
Cambiamento anche nel Pd. Ovviamente non è quello propagandato dal governo giallo-verde ma un cambio di passo, una nuova fisionomia con nuove priorità che possano permettere al Partito democratico di porsi come argine a quella che si ritiene una pericolosa deriva della destra. E nello stesso tempo di imporre un’altra agenda, altri temi senza essere subalterni nel dibattito politico. Insomma “una rivoluzione” nel Pd, a partire dal sistema delle correnti che “soffocano” il partito. Tutto ciò con alla base una riforma dello statuto dem, cui lavorerà una commissione ad hoc guidata dall’ex segretario Maurizio Martina. E’ questa la linea dettata sabato all’assemblea Pd, riunita all’hotel Ergife a Roma, dal segretario Nicola Zingaretti.
Serve una “una nuova agenda per battere la destra”, serve “una rivoluzione o non ce la facciamo a svolgere il nostro ruolo”, ha avvertito Zingaretti. “Dobbiamo cambiare tutto – ha aggiunto – perché il Pd è l’unica alternativa credibile a questa deriva italiana”. Un cambiamento che passa, secondo il segretario, attraverso uno stop alle correnti. “Non si può andare avanti – ha detto – con un partito che è un arcipelago di luoghi in cui si esercita in modo disordinato la sovranità. Il regime correntizio appesantisce e soffoca tutto. Ci sono realtà territoriali feudalizzate, che si collocano con un leader o con un altro a prescindere dalle idee, solo per convenienza”. L’obiettivo, per Zingaretti, è quello di “essere proprietari del nostro destino”. Soprattutto in un momento in cui il Movimento 5 Stelle “ha perso l’anima, sono diventati un’amara stampella” e quindi “tanti elettori se ne stanno accorgendo”. Ma Zingaretti non guarda solo ai grillini, c’è occhio anche per la Lega. La formazione di Matteo Salvini rappresenta la “vecchia destra che torna” e per batterla, ha ribadito, “non serve più urlare ma un piano per l’alternativa. Basta con la timidezza”. Anche perché il modello proprosto da Salvini, quello dell’uomo solo al comando, ha sostenuto Zingaretti (pensando forse anche a recenti esperienze nel Pd) “non funziona, ma porta a un partito che sopravviva ai suoi leader”. Invece “serve un partito radicalmente nuovo, una comunità organizzata”.
Un partito che abbia, ed ecco le indicazioni del segretario, un programma basato su “economia green e un nuovo sistema fiscale. Altro che flat tax”. Non dimenticando la separazione delle cariche di segretario e candidato premier. Di grande importanza, ha spiegato Zingaretti, sarà la consultazione online del programma, un uso insomma più aderente alla realtà degli strumenti social. Consapevoli di quanto stanno facendo Lega e Movimento 5 Stelle ma non per questo rincorrerli. Il segretario ha ricordato che il coordinamento del Pd digitale sarà affidato a Francesco Boccia. “In autunno – ha spiegato – saremo pronti con la nostra nuova piattaforma online che non sarà un commentificio alla Rousseau, ma un luogo di partecipazione”. Sulle regole, ha continuato, “diamoci tempi certi: entro novembre una decisione sullo statuto. Ma ora lavoriamo assieme a partire dai forum, apriamo subito punti Pd tematici dove i circoli non ci sono”. L’obiettivo, come detto, è un nuovo statuto del partito ed oggi è stata insediata la commissione “Riforma dello statuto e del partito”, guidata da Maurizio Martina, che nei prossimi mesi lavorerà al compito di redigere le nuove regole comuni. In questo quadro significativo è stato il lancio della Costituente delle Idee, appuntamento con l’obiettivo di cominciare a ragionare sulla riforma dello statuto, che si terrà a Bologna dall’8 al 10 novembre prossimi. Un modo per rendere il più possibile aperto il dibattito sulla riforma delle regole del partito. Il ragionamento di Zingaretti in ogni caso parte da quello che ritiene un dato certo: “Il consenso per il Pd è in aumento, e se non ne parlano non è perché siamo deboli ma perché iniziano ad avere paura”. E a questo punto, “non voglio più solo criticare il governo di Conte, Salvini e Di Maio, ora voglio sconfiggerlo”.
Zingaretti pensa al presente e lancia dunque la costituente delle idee, un confronto con la base che avrà il suo punto di arrivo a Bologna dall’otto al 10 novembre. Il decalogo programmatico è già sul tavolo: giù le tasse sul lavoro, un ‘green new deal’ da 50 miliardi, azzerare i costi dell’istruzione dall’asilo all’università, salute per tutti, riforme, un piano da 200 miliardi per le opere pubbliche, una seria politica industriale, sicurezza reale e non quella dei decreti Salvini, un’Italia per i giovani. “Occorre crescere e occorre farlo tutti insieme. Noi non abbiamo la presunzione di saturare ogni spazio politico. Vogliamo costruire un’alleanza. Vogliamo spingere anche altri a costruire anche forze politiche, ma non riduciamo tutto a termini nominalistici. Non bastano a organizzare il consenso. Parliamo della vita, non del Grande Fratello. Aggreghiamo e non dividiamoci”, è l’avvertimento.
Il Pd, infine, punta ad “una svolta nel concetto stesso del diritto allo studio, che diventi – ha spiegato Zingaretti – diritto alla conoscenza. I tassi di evasione scolastica al 14,5 per cento e il blocco dell’ascensore sociale hanno raggiunto livelli intollerabili e incivili e nessuno se ne occupa. Eurostat conferma che investiamo in istruzione il 3,8 per cento del Pil a fronte di una media europea del 4,6 per cento. Ora basta – ha sottolineato il segretario dem -. Proponiamo una misura totalmente nuova e di civiltà per le famiglie che non ce la fanno, proponiamo di azzerare i costi dell’istruzione dall’asilo nido alla laurea: 7 milioni di famiglie con figli a carico e Isee sotto i 25.000 euro. Formazione a costo zero, non è mai stato fatto, è tempo di cominciare. E dentro il concetto della formazione c’è un pezzo della competitività del nostro sistema produttivo, che deve rimettere al centro la persona e l’investimento su di essa. Dobbiamo potenziare gli investimenti in formazione continua che oggi coinvolge solo l’8 per cento dei lavoratori”.
Per quanto riguarda la sanità, “vogliamo – ha spiegato Zingaretti – aprire gli occhi all’Italia sul diritto costituzionale alla salute. Siamo in presenza di una silenziosa e progressiva offensiva contro l’universalismo. La salute è cura della persona, è sviluppo e crescita, è futuro. Attenti, i buchi di bilancio colpiranno lì e arriveranno molto prima di quanto immaginiamo sgretolando il diritto costituzionale alla salute. Generando e rafforzando intollerabili principi di disuguaglianza sociale. E’ tempo di riprendere una grande battaglia culturale e di investimento che coinvolga l’Università, l’industria e la scienza. Proponiamo quota 10 miliardi in 3 anni come barriera per 100.000 nuovi assunti nel sistema pubblico o le prestazioni verranno meno. Vogliamo un Italia più semplice per vivere e per produrre – ha osservato Zingaretti -. E’ tempo, con il protagonismo dei nostri amministratori, di riprendere i fili di una potente semplificazione e riforma del nostro sistema istituzionale bloccato dopo il no ai referendum. Io dico: riapriamo insieme la grande riforma federale e delle funzioni dei vari livelli dello Stato che, se non funziona, muore. Accettiamo la sfida di una riforma, è possibile per la stragrande maggioranza dei permessi e autorizzazioni che producono i vari livelli dello Stato. Investiamo risorse e formazione per introdurre il tempo massimo di 100 giorni per produrli. Dopo silenzio assenso e controlli ferrei. Diamo a tutti 1 anno per adeguarsi, riorganizzarsi, se necessario con incentivi e poi si parte”.
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