato una “delegazione ristretta”, di cui fa parte assieme al presidente, i capigruppo e il suo vice, proprio per dare capacità di iniziativa. Alla fine, Calenda ritira il suo odg e i 3 punti vengono avallati dall’intera Direzione. Ad ogni modo, rimangono punti di vista distanti, forse non conciliabili se davvero si vuole arrivare a parlare coi grillini. Lo stesso Dario Franceschini, che nei giorni scorsi aveva parlato di un grande errore nel non dialogare con i pentastellati, dice che “finalmente si è avviata una riflessione collettiva sul rapporto tra noi e il M5S, con idee diverse ma con un punto in comune: nessuno sta proponendo un governo con loro”. La riunione si chiude con l’approvazione, senza voti contrari e con 24 astenuti, della relazione di Zingaretti. Tra le astensioni c’è quella di Gianni Del Moro, in polemica con il commissariamento del Pd siciliano, affidato a Alberto Losacco dopo l’annullamento dell’elezione del segretario regionale Davide Faraone. Il deputato sostiene che “annullare l’elezione di un segretario regionale dopo 8 mesi dalla sua elezione, rispondendo a dei ricorsi di 7 mesi fa con una decisione assunta a maggioranza 6 a 3 senza una condivisione politica, crea un precedente pericoloso”. “Io conosco solo un commissario, il commissario Montalbano. C’entra un Zingaretti ma non è il segretario del Pd”. E’ il messaggio che il senatore Davide Faraone ha inviato in una chat condivisa tra ‘renziani’ del Pd, col quale commenta, in modo ironico, la nomina, da parte del leader Nicola Zingaretti, di Alberto Losacco a commissario del partito in Sicilia.
M5S: facilitatori e mandato zero, sì di Rousseau a Di Maio
Tira un sospiro di sollievo, almeno sul fronte interno, Luigi Di Maio. Alle prese con i complicati rapporti con l’alleato di governo leghista e col premier Giuseppe Conte dopo il sì alla Tav, il leader grillino oggi ha incassato cinque sì sulla piattaforma Rousseau su altrettanti quesiti relativi alla riorganizzazione del movimento più volte illustrata nelle scorse settimane con interviste e video sul blog delle stelle. Il più importante, quello sul cosiddetto ‘mandato zero’, vale a dire la deroga per i consiglieri comunali alla regola del doppio mandato, che aveva suscitato ironie dagli altri partiti e qualche perplessità da attivisti ed eletti “ortodossi”, come ad esempio il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra. Su questo punto il “sì” ha incassato il 68% dei voti online, pari a poco più di 17mila utenti registrati, mentre più bassa è stata la percentuale (60%) di quanti hanno detto sì alla possibilità di candidarsi, sempre per i consiglieri comunali, ad altre cariche elettive nel corso del mandato successivo al “mandato zero”, interrompendolo però in caso di elezione. Più alte le percentuali dei sì per i quesiti inerenti alla riorganizzazione della struttura nazionale e regionale del partito, con la creazione del cosiddetto “team del futuro” da parte dei “facilitatori” (una sorta di segreteria nazionale con responsabili tematici): sui facilitatori nazionali la percentuale dei sì è stata dell’84,8% (20.654 voti), mentre sui facilitatori regionali i sì sono stati l’85,1%. Rilevante anche il voto sulla sperimentazione di accordi, a livello locale, con le liste civiche: 19mila per i sì, pari al 78,1%, contro 5.329 no. Un voto, dunque, in linea coi dati numerici delle precedenti consultazioni online, ma che contribuisce a stabilizzare la leadership di Di Maio, in una fase delicata e in vista di scadenze come la legge di bilancio. A proposito di scadenze, gli attivisti grillini saranno di nuovo chiamati al voto tra la fine di agosto e settembre sui nomi dei facilitatori, per arrivare con tutte le caselle riempite alla kermesse napoletana “Italia sotto le stelle” del 12 e 13 ottobre, quando saranno festeggiati i primi 10 anni di vita di M5s.
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