Mario Michele Pascale. Il gruppo di Visegrad al voto

Mario Michele Pascale. Il gruppo di Visegrad al voto

Populisti, sovranisti ed euroscettici hanno il loro “covo” nei paesi di Visegrad. Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria rappresentano un forte interrogativo per il futuro dell’Unione europea.

 In Polonia anche l’opposizione è cattolica

Orban è senz’altro il frontman del gruppo di Visegrad. Ma per rimanere nel paragone musicale, il chitarrista, colui che trascina davvero la band, è senz’altro la Polonia. Con i suoi 40 milioni di abitanti, il suo attivismo in ambito NATO in funzione anti russa, la svolta ultra conservatrice degli ultimi anni, una economia in forte crescita, è la locomotiva dei paesi del gruppo. Dal 2004 al 2014, dopo l’ingresso nell’Unione europea, il prodotto interno lordo di Varsavia è raddoppiato, mentre sono quadruplicati gli investimenti esteri nel paese e la disoccupazione è drasticamente calata. Nel 2018 l’economia polacca è cresciuta ancora del 4% ed il numero dei disoccupati si è attestato al 6%. Nonostante il miracolo economico polacco sia in gran parte legato ad investimenti dell’Unione in infrastrutture e all’intervento di aziende europee, i rapporti con Bruxelles sono tesi, tant’è che spesso si è paventata una “polandexit”. In campo per le elezioni europee il partito Diritto e Giustizia, che attualmente esprime il presidente Andrzej Duda e il primo ministro Mateusz Morawiecki. Diritti civili, aborto, gestione dei flussi migratori, asservimento della giustizia e del sistema radiotelevisivo all’esecutivo, sono le spine nel fianco dei rapporti del partito di governo con l’Unione. La compagine di Duda vuole una polonia tradizionalista, legata alle sue radici cattoliche, permeata di nazionalismo. Ad aggravare la situazione le continue fughe in avanti sul fronte della politica estera. Lo zelo antirusso di Diritto e Giustizia si tramuta in un atlantismo totalmente acritico e a tratti dozzinale.

Sul fronte dell’opposizione il principale antagonista di Diritto e Giustizia è Piattaforma Civica. Un partito di centrodestra conservatore e cristiano, ma convintamente europeista. Da segnalare il movimento “Primavera” di Robert Biedron, che si distingue per la laicità e l’attenzione alla salvaguardia di diritti. Di tendenza drasticamente opposta Kukiz 15, partito di estrema destra nazionalista.

Gli ultimi sondaggi prevedono Diritto e Giustizia, afferente all’alleanza dei conservatori e dei riformisti europei, al 41.1%, Piattaforma Civica, iscritto al partito popolare europeo, al 26.2%, il movimento Primavera, afferente al partito socialista europeo, al 9.2% e Kukiz 15, alleato dei 5 stelle, al 7,2%.

 Repubblica Ceca: l’ultra destra con gli occhi a mandorla

Mentre la Repubblica Ceca si appresta ad eleggere i suoi ventuno eurodeputati, lo spettro di un’uscita dall’Unione continua ad agitare l’opinione pubblica. Non sono bastati i soldi provenienti da Bruxelles, tramutati, come in Polonia, in costose infrastrutture e lavoro, a fare dei cechi dei veri cittadini europei.

L’atteggiamento del governo non aiuta. Il premier Andrej Babis ha fatto suo, firmandolo, un appello al voto di venti capi di stato e di governo europei. Contemporaneamente ha elogiato le posizioni di Orban. Il presidente della repubblica ceca, Milos Zeman, è ferocemente anti islamico e contrario a  politiche di apertura sull’immigrazione. Ambedue sono espressione del partito Ano (“si” in ceco), afferente all’Alde. Partecipano alla competizione europea anche Libertà e Democrazia Diretta (SPD), formazione di estrema destra apertamente xenofoba che definisce i rom “parassiti” e propugna l’uscita dall’Unione europea. Libertà e Democrazia Diretta ha il curioso primato di essere l’unico partito di ultradestra ad avere un leader, Tonio Okamura, con gli occhi a mandorla. Okamura, che propugna la purezza ceca, è infatti di padre giapponese-coreano.

In netta ascesa il Partito Pirata che dopo aver conquistato il municipio di Praga e 22 seggi in parlamento si è lanciato all’assalto di Strasburgo. Ma anche qui, nonostante si parli di diritti, informatici e fisici, traspare l’anima reazionaria. I pirati, infatti, sono contrari alla ri collocazione dei migranti sul territorio nazionale.

La solitudine di Zusana Caputova

13 i membri dell’europarlamento che sono assegnati alla Slovacchia. Il paese è governato dai socialisti di Smer, reduci dalle polemiche dovute all’assassinio del giornalista Jan Kuciak e alle successive dimissioni del premier Robert Fico. L’euroscetticismo è molto forte nel paese. Il neonato Partito Popolare Slovacchia Nostra, formazione politica che si richiama apertamente al fascismo e al nazismo, ha conquistato 14 seggi su 150 nelle ultime elezioni politiche. Una mozione che ne chiedeva la dissoluzione, proprio a causa delle idee estremiste che porta avanti, non è stata approvata dalla Corte Suprema.

Contrastare la destra sarà compito di Zuzana Caputova che a marzo è stata eletta presidente della Repubblica. Avvocato, madre di due figlie, ambientalista e prima donna a ricoprire questo ruolo nella storia del paese e del gruppo di Visegrad. Poco dopo aver saputo della vittoria ha commentato il risultato utilizzando parole diventate inusuali nel Paese: “Io voglio parlare con tutti in Europa, voglio una Slovacchia europea”. Nonostante la vittoria alle presidenziali della Caputova, espressione del partito liberale Slovacchia Progressista, i sondaggi danno in vantaggio lo Smer, tallonato dagli estremisti del Partito Popolare Slovacchia Nostra.

Ungheria: i sondaggi prevedono le destre nazionaliste al 68%

Viktor Orban è diventato un esempio per i sovranisti europei. La sua retorica anti migranti, cristiana, il nazionalismo esasperato e l’attenzione alla sicurezza interna ed esterna hanno distratto l’attenzione dalle difficoltà economiche. In un paese di meno di dieci milioni di abitanti, quattro milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, e un milione vive in estrema povertà. L’economia ungherese è tenuta in vita dai fondi della tanto calunniata Europa. Nel 2017 l’Ungheria è stata la quarta beneficiaria in assoluto con 3,1 miliardi di euro concessi. Nonostante il declino economico, morale e politico della nazione Fidesz, il partito di Orban, appare sempre in vantaggio rispetto ai concorrenti attestandosi, nei sondaggi per il rinnovo del parlamento europeo, al 52%. Al secondo posto l’estrema destra di Jobbik, Movimento per un’Ungheria Migliore al 16%. Seguono i due partiti socialisti: Socialisti in Dialogo per l’Ungheria al 15% e Coalizione Democratica al 7%.

Nessuna nuova, pessima nuova

Nelle previsioni le elezioni europee di questo maggio non dovrebbero far segnare novità di rilievo. L’asse Varsavia-Budapest, laddove la Polonia si pone come faro economico e l’Ungheria come centro propulsivo ideologico, non verrà scalfito. Così come sarà decisamente improbabile, nonostante singoli buoni affari con Mosca, modificare la politica estera del gruppo di Visegrad, che sarà sempre di più un prolungamento della NATO e che, verosimilmente, lavorerà per un ulteriore indebolimento della politica estera dell’Unione europea. Zusana Caputova, forse l’unico leader in grado di allestire un’offerta politica filo europea, appare troppo debole e priva di sponde credibili negli altri paesi del gruppo. Aleksandra Dulkiewicz, il sindaco progressista di Danzica, non è ancora riuscita ad esportare laicità e pari opportunità fuori dai confini della città baltica e, al momento, ha le sue gatte da pelare in patria, schiacciata da un contesto governativo ultracattolico e reazionario.

Dopo le elezioni europee, almeno per quel che concerne il gruppo di Visegrad, si prevede la nuova incoronazione di Victor Orban quale zar incontrastato di questo angolo d’Europa.

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