Mario Michele Pascale. Movimento cinque stelle. La Caporetto dei comuni. #1 Civitavecchia

Mario Michele Pascale. Movimento cinque stelle. La Caporetto dei comuni. #1 Civitavecchia

I comuni amministrati dai cinque stelle in Italia sono appena 49. Sui 226 comuni superiori ai 15.000 abitanti chiamati alle urne in questo turno elettorale solo due hanno un sindaco pentastellato uscente: Civitavecchia e Livorno. Avellino e Nettuno, governate originariamente dai cinque stelle, hanno visto una fine prematura delle amministrazioni pentastellate e sono retti da un commissario prefettizio. Indagheremo, in un viaggio tra le esperienze amministrative dei grillini, le ragioni di una fessione nazionale che, sui territori, si tramuta in una piccola Caporetto.

Iniziamo con Civitavecchia.

Quanto sembrano lontani i tempi in cui Grillo infiammava le piazze ed il movimento cinque stelle cresceva a vista d’occhio. Alle ultime politiche le cinque stelle brillavano con un 32,6% alla Camera dei deputati, pari a 133 seggi, e con un ottimo 32,2 al Senato, pari a 68 seggi. Luigi Di Maio era l’astro nascente della politica italiana. Con lui portava l’illusione di poter addomesticare, se non neutralizzare, la Lega di Salvini.

Regione Lazio. Il campanello di allarme

Nel 2018, alle elezioni regionali del Lazio il movimento raccolse il 22,6% dei consensi. Roberta Lombardi, candidata alla carica di presidente, si attestò al 26,9. La candidata “tirò” più del partito. Questo era un campanello d’allarme che il movimento cinque stelle decise di ignorare. O quantomeno decise di privilegiare le parole d’ordine di livello nazionale e relegare in secondo piano le debolezze strutturali dei territori, in primis l’assenza di una classe politica radicata e razionale e la mancanza di una organizzazione stabile. Vediamo questo deficit da vicino, ricostruendo il nostro primo case history.

Giovani ingegneri e vecchi leoni

Civitavecchia, cinque anni fa, vide la sfida al ballottaggio tra un vecchio leone della sinistra, Pietro Tidei, già assessore alla provincia di Roma, consigliere regionale, deputato, e per due volte sindaco di Civitavecchia, ed un giovane ma oscuro ingegnere con un passato nei movimenti ambientalisti, ma comunque abbastanza alieno al tessuto locale, Antonio Cozzolino. Tidei venne sconfitto: il grillino si impose con il 66,2%.

La sua amministrazione si è contraddistinta per aver dato voce alla militanza grillina, un attivismo molto rumoroso e decisamente sopra le righe: chi voleva “i forni crematori per gli oppositori” e chi definiva gli elettori della sinistra “mafiosi”. A parte i personaggi pittoreschi il comune divenne un fortino in mano ai fedelissimi del sindaco: per associazioni, comitati di quartiere e semplici cittadini parlare con il primo cittadino era praticamente impossibile.

Il maquillage che fa sostanza

Cinque anni dopo di Antonio Cozzolino si sono perse le tracce. Il fortino, le turbolenze verbali, i cerchi magici, erano un problema anche per il movimento locale che, se da un lato, con molta disciplina, difendeva a spada tratta il proprio sindaco, dall’altro si poneva problemi di opportunità e meditava una via d’uscita.  Allo scadere della consiliatura il movimento cinque stelle di Civitavecchia si è presentato diviso: due liste contrapposte, una “movimentista” e una “istituzionale” si sono contese il simbolo. Ha vinto la lista “istituzionale”, che è diventata quella ufficiale, che vedeva la presenza di alcuni ex amministratori e proponeva, come primo cittadino, Daniela Lucernoni, già vicesindaco con delega ai servizi sociali. Ma ancora prima, alle elezioni politiche, il movimento locale taglia i ponti con gli esaltati, in linea con la trasformazione operata a livello nazionale del movimento da ente antisistema in partito di governo. Vengono candidati in parlamento Paolo Mastrandrea, presidente dell’ordine degli avvocati del foro di Civitavecchia e Alberto Cozzella, magistrato in pensione. Con loro la deputata uscente Marta Grande.

Quello che si è presentato a Civitavecchia alle comunali del 2019 è stato un movimento che ha fatto un grande, ed onesto, sforzo di rinnovamento, tagliando gli eccessi e presentando le persone che si sono maggiormente distinte per equilibrio, politico ed umano, nella precedente legislatura. Tra tutti Enzo D’Antò, sottufficiale dell’esercito di origine napoletana, già assessore alla cultura con la giunta Cozzolino. Il risultato di questa trasformazione è stato il 17,7%. Il movimento è arrivato terzo dopo il raggruppamento di centro sinistra, fermo al 22,7% e il raggruppamento di centro destra che si è , arrestato al 51,6. Questi i dati delle liste. Il candidato del centro destra, Ernesto Tedesco, ha raccolto il 48,8% e per un soffio non ha vinto al primo turno. Vanno al ballottaggio, quindi, Tedesco e Carlo Tarantino, candidato del centro sinistra.

La comunità, questa sconosciuta

Dove sono mancati i grillini? Sicuramente hanno sottovalutato le implicazioni del governo cittadino, portando avanti l’amministrazione e contemporaneamente agendo, almeno per la prima parte del mandato di Cozzolino, come forza “rivoluzionaria”. Se ha un senso “aprire come una scatola di tonno” il parlamento, che comunque obbedisce a logiche spesso e volentieri distanti dalla vita quotidiana, è decisamente irrazionale fare di un comune di cinquantamila abitanti, dove bene o male si conoscono tutti ed esiste una rete di legami trasversali, trans partitici e comunitari molto forte, un campo di battaglia ideologico.

I cinque stelle pagano la carenza di “umanità”, intesa non come elemento di cattiveria, ma di immedesimazione nella polis di alcuni suoi componenti. Una carenza che è andata a costituire, per molti aspetti anche ingenerosamente, l’immagine pubblica del gruppo politico. Una riflessione fatta anche dal movimento cittadino, ma in maniera assolutamente tardiva, presentando una lista maggiormente “empatica” ed aprendo alla società civile troppo tardi.

Voti persi e dispersi

Dove sono andati i voti dei cinque stelle della città? Dal 66,6% che portarono Antonio Cozzolino al potere al 22,7% di Daniela Lucernoni manca il 43,9%.

L’Istituto Cattaneo in un suo report classifica gli ex elettori pentastellati in tre categorie: i “disillusi”, che lasciano il movimento per andare verso l’astensione. I “pentiti” che ritornano nell’alveo del centro sinistra. I “traghettati”, che abbandonano i grillini per il centrodestra. I votanti al primo turno, a Civitavecchia, sono stati il 72,7%. Nel 2014 furono il 71,2%. Un dato pressoché identico. Se il movimento cinque stelle ha perso voti nell’astensionismo, ha perso molto poco. Difficile un travaso nel centro sinistra, che ha raccolto una percentuale decisamente bassa: il 22,7% delle liste di Tarantino contro il 31,9% delle liste di Pietro Tidei nel 2014. L’esodo dai cinque stelle è da imputarsi ai “traghettati”. Il porsi come “forza antisistema” e prendere di petto un vecchio guru della politica tradizionale e della sinistra,  soprannominato dai suoi avversari “lo Zar”, ha attirato perlopiù le simpatie di un elettorato di destra, allora allo sbando e privo di punti di riferimento. La battaglia contro “Pietro il grande” ha di fatto unito le destre disperse sotto il vessillo dei cinque stelle. Un elettorato che nel 2019 è tornato a casa, contribuendo al grande risultato del centro destra.

Verso un’alleanza con il tanto vituperato PD?

Oggi il movimento cinque stelle della città laziale è di fronte ad un bivio. Ad Ernesto Tedesco manca un capello per arrivare al 51%. La sua vittoria farebbe governare principalmente la

Lega che, da sola, è arrivata ad un passo dal 16%. La stessa lega che ha vampirizzato il movimento cinque stelle a livello nazionale e che ha messo Di Maio, insieme alle sue istanze programmatiche, in un angolo.

Diceva Casaleggio buonanima che il movimento cinque stelle era “una bomba ad orologeria contro il Pd”. Il sodale di Grillo e padre organizzativo dei grillini di certo non si aspettava un exploit di Salvini, e sottovalutava le sue indubbia capacità politiche. Ora il maggiore nemico dei cinque stelle è il suo stesso alleato di governo. Il movimento potrebbe andare in soccorso ad una sinistra claudicante e tentare di ribaltare un risultato che vede trionfare proprio l’alleato e nemico leghista? La logica direbbe di si. Ma non di sola logica vive l’uomo …

Il ballottaggio è previsto per il 9 giugno. Staremo a vedere.

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