
Da una parte i toni soddisfatti di Giuseppe Conte, che parla di lavoro “proficuo”, dice di intravedere la “dirittura finale”, addirittura l’apertura di una finestra che consenta di portare il provvedimento presto in Consiglio dei ministri. Dall’altra ci sono i governatori, a cominciare dai leghisti Zaia e Fontana, che promettono fuoco e fiamme. “Così non la firmiamo”. Insomma, finisce con un braccio di ferro il nuovo tentativo di cercare la quadra sull’Autonomia differenziata tanto cara al Carroccio. A palazzo Chigi nel pomeriggio si tiene l’ennesimo vertice che comunque non è risolutivo, dal momento che resta in piedi il problema dei Beni culturali rinviato alla prossima settimana. E’ stato però affrontato un altro nodo, quello dell’istruzione. Alla fine a passare è la linea del M5s: soppresso l’articolo 12 del testo che prevedeva l’assunzione diretta dei docenti su base regionale. I pentastellati si intestano il successo. “La scuola resta di competenza nazionale: non ci saranno dipendenti di serie A e di serie B, né differenze tra stipendi e programmi”, si legge in una nota. “Questa riforma non recherà nocumento a nessuna Regione, non vogliamo un’Italia frammentata nelle opportunità, ma un’Italia in grado di competere”, assicura Conte.
Soddisfatti, ma con cautela i segretari generali dei sindacati dell’istruzione Flc Cgil, Cisl e Uil
A proposito della presunta soppressione dell’articolo 12 dell’intesa, che elimina dal tavolo tra governo e Regioni le competenze relative all’istruzione, intervengono i tre segretari generali dell’istruzione di Cgil, Cisl e Uil, Francesco Sinopoli, Maddalena Gissi e Pino Turi. Secondo Sinopoli, “è una buona notizia per la scuola e l’istruzione da ricondurre alle tante iniziative messe in campo in questi mesi dai sindacati dell’Istruzione che hanno portato all’Intesa sottoscritta il 24 aprile scorso a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Conte e il ministro Bussetti”. Tuttavia, aggiunge il segretario generale Flc Cgil, “attendiamo di leggere i testi per misurare la coerenza degli impegni governativi sulla completa esclusione del sistema Istruzione da ogni ipotesi di regionalizzazione, tema sul quale quale non transigeremo”. E la leader della Cisl scuola incalza: “Se così fosse – spiega la sindacalista – verrebbero rispettati gli impegni assunti nell’intesa di Palazzo Chigi del 24 aprile, un’intesa che è frutto anche di una positiva interlocuzione col MIUR e col ministro Bussetti. Fatta salva l’unitarietà del sistema, delle procedure di reclutamento e della disciplina contrattuale affidata al contratto nazionale, è senz’altro possibile affrontare il tema della continuità di servizio dei docenti, su cui del resto già i contratti sulla mobilità prevedono vincoli e incentivi alla permanenza sulla stessa sede”. Pino Turi, della Uil, ricorda l’impegno del sindacato contro l’autonomia differenziata: “abbiamo impegnato il personale della scuola, abbiamo coinvolto i cittadini raccogliendo le firme nelle città, abbiamo difeso in ogni sede il valore costituzionale del nostro sistema scolastico, abbiamo negoziato fino a chiudere, ad aprile, a Palazzo Chigi, con il Premier Conte, il ministro Bussetti e il sottosegretario Giuliano, un accordo che oggi sta portando i suoi frutti. Possiamo dire con serietà, che non ci siamo risparmiati su questo tema cruciale – aggiunge Turi. L’amministrazione e il ministro stanno mantenendo gli impegni. Adesso ci attendiamo che questo brutto sogno finisca e che sulla scuola non ci siano più tentativi di divisione, né classifiche, né primi e né ultimi”.
La partita, però, è tutta ancora da giocare. Anzi, molti esponenti di primo piano della Lega sembrano inferociti dopo il vertice di Palazzo chigi
Come dimostra un post su Facebook della ministra Erika Stefani, titolare della materia. “L’Autonomia – afferma – funziona se c’è quella finanziaria. Non accetteremo nessun compromesso. Chi riesce a garantire servizi efficienti riuscendo a risparmiare dovrà gestire come meglio crede queste risorse”. Ma a tuonare sono soprattutto i presidenti delle Regioni interessate. Proprio a loro Conte si è rivolto durante la conferenza stampa al termine del vertice. “Probabilmente – ha affermato – i governatori interessati non avranno tutto quello che hanno chiesto ma ci sta, è un negoziato tra Stato e Regioni”. Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, è molto critico. “Mi ritengo assolutamente insoddisfatto – spiega – dell’esito del vertice di oggi sull’Autonomia. Abbiamo perso un anno in chiacchiere. Aspettiamo di vedere il testo definitivo, ma se le premesse sono queste, da parte mia non ci sarà alcuna disponibilità a sottoscrivere l’intesa”. Luca Zaia punge il premier “Non condivido tutti questi festeggiamenti che qualcuno sta facendo”. “Il presidente del Consiglio Conte – aggiunge – può dire quello che vuole, parla dell’attività del Consiglio dei ministri ma di certo non delle nostre volontà. Voglio ricordare ai cittadini che il Presidente del Consiglio in questo momento sta tentando di fare una bozza da proporci per il contratto da firmare. Diremo noi se ci va bene o no”.
E nel rumoroso silenzio di Salvini, il governatore Zaia affonda il colpo contro il M5S. Vuole tutte le 23 materie, compresa l’istruzione, altrimenti non firma
“Ci sentiamo presi in giro”, prosegue il governatore del Veneto, Zaia. “Questa partita si può risolvere nel giro di qualche giorno, si diano da fare, si rimbocchino le maniche e ci diano una loro idea di autonomia”. Il presidente del Vento Luca Zaia non ci sta e vuole che i lavori per l’autonomia arrivino presto ad una conclusione. Per questo ha spiegato che: “Ferme le 23 materie, c’è un punto fondamentale: la norma finanziaria. Perché quando uno fa un progetto di autonomia, deve mettersi d’accordo col Governo rispetto ai soldi. A me risulta che abbiano ancora da ridire sulla norma finanziaria che è stata decisa mesi fa e ci dicono non sappiamo da chi è stata decisa. Allora ci dicano con chi dobbiamo parlare”. Zaia definisce il dibattito “lunare”: “A me sembra lunare questo dibattito, che dicano che non vogliono l’autonomia, allora sarebbero più coerenti ad andare in Parlamento e chiedere la modifica della Costituzione. Sono riusciti a dire che la Costituzione è incostituzionale. Questa è la politica del carciofo, un petalo al giorno per arrivare al cuore, ma ad un certo punto il carciofo…che stiano attenti”. E sull’istruzione affonda il coltello il governatore della Lombardia, che motiva così il suo rifiuto di firmare un’intesa col governo che non preveda anche la scuola: “anche sul tema dell’istruzione si è dimostrato di far prevalere logiche sindacal-corporative alle esigenze dei nostri studenti, che hanno diritto ad avere una continuità per tutto il percorso scolastico, senza trovarsi, come accade, con docenti sempre differenti o che spesso arrivano dopo mesi dall’inizio dell’anno. Non interessa il bene dei nostri ragazzi, non interessa il bene del nostro Paese. Si vogliono continuare a difendere questi centri di potere, che vogliono mantenere in vita l’Italia dell’inefficienza”. Uno schiaffo durissimo ai sindacati, alle regioni del Mezzogiorno, e soprattutto a chi lavora nel mondo dell’istruzione, e proviene dal sud, come se davvero la mancanza di continuità didattica dipendesse da loro, e non, ad esempio, dagli effetto nefasti di quota 100 (sui quali ovviamente i governatori leghisti nulla hanno da dire).
Fassina, LeU: “coinvolgere il Parlamento, basta trattative segrete”
Fa bene dunque Stefano Fassina, deputato di Liberi e Uguali, a rilanciare la centralità di un dibattito parlamentare che faccia uscire finalmente la questione dell’autonomia dalle asfittiche e segrete stanze di Palazzo Chigi. Fassina afferma: “aulla cosiddetta Autonomia differenziata, il Presidente Conte ci informa che si va avanti a negoziare e che siamo in dirittura d’arrivo. Ma come si può arrivare a condividere intese senza aver prima discusso e approvato in Parlamento i principi fondamentali di declinazione dell’Art. 116, Terzo comma della Costituzione? E senza aver prima definito e approvato in Parlamento i Livelli Essenziali delle Prestazioni e i fabbisogni standard? Le intese sull’Autonomia differenziata hanno portata costituzionale non sono affare privato di M5S e Salvini-Lega Nord. Basta trattative segrete. Va coinvolto il Parlamento per dare al confronto la cornice sociale e di bilancio necessaria ad evitare la rottura irreversibile dell’Italia”. Ed è su questo che i presidenti delle due Camere dovrebbero intervenire con molta forza.
A 48 ore dalla chiusura della ‘finestra’ elettorale va in archivio una nuova giornata di questa strana crisi-non crisi, in cui l’esecutivo pare sempre a un passo dal baratro, senza mai arrivarci
Oggi sembrava si fosse un po’ allentata la tensione tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che però, chiedendo di fatto la testa dei ministri pentastellati Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta, ha irritato il premier Giuseppe Conte, finito poi nel mirino dei leghisti. La cronaca della giornata inizia di buon mattino con Di Maio che, ad “Agorà” su Rai3, tende la mano al collega vicepremier leghista. “Io – assicura – escludo che ci possa essere una crisi perché queste purtroppo sono dinamiche di un governo di due forze politiche che sono diverse, il M5S e la Lega”. Dunque serve trovare una sintesi, con un chiarimento personale. “Credo – la sua proposta – che soprattutto in una giornata come oggi sia giusto incontrarsi con Matteo Salvini. Ci chiariamo, spostiamo qualche appuntamento dal calendario. Ci vediamo. Troviamo come sempre un punto per continuare. Ed andiamo avanti”. L’incontro però non c’è stato. Salvini, come annunciato, marca la distanza che sente, in questo momento, dall’esecutivo restando lontano da Roma, dal Consiglio dei ministri e dal vertice sulle autonomie, in cui la Lega deve incassare una ‘sconfitta’ sulla scuola, che resterà di competenza statale. Tramite il suo staff, il leader del Carroccio risponde positivamente all’offerta di pace di Di Maio, ma senza deporre le armi. “Ci vedremo sicuramente – afferma – ma a colpi di no l’Italia non può andare avanti. Il problema non è Di Maio, ma la politica dei no e dei blocchi da parte di molti dei 5Stelle”. Per il leader leghista “Di Maio è persona corretta e perbene, ma sono inaccettabili i no e i blocchi quotidiani di opere e riforme da parte dei 5Stelle. Ieri Toninelli (con centinaia di cantieri fermi) che blocca la Gronda di Genova, che toglierebbe migliaia di auto e di tir dalle strade genovesi; oggi il ministro Trenta che propone di mettere in mare altre navi della Marina, rischiando di attrarre nuove partenze e affari per gli scafisti”. La parola che i leghisti non pronunciano (e anzi ufficialmente smentiscono) è “rimpasto”.
In particolare è la ministra Trenta che Salvini e i suoi, dopo i contrasti sui salvataggi in mare dei migranti, vedono come il fumo negli occhi, arrivando ad adombrare un “accordo segreto” della titolare della Difesa con la neo presidente della commissione Ue Ursula Von Der Leyen “per condizionare il voto degli europarlamentari M5s”. E magari, sussurrano, per diventare commissaria Ue. Da parte sua, Conte sparge ottimismo e cerca di allontanare il fantasma della crisi, ma senza risparmiare qualche frecciata a Salvini. “Non è arrivata nessuna richiesta di rimpasto”, spiega in conferenza stampa. Quanto alle critiche a Trenta e Toninelli, assicura, “io sono soddisfatto della mia squadra, stiamo lavorando molto bene. I miei ministri li difendo contro tutti, se qualcuno ha qualche osservazione segua il binario istituzionale”. Il premier, che rivela di sentire “spesso” il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ribadisce di non voler “vivacchiare”, anzi, lavorerà anche ad agosto, limitando le ferie a “qualche fine settimana”, perchè “stiamo riformando il Paese”. Parole che irritano i leghisti, che con il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo si dicono “esterrefatti” dalla “soddisfazione di Conte”, mentre “l’azione di governo è innegabilmente frenata da incomprensibili no e continui pareri ostativi”. A questo punto l’interrogativo è se Salvini sarà disposto o meno a chiedere ufficialmente la rimozione dei ministri sgraditi, aprendo un percorso la cui destinazione non è prevedibile. Anche perchè, in questa eventualità, anche i pentastellati avrebbero qualcosa da ridire su alcuni esponenti di governo alleati. La farsa non è ancora finita, e il sipario non è ancora calato su questo governo.
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