
Gli Stati Uniti sono malati. Non è una metafora per indicare le perversioni dell’amministrazione Trump, né sdegno verso la “bible belt” sudista. In California sono tornate in auge malattie dimenticate, come tifo e tubercolosi, la cui presenza quotidiana era la norma nel medioevo e nella prima età moderna in Europa. Ma non mancano la shigellosi, più conosciuta come “febbre da trincea”, l’epatite A, la leptospirosi ed il morbillo.
Mangiare gatti e vivere tra gli escrementi. L’altra faccia della California
I contagiati sono perlopiù homeless. Quelli “censiti”, calcolando tutte le imperfezioni dei numeri dato che possono essere contate solo quelle persone che, in una maniera o nell’altra, entrano nel cono di attenzione dei servizi sociali o della polizia, erano 553.000 nel 2018. A Los Angeles ratti e pulci hanno infettano i senzatetto. La carenza di strutture igieniche moltiplica esponenzialmente il contagio e la difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari di base. I casi vengono diagnosticati con estremo ritardo, con un ovvio picco della contaminazione. Moltissimi i contagi che non vengono segnalati, con drammatiche conseguenze sia per i malati che per la salute pubblica.
Il picco di diffusione delle epidemie è nella zona di Pasadena: i clochard si nutrono di gatti randagi e lasciano i loro escrementi per strada. A Pasadena non ci sono bagni pubblici per i senzatetto e nessun rifugio. Proprio lì si è riscontrato un focolaio che ha fatto registrare 167 casi di tifo. Glenn Lopez, medico del St. John’s Well Child & Family Center che cura gli homless della contea di Los Angeles ha dichiarato: “La situazione igienica delle strade è orrenda: un ambiente del terzo mondo. Le feci umane contaminano le zone dove le persone mangiano e dormono”. Molto preoccupante è anche la crescita della popolazione dei ratti che, attraverso pulci e zecche, ma anche attraverso le urine, sono vettori del contagio.
I vaccini non sono kosher
A New York l’emergenza sanitaria ha costretto il governatore dello Stato Andrew Cuomo, ad abolire tutte le esenzioni vaccinali previste per motivi religiosi. Nella grande mela è tornato il morbillo, con più di 400 casi conclamati nel 2019. L’epidemia pare sia partita dal quartiere di Williamsburg, dove risiede la maggioranza della comunità ebraica ortodossa. Proprio in seno a questa comunità ha preso piede un movimento “no vax”, capeggiato dal rabbino William Handler, che, come i “no vax” italiani, sostengono presunti legami tra vaccinazioni ed autismo. A questo i religiosi ortodossi aggiungono che i vaccini “contengono DNA di scimmia, topi e maiali”, quindi non sarebbero Kosher, cioè puri. La loro immissione in un corpo umano di fede giudaica violerebbe i principi religiosi ebraici.
Il morbillo non è uno scherzo: può comportare polmonite, encefalite e danni al sistema nervoso centrale. Nel 2017 ha ucciso 110.000 persone nel mondo. Nello stato di New York è saltata la cosiddetta “immunità di gregge” e la comunità non è più protetta dalla malattia. E pensare che il morbillo era stato cancellato dall’elenco delle malattie endemiche negli States appena nel 2000. La stupidità umana ce l’ha riportato.
Le paure italiane: gli incolpevoli migranti
In Italia si è molto discusso del ritorno delle malattie “medioevali”, ma anche di scabbia, ebola e persino di HIV, in concomitanza delle ondate migratorie. Il mix di paure ancestrali e di cattiva politica che soffia sul fuoco dell’intolleranza ha generato mostri, come nel caso dell’ordinanza dell’ex sindaco di Alassio Enzo Canepa. Il primo luglio 2015 il primo cittadino della città ligure ha emesso un’ordinanza che, nei fatti, rifiutava l’ingresso in città per motivi sanitari. I profughi dovevano dimostrare di non essere affetti da malattie infettive o trasmissibili. Dizione molto equivoca. Anche una semplice influenza, che colpisce ogni anno milioni di italiani con ineccepibile pedigree, è una malattia infettiva o trasmissibile. Per non parlare del rinovirus, il raffreddore, per intenderci, che è forse la malattia più trasmissibile al mondo. Chi aveva il naso che colava non poteva entrare ad Alassio. La trovata del sindaco gli è valsa un esposto per discriminazione razziale da parte dell’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della presidenza del consiglio dei ministri e una denuncia alla procura della Repubblica.
Grande clamore si ebbe anche per il virus ebola, anche se nessun migrante arrivato in Italia ne era infetto. L’unico paziente è stato Fabrizio Pulvirenti, un medico di Emergency che si è ammalato mentre prestava servizio in Sierra Leone nel tentativo di arrestare l’epidemia. Per fortuna Pulvirenti è uscito vivo da questa brutta avventura.
In Italia sono stati segnalati 3.944 casi di tubercolosi nel 2017. I dati disponibili sulla febbre tifoidea sono aggiornati al 2009 e riportano 120 casi, dei quali molti contratti all’estero. Si tratta di numeri molto più veritieri di quelli americani. In Italia l’accesso alla sanità è molto più semplice, gli ospedali curano tutti indipendentemente dal reddito ed i servizi sociali, con tutte le loro contraddizioni, funzionano oggettivamente meglio che negli Stati Uniti.
L’Italia non ceda al Trump-pensiero
Nel nostro paese l’urgenza vera è rappresentata dalle infezioni intraospedaliere, dovute alla resistenza agli antibiotici. Ma anche in Italia va fatta una riflessione. Si ammala di più chi è più povero e non può permettersi una adeguata cura di sé. Il rapporto dell’Istat diffuso in questi giorni ci dice che, in Italia, ci sono cinque milioni di persone che vivono in povertà assoluta e che sono a rischio sanitario. Per questo non dobbiamo cedere alla tentazione di fare ulteriori tagli alla sanità, ma anzi sforzarci di uniformare, in meglio, le prestazioni di base. Né dobbiamo cedere alla tentazione di importare lo stile di Donald Trump che ha dimostrato di non gradire la sanità pubblica, annullando l’Obamacare che, pur essendo un’apertura all’acqua di rose, è stata tacciata di bolscevismo dalle destre americane. Val la pena ricordare che le malattie non guardano in faccia nessuno, ricco e povero, nero o bianco, ti colpiscono comunque. L’investimento in sanità dovrebbe essere la prima preoccupazione di una comunità civile e consapevole. Un tempo, con la costituzione del Sevizio Sanitario Nazionale, abbiamo dimostrato di esserlo. Speriamo di non tornare mai indietro.
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