
L’accordo tra Italia e Malta per lo sbarco dei naufraghi della nave Alex della ong Mediterranea pare sia stato concluso, ma ancora non si vedono sviluppi concreti. La Valletta è disponibile ad accogliere gli immigrati a bordo della Alex, e Roma ne riceverà altrettanti da Malta per lasciare invariata la pressione dell’accoglienza sull’isola. La notizia arriva da fonti del Viminale, che sottolineano che l’Italia è pronta ad offrire “massima collaborazione” per il trasbordo dei migranti a patto che la nave Alex attracchi a la Valletta “per le verifiche di legge”. Da parte sua, con un comunicato, il governo maltese spiega che dopo i contatti intercorsi con il governo italiano “è stato deciso che Malta trasferirà 55 migranti, che sono stati salvati in mare al largo della Tunisia e che sono a bordo della nave Alex, a bordo di una nave delle forze armate di Malta e saranno accolti a Malta. D’altra parte, l’Italia prenderà 55 migranti da Malta”. Intanto, 13 persone – 4 donne incinte, 4 figli piccoli, 2 papà, 2 accompagnatrici e un bambino di 11 anni non accompagnato -, considerati casi ‘fragili’, sono stati prelevati da una motovedetta della Guardia costiera dalla Alex: da chi è ancora a bordo, però, viene descritto un quadro complessivo preoccupante perché, viene riferito, comincia a scarseggiare l’acqua da bere e manca quella per lavarsi, e ci sarebbero diversi casi di scabbia e di altre infezioni. In particolare, è Alessandro Metz, armatore di Mediterranea a far sapere, via Twitter, che “la situazione della nostra imbarcazione e le condizioni delle persone a bordo non ci consentono di affrontare viaggio fino a La Valletta. Quindi chiediamo che si muovano le motovedette della guardia costiera italiana o maltese: effettuino un trasbordo”.
Mediterranea denuncia: “Ma chi sta intralciando l’operazione?”
“La Nave Alex di Mediterranea, è rimasta bloccata in acqua internazionali per tutto il giorno sotto il sole a picco. Un’imbarcazione che non è attrezzata per garantire a lungo la sicurezza di un numero così alto di persone, e che è stata costretta a imbarcare i naufraghi per una questione di vita o di morte” scrive su Twitter Mediterranea Saving Humans. “Per questo era ed è impossibile affrontare la traversata verso Malta. Aspettiamo navi attrezzate della Guardia Costiera italiana o delle autorità maltesi per trasportare queste persone in sicurezza. La giornata di oggi è stata lunghissima. Per loro, interminabile”, prosegue. “Sono passate 3 ore da quando il Ministero della Difesa ha annunciato di aver messo a disposizione navi della Marina Militare per evacuazione, trasferimento e sbarco a Malta delle 41 persone salvate ora a bordo di nave Alex. Niente pare muoversi. – conclude Mediterranea – Chi sta intralciando l’operazione?”.
La nave Alan Kurdi della ong Sea Eye salva 65 naufraghi. Ancora in attesa della risposta per un porto sicuro
In queste stesse ore, la nave ‘Alan Kurdi’ della ong tedesca Sea Eye, dopo aver soccorso 65 migranti al largo della Libia, attende una risposta dalle autorità marittime di Malta, Roma e Tripoli, a cui ha lanciato un appello per la presa in carico dei migranti. Il Viminale ha reso noto che sta predisponendo il divieto di ingresso in acque territoriali italiane per la nave, che, riferiscono fonti del ministero “potrà fare rotta verso la Tunisia o verso la Germania. Anche in questo caso, la posizione del governo italiano è perfettamente coincidente con quella di Malta. Due Paesi che stanno subendo, ormai da anni, l’indifferenza e l’incapacità dell’Unione europea”. Ma dalla nave Alan Kurdi si chiarisce che “la cosiddetta guardia costiera libica ci ha inviato un’e-mail di assegnazione di un porto in Libia” per far sbarcare le 65 persone a bordo di Alan Kurdi” ma “abbiamo respinto questa indicazione”. La ong tedesca Sea Eye aggiunge: “La guardia costiera finanziata dall’Ue ci chiede – aggiunge l’Ong – di violare il diritto internazionale. Non riporteremo le persone salvate nelle prigioni di tortura libiche”. Il porto di sbarco indicato dalle autorità libiche alla Alan Kurdi – come si legge nello scambio di mail pubblicato sui social dalla Sea Eye – è Zawiyah, e a questa richiesta il capo missione e il comandante della Alan Kurdi rispondono spiegando che la nave batte bandiera tedesca quindi è obbligata ad aderire alle leggi tedesche e internazionali che riguardano il salvataggio delle persone in pericolo in mare, leggi secondo cui un’operazione di salvataggio è conclusa solo con il trasporto dei naufraghi in un porto sicuro. Ricordando anche la convenzione di Ginevra sui rifugiati, che “un posto dove le persone salvate sono sotto un dimostrato pericolo di persecuzione o maltrattamenti non può essere considerato in termini della legge internazionale del mare un porto sicuro”. “E’ sufficientemente documentato che i migranti in Libia sono soggetti al traffico di esseri umani, torture, lavori forzati, sfruttamento sessuale, detenzione arbitraria e i campi dei rifugiati sono esposti agli attacchi missilistici”, sottolineano il comandante e il capo missione, per questo Alan Kurdi, non può, anzi è “rigorosamente obbligata” a rispettare le leggi e a non sbarcare i migranti in un porto libico.
E mentre nel Mediterraneo si combatte per la vita di centinaia di naufraghi, nel Pd volano gli stracci sui migranti
Che Matteo Renzi dovesse rientrare nel dibattito interno al Pd e al centrosinistra era atteso, visto che tra una settimana si terrà il primo evento dei suoi Comitati Ritorno al Futuro; inaspettato però è stato il modo con cui ha riaperto la polemica sui migranti con uno sguardo rivolto al passato. Sotto accusa Gentiloni e Minniti e le loro politiche per limitare il numero di migranti che partivano dalla Libia e la mancata richiesta di fiducia in Senato sullo ius soli a cui ha attribuito la sconfitta elettorale. Una posizione a cui il segretario Nicola Zingaretti replica seccamente e per stoppare la girandola di polemiche. Renzi? La sua è “una severa autocritica”. In una lettera a “Repubblica”, l’ex premier rivendica le scelte del suo governo, a partire dalle migliaia di vite umane salvate nel Mediterraneo, in nome dei valori che vanno contrapposti al “becero tono della destra”. Renzi difende anche il suo “aiutiamoli a casa loro”: “non è sbagliato dirlo, è sbagliato non farlo”. Cosa ha dunque determinato la sconfitta del 4 marzo 2018? La mancata fiducia da parte di Gentiloni sullo ius soli e l’aver “sopravvalutato” la questione immigrazione “quando nel funesto 2017 abbiamo considerato qualche decina di barche che arrivava in un Paese di 60 milioni di abitanti, ‘una minaccia alla democrazia’”. Un’allusione ad una frase di Minniti seppur distorta nel senso. Era noto che i rapporti di Renzi con Gentiloni si fossero raffreddati, mentre nei riguardi di Minniti si ricordavano le parole di condivisione delle sue scelte, culminate il 2 marzo nell’indicarlo tra i possibili candidati premier in caso di affermazione del Pd alle urne. I due finiti sotto attacco hanno preferito non replicare. A prendere le loro difese ci ha pensato subito Carlo Calenda, rivolgendosi a Renzi a muso duro: “A prescindere dal fatto che i provvedimenti sono tutti stati votati dal Pd di cui eri segretario, sai benissimo che l’emergenza c’era e come”. Con l’ex premier si sono schierati Matteo Orfini, Anna Ascani, Luciano Nobili, Sandro Gozi, mentre altri come Barbara Pollastrini, impegnata sullo ius soli e quindi delusa allora dell’affossamento della legge, ha ricordato che Renzi era segretario e “qualche responsabilità l’aveva”. Zingaretti questa volta ha evitato la diplomazia: “Renzi era il segretario e rieletto con grande consenso dalle primarie Pd. Faccio fatica a credere che questi temi gli siano sfuggiti di mano quindi interpreto l’intervista anche come una severa autocritica”. Marina Sereni, della segreteria nazionale, sintetizza: “Di fronte alle quotidiane strumentalità di Salvini sulla immigrazione, pure tra le nostre fila viene la voglia di tornare a dividersi sul passato. Ma basta! L’immigrazione è una questione epocale, richiede una nostra risposta strategica. Possiamo andare oltre l’esperienza dei nostri governi o vogliamo rimanere inchiodati lì?”.
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