
C’è chi la Champions la sogna per tutta la vita. E chi la conquista nel giro di due minuti. Il Liverpool spezza l’incantesimo e mette in bacheca la sesta Champions League della sua storia, a 14 anni dall’ultima volta, battendo con merito con un gol per tempo un Tottenham che ha pagato lo scotto della prima volta in finale, quasi come se si fosse fermato all’incredibile rimonta di Amsterdam di qualche settimana fa. Il tornado Salah, a segno su un rigore fischiato per un fallo di mano di Sissoko dopo neanche trenta secondi, indirizza il match nei primi 45′, il sigillo di Origi – proprio nel momento di maggiore pressione di Lloris e compagni – mette la parola fine ai sogni di coppa degli Spurs. I Reds vendicano così la sconfitta in finale di un anno fa contro il Real Madrid e mettono il punto esclamativo su una stagione che rischiava di rivelarsi altrimenti beffarda, specchio di una Premier League persa con 97 punti all’attivo, solo uno in meno del City. Il Wanda Metropolitano incorona anche Jurgen Klopp, tecnico dalla battuta sempre pronta e dal calcio rock’n’roll, che al terzo tentativo (uno con il Borussia, due con il Liverpool) fa centro in finale. E sembra destinato ad aprire un ciclo in rosso.
Il rigore stappa-partita trasformato da Salah dopo neanche due giri di lancette per un braccio malandrino di Sissoko in realtà si ritorce come un boomerang sullo spettacolo in campo. Perché il Liverpool, quasi sorpreso dalla facilità con cui ha sbloccato il risultato, si adagia e aspetta l’avversario senza riuscire a dare ritmo e intensità al proprio gioco, marchi di fabbrica dello spartito di Klopp. Non che il Tottenham dalla parte opposta faccia di più. Gli Spurs impiegano metà tempo per riprendersi dalla doccia fredda subita al minuto zero e nell’altra metà si aggrappano alla controfigura della loro stella Harry Kane, gettato nella mischia subito dal 1′ da Pochettino a quasi due mesi di distanza dall’infortunio rimediato alla caviglia. L’attaccante inglese però non è al meglio (e si vede) e i giocatori chiamati ad assisterlo, da Son a Eriksen passando per Alli, non fanno molto per aiutarlo. I guizzi migliori del primo tempo arrivano così dai due esterni difensivi dei Reds, spesso e volentieri apriscatole di Henderson e compagni. Alexander-Arnold spaventa Lloris con un siluro rasoterra al 17′, a lato di un soffio, venti minuti dopo sul lato opposto Robertson con un missile terra-aria costringe il capitano del Tottenham al primo vero intervento della sua serata. Nel mezzo non capita granché: l’unica emozione la regala una tifosa disinibita che con un’invasione di campo obbliga gli steward a un lavoro extra e l’arbitro a interrompere il gioco. Il che la dice lunga sullo spettacolo offerto dai ventidue in campo.
Chi si aspetta, dai tifosi presenti al Wanda Metropolitano passando per i milioni di spettatori a casa sul divano, che nella ripresa le due squadre rompano il ghiaccio e inizino a mostrare le qualità che hanno permesso a entrambe di arrivare all’ultimo atto di Madrid rimane deluso. Almeno all’inizio. Gli errori fioccano da una parte e dall’altra, la tensione si taglia con il coltello e le occasioni latitano. Pochettino e Klopp iniziano così ad attingere dalla panchina sperando in una scossa. Origi prende il posto di uno spento Firmino, poi tocca al tuttofare Milner rimpiazzare Wijnaldum. Per i londinesi invece Lucas Moura, l’eroe contro l’Ajax che con la sua tripletta ha mandato a nanna i nipotini di Cruijff, fa rifiatare Winks per un Tottenham a trazione anteriore. E la gara improvvisamente si accende, anche perché le due protagoniste – complice la stanchezza – iniziano ad allungarsi concedendo più spazi l’una all’altra. E’ Milner ad aprire le danze con una rasoiata dal limite che termina a un centimetro dal palo; sul fronte opposto la palla che cambierebbe la storia della finale ce l’ha Son ma soprattutto Lucas: Alisson però non è Karius e dice no a entrambi. Al resto ci pensa Divock Origi, che chiude i conti a due minuti dal 90. Il centravanti di scorta belga con un diagonale chirurgico risolve in mischia e manda in paradiso il Liverpool, gli unici inglesi a esultare nella notte di Madrid. Rigorosamente sulle note di ‘You’ll Never Walk Alone’.
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