Roberto Bertoni. Giovani, ecologisti e antifascisti: i ventenni e il futuro dell’Italia

Roberto Bertoni. Giovani, ecologisti e antifascisti: i ventenni e il futuro dell’Italia

Hanno sfilato in piazza contro il razzismo, per l’ambiente, a favore dell’integrazione e della società multietnica e il 13 maggio si sono mobilitati, all’università La Sapienza di Roma, per accogliere l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, venuto a tenere una lectio magistralis sul suo modello di accoglienza, noto e apprezzato in tutto il mondo. È una generazione poliedrica, quella dei ventenni di oggi, molto particolare: un caleidoscopio di emozioni e un oceano di complessità. È una generazione che ha già dimostrato, nel 2016, di avere a cuore la Costituzione e le istituzioni repubblicane, difendendole da una proposta di riforma che era, in realtà, una controriforma, volta ad accentrare ulteriormente il potere e a comprimere sempre di più il ruolo del Parlamento.

Ha a cuore la Resistenza e la lotta di Liberazione, ormai è chiaro, e lo testimonia con azioni concrete non solo il 25 aprile. Ha a cuore il lavoro, quello che le manca, e lo dimostra non solo partecipando al Concertone del 1° maggio a San Giovanni ma anche rivendicando i propri diritti calpestati e umiliati da un Paese che per i giovani ha fatto finora poco o nulla. Insomma, è una generazione partigiana, che ci crede e prova a dire la sua a livello globale, favorita anche dalla facilità con la quale riesce a usare i supporti tecnologici che caratterizzano questa stagione e che sono destinati a modificare per sempre, nel bene e nel male, il nostro modo di pensare e di essere.

Certo, stiamo parlando comunque di un’élite. La facoltà di Lettere alla Sapienza, tanto per dire, non è mai stata emblematica del comune sentire della cittadinanza nel suo insieme. Tuttavia, sono tanti i segnali che ci dicono che questa generazione è diversa dalle precedenti. Ha un che ci ribelle, di partigiano, di sessantottino, ha un desiderio di collettività e di passione civile che prima non c’era, che per troppo tempo è stato denigrato, che per anni è stato considerato un qualcosa di obsoleto e sostituito con nottate in discoteca e interminabili dispute sul nulla. Gli anni Ottanta sono ormai lontani ed è un bene, visto che, complessivamente, hanno arrecato quasi unicamente danni e devastato il nostro tessuto sociale e civile. Allo stesso modo, è lontana l’illusione edonistica della crescita perenne, con il feticcio del PIL e l’assurda idea che si possa devastare il pianeta pur di accaparrarsi tutte le risorse, in una sorta di guerra tribale ad alto livello in cui il consumismo ha preso il posto delle armi, trasformandosi esso stesso in un’arma.

È una generazione, quella di cui ci stiamo occupando, che ha deciso di ribaltare questo paradigma, di guardare avanti, di immaginare un’altra idea di futuro, di rimettere al centro del dibattito pubblico temi come la solidarietà e il rispetto per il prossimo, coniugando diritti sociali e diritti civili e avvertendo un sentimento di fratellanza universale che le consente di sentirsi vicina ai drammi del mondo, anche perché abituata, per formazione, curiosità e interessi, a viaggiare e a scoprire una moltitudine di paesi. Parliamo di un’élite, è vero. Parliamo soprattutto dei liceali e degli universitari, di coloro che vanno in Erasmus, di chi viene da famiglie colte e discretamente agiate, e anche questo è un problema da affrontare, visto che l’istruzione sta tornando un fattore di classe e si sta, dunque, nuovamente trasformando in un elemento di discriminazione fra chi ha e chi non ha, chi può e chi non può. È altrettanto vero, però, che ogni minima novità che si è affacciata sulla scena politica in questi mesi l’hanno portata i giovani, al punto che Zingaretti, non appena diventato segretario del PD, ha avvertito il bisogno di rendere omaggio alla svedese Greta Thunberg, promotrice di uno sciopero globale contro i cambiamenti climatici.

La domanda da porsi, a questo punto, è: considerando che le Europee sono fra una settimana e le Politiche non sembrano essere poi così lontane, come si può immaginare di coinvolgere attivamente questi ragazzi nella battaglia politica, stando attenti a non strumentalizzarli e a non trasformarli in uno specchietto per le allodole? Come dar vita a partiti rinnovati, solidi e in grado di coniugare rinnovamento e freschezza, traendo anche dalle piazze poc’anzi descritte l’energia necessaria per andare avanti e restituire un senso al concetto stesso di sinistra, declinandolo in una maniera accettabile per i termini in cui si ragiona nel Ventunesimo secolo? La sinistra italiana è pronta ad affrontare questa sfida, a immettere sangue fresco e a sfidare innanzitutto se stessa, le proprie incrostazioni e le proprie innumerevoli e sempre più intollerabili divisioni?

Nel mondo, Corbyn, Sanders e i giovani che li hanno sostenuti e ora sono pronti alla battaglia decisiva, quella per la conquista del potere, ci insegnano che, volendo, è possibile. Così come ce lo ha insegnato la Spagna della Colau e di Podemos, nata di fatto da tante lotte dal basso e dalla mobilitazione dei giovani, nel 2011, davanti alla Puerta del Sol di Madrid.

In Italia non sono mancate le manifestazioni, non è mancato l’entusiasmo, non è mancata la volontà di fare qualcosa per invertire una rotta sempre più insostenibile. In Italia è mancata la politica. Guai, tuttavia, a commettere l’errore più grave in assoluto, ossia mostrarsi inutilmente compassionevoli e pensare di calare dall’alto una rappresentanza posticcia per questi ragazzi, anziché far nascere da loro il seme della mobilitazione e dell’incontro, sviluppando così una nuova idea di società. Non è quello di cui hanno bisogno, non è quello che di cui ha bisogno la sinistra per rinascere.

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