Nuccio Iovene. Dinanzi alle sfide di sindacati e movimenti, e all’attacco della Lega, il centrosinistra continua a sbagliare

Nuccio Iovene. Dinanzi alle sfide di sindacati e movimenti, e all’attacco della Lega, il centrosinistra continua a sbagliare

Alla fine anche i ballottaggi hanno confermato il vento in poppa per la Lega, che traina tutto il centro desta, e conquista Comuni importanti e fino a questo momento inespugnabili. Anche la sceneggiata preelettorale tra i due vice si è andata affievolendo, i toni sono sempre più sfumati e la volontà di voler per il momento andare avanti riaffermata in tutte le occasioni pubbliche. Nei prossimi mesi ci sono altri importanti passaggi elettorali (le regionali in Emilia Romagna, Umbria e Calabria), i 5 Stelle non hanno alternative in assenza di qualunque diversa sponda, e Salvini può continuare la sua marcia trionfale erodendo il loro elettorato ancora per un po’, quello di Forza Italia, puntando anche alla sua ulteriore destrutturazione, raschiando il fondo del barile consapevole che la pessima legge elettorale attualmente in vigore (il Rosatellum, così testardamente voluto dai lungimiranti del Pd) gli consegna a tavolino la stragrande maggioranza dei collegi uninominali e la maggioranza in Parlamento. Non ha nessuna fretta, anzi sa che questa potrebbe giocargli qualche brutto scherzo e preferisce continuare invece a giocare il gioco dell’ultimo anno, lasciando che siano semmai altri a far precipitare le cose.

Del resto, la linea di resistenza del Pd, faticosamente tentata da Zingaretti, riceve quotidianamente colpi di maglio pesantissimi (a proposito di fuoco amico), basti leggere la reazione di Lotti, coinvolto nell’indagine in corso su alcuni esponenti del CSM, all’intervista di Zanda, o la polemica tra Massimo Zedda e gli altri esponenti del Pd in Sardegna. Chi segue le cronache locali sa che purtroppo non si tratta di casi isolati, ma semmai il frutto assai diffuso della natura con cui il Pd è stato costituito, e poi diretto nei suoi dieci anni di vita, fino a divorare tutti i suoi padri fondatori e scatenare una guerra fratricida tra coloro che sono rimasti. La Sinistra (quelli della lista delle ultime europee) si è riunita domenica scorsa, il giorno dei ballottaggi, confermando la propria indifferenza o irrilevanza all’esito degli stessi in un teatro romano per dire che si vorrebbe andare avanti. Con chi, come e per fare cosa è al momento oscuro.

Tutto questo mentre il sindacato unitario continua a mobilitarsi (dopo i pensionati ed il pubblico impiego, ieri è toccato ai metalmeccanici scendere in piazza per lo sciopero generale della categoria ed il 22 giugno a Reggio Calabria sarà l’intero mezzogiorno a manifestare), le associazioni antirazziste hanno organizzato dei flash mob in molte piazze italiane per denunciare la politica cinica del governo e del ministro dell’Interno; Massimo Cacciari ha lanciato un appello alla mobilitazione agli intellettuali ed al mondo della cultura; il moltiplicarsi delle crisi aziendali getta migliaia di lavoratori nell’incertezza sul loro presente e sul loro futuro, ma al tempo stesso li chiama ad una mobilitazione spesso senza che questa incroci interlocutori politico istituzionali, le tante realtà dell’ambientalismo continuano a mobilitarsi (dai Friday for future ai Critical Mass, solo per citare quelle più recenti), e tutto ciò senza che una sponda politica affidabile, seria e riconoscibile a prima vista sia presente, intercettabile.

È come se, nel campo accidentato e frastagliato del centrosinistra, ciascuno fosse prigioniero di un ruolo, condannato a subirlo e incapace di immaginarsene un altro. Una sorta di coazione a ripetere sempre gli stessi errori. Eppure dopo altre cocenti sconfitte si reagì, anche in tempi relativamente brevi, mettendo in movimento nuove forze, superando vecchi steccati, lanciando nuove parole d’ordine. Possibile non si capisca che sarebbe proprio questo lo scatto di cui ci sarebbe oggi bisogno? Che un gruppo dirigente (non un leader!) si assumesse le proprie responsabilità, senza tentennamenti e tatticismi, e con coraggio avanzasse una proposta nuova al Paese su cui costruire una nuova fase e legittimare se stesso. Ma se siamo arrivati fino a questo punto forse è proprio perché è questo quello che è fin qui mancato.

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