
Le peggiori previsioni si sono alla fine avverate. La Lega di Salvini ha raccolto il 34% dei consensi alle elezioni europee e il centrodestra, dopo le altre regioni andate al voto quest’anno, conquista anche il Piemonte. Tira una brutta aria in Italia e sarebbe sbagliato sminuire il significato di questi risultati elettorali. Il movimento Cinque Stelle, dopo il tardivo tentativo di Di Maio di arginare il debordante alleato di governo, non è riuscito ad arrestare la propria caduta libera che l’ha fatto precipitare al 17%. Cresce anche Fratelli d’Italia della Meloni e Forza Italia, pur fortemente ridimensionata, resta in partita rafforzando la possibilità per Salvini di giocare su due fronti, con il centrodestra a livello regionale e locale, rivendicandone la leadership e prefigurandone un possibile ritorno anche nel caso di elezioni politiche anticipate. Salvini si conferma, rafforzato dalle elezioni, il dominus dell’alleanza gialloverde soffiando sul fuoco delle paure e delle difficoltà del Paese ed il potenziale leader di una coalizione di centrodestra a trazione leghista. Lo scenario peggiore, che pure un anno fa si poteva tentare di evitare, si è alla fine avverato.
E Renzi ancora in queste ore ne rivendica la scelta. Il Pd di Zingaretti inverte la tendenza, risale al 22% dopo il 18% delle politiche dello scorso anno e si afferma come seconda forza politica anche se a grande distanza dalla Lega, riconquistando anche alcune importanti città. Non superano il 4% dello sbarramento elettorale, come avevamo previsto fin dall’inizio su queste pagine, le altre liste: +Europa, EuropaVerde e La Sinistra che con l’1,8% prende il peggior risultato degli ultimi dieci anni. Il 44% degli elettori non è andato a votare, più di 21 milioni di cittadini hanno scelto così di non dire la loro, e anche questo non è problema da poco. Una riflessione radicale è d’obbligo e mi auguro che la si voglia finalmente fare.
Bipolarismo, Vocazione maggioritaria, sono parole vuote ormai e senza senso. Il pur timido risultato del Pd viene strattonato dai renziani che ne sminuiscono la portata, sostenendo che in voti assoluti il Pd è addirittura andato indietro anche rispetto alle politiche, insistendo che si vince guardando al centro e non alla sinistra, e annunciando per luglio l’assemblea dei comitati civici promossi da Renzi. La liquidazione di Liberi e Uguali, senza nessuna discussione e confronto politico pubblico, a meno di un anno dalla sua formazione è stato alla base dell’ultima definitiva diaspora che ha portato al peggior risultato elettorale di sempre, lasciando macerie su cui sarà difficile, e molto più probabilmente impossibile, ricostruire. Certo, le ultime tornate elettorali hanno confermato tutte una forte mobilità elettorale, l’aleatorietà dei risultati, e cicli politici sempre più rapidi. Ma non possono essere solo il caso, o la scommessa sugli errori altrui, le basi per un ritorno in campo di un nuovo centrosinistra e di una sinistra all’altezza del compito. Una lunga stagione è finita: quella di un Pd autosufficiente e quella di una sinistra che provava a ricostruirsi.
Sarebbe lungo ora ritornare sulla sequela di errori che hanno portato fin qui: dalla nascita del Pd e da come esso poi è diventato, dalle politiche che ha perseguito, dalla fragilità e inconsistenza delle forze che hanno provato a costruire una risposta alla sua sinistra. Tutto è apparso poco credibile e affidabile per un elettorato che ha scelto altre strade e che in grande misura si è abbandonato, deluso, all’astensionismo. Ma in attesa di farla questa discussione di fondo, di capire come e perché si sia arrivati fin qui e cosa ancora è possibile fare, ci sarebbero delle scelte da fare subito e senza indugiare. Chiare, nette, con generosità. La prima è quella di dichiarare pubblicamente il proprio impegno, e farlo con tutte le proprie forze, per far vincere il centrosinistra nei prossimi ballottaggi del 9 giugno, senza se e senza ma. La seconda è quella di stare al fianco, visibilmente, al sindacato che ha annunciato un mese di mobilitazioni contro le politiche del governo, dalla manifestazione dei pensionati di Roma fino a quella sul Mezzogiorno di Reggio Calabria, passando per lo sciopero generale dei metalmeccanici e la manifestazione nazionale del pubblico impiego. La terza, sentirsi partecipi ed impegnati nella mobilitazione straordinaria degli studenti e dei giovani per il clima ed il futuro del pianeta. La quarta, l’impegno a contrastare le bugie e le paure che le politiche sull’immigrazione del governo, e di Salvini in particolare, stanno diffondendo a piene mani. La quinta, abbandonando ogni ambiguità fin qui coltivata in particolare dal Pd, l’impegno per contrastare il progetto ormai avanzato della cosiddetta “autonomia differenziata” che minerebbe alla radice l’unità nazionale, i diritti dei cittadini, ed il Mezzogiorno. Potrebbe essere un modo per ritrovare la strada e rimettersi in cammino.
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