
Alcuni episodi avvenuti negli ultimi giorni hanno maggiormente acuito lo scontro tra i magistrati e il ministro degli Interni Matteo Salvini – (già insorto con i dileggi e gli attacchi di quest’ultimo nei confronti del Procuratore della Repubblica di Torino Armando Spataro e del Procuratore della Repubblica di Agrigento Luigi Patronaggio) – e che hanno anche messo in discussione il diritto dei magistrati di manifestare il loro pensiero. Il primo è la visita in carcere del ministro al detenuto condannato per tentato omicidio in danno di un ladro che la vittima era riuscito a bloccare e, poi, a percuoterlo, fatto inginocchiare e gravemente ferire con un colpo di fucile. Sia la visita e sia la correlativa manifestazione di solidarietà del ministro degli Interni sono comportamenti assolutamente inaccettabili che, a differenza di quanto sostenuto dalla corrente di destra della ANM, delegittimano gravemente l’operato dei magistrati poiché fa passare il messaggio (non corrispondente al vero) – e strumentalmente utilizzato a fini politici/elettorali – di una ingiusta condanna nei confronti di chi era scriminato dall’esercizio del delitto di legittima difesa.
Del tutto corretto e pertinente è stato, quindi, l’intervento del Procuratore della Repubblica di Piacenza che ha ristabilito celermente la verità dei fatti e ha difeso la funzione giurisdizionale correttamente svolta e ingiustamente delegittimata da un membro dell’esecutivo. Peraltro, secondo la legge disciplinare, sono vietate le dichiarazioni dei magistrati solo se riguardino soggetti coinvolti in procedimenti che siano ancora in corso di trattazione ovvero trattati e non definiti con provvedimento non oggetto di impugnazione, laddove il caso in questione era stato definito con sentenza della Corte di Cassazione del 16 febbraio (che confermava la condanna per il reato di tentato omicidio), a nulla rilevando che sia avvenuto o meno il deposito delle motivazioni, atteso il passaggio in giudicato della decisione.
L’altro episodio è rappresentato dalle dichiarazioni critiche del Presidente dell’ANM – da ritenersi fondate – nei confronti della emananda normativa sulla legittima difesa che hanno provocato la reazione del ministro dell’Interno Salvini il quale ha dichiarato che non spetta ai magistrati di stabilire se, e in quali termini, una legge debba o meno essere approvata e, comunque, aggiungendo: “si facessero eleggere”. Al di là dell’abusata espressione – (più volte adoperata dal Salvini nei confronti dei magistrati e di altre autorità) – “si facciano eleggere”, che sta ad evocare un pericoloso, inammissibile primato della politica sul primato della legge, si osserva che la ANM, (come qualsiasi cittadino, anche se magistrato), ha il diritto, ex art. 21 Cost., di “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Pertanto, essa può, legittimamente, criticare qualsiasi provvedimento legislativo adottato o in corso di approvazione, senza che ciò costituisca ingerenza dell’ordine giudiziario nei confronti di altro organo costituzionale, per il semplice motivo che la ANM è un’associazione di categoria avente natura privatistica. Quindi, la ANM, attesa la sua natura di sindacato delle “toghe”, da un lato, ben può liberamente manifestare e svolgere critiche – (anche se è opportuno che le esternazioni del Presidente siano precedute da delibere dell’organo esecutivo che esprima la volontà dell’associazione) – dall’altro, non ha alcun diritto di chiedere – come spesso avvenuto (anche allorquando il Ministro di Giustizia ha preannunciato la riforma del CSM) – di essere consultata nell’iter di formazione di una legge che riguardi, comunque, l’ordine giudiziario (ivi compresa la riforma dei codici), non avendo alcuna competenza in merito, salvo che non si tratti di interloquire su aspetti attinenti le strutture e l’organico dei magistrati e del personale ausiliario e, cioè, su tutto quello che concerne il “servizio” da discutere con il ministro cui, ex art. 110 Cost., “spettano l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla Giustizia”.
In conclusione, i comportamenti delegittimanti ed impropri di un ministro, addirittura degli Interni, ben possono essere oggetto di critiche da parte dei magistrati (e della loro associazione di categoria), come ben possono essere criticate leggi approvate o ancora da approvare senza che ciò costituisca alcuna forma di interferenza dei magistrati (o della loro associazione) nei confronti del potere esecutivo e legislativo.
*Antonio Esposito, già presidente di Sezione della Corte di Cassazione
- Antonio Esposito. Governatori delle Regioni? No, nell’ordinamento italiano nessuna norma prevede ufficialmente tale titolo - 24 Aprile 2020
- Antonio Esposito. Governatori delle Regioni? No, nell’ordinamento italiano nessuna norma prevede ufficialmente tale titolo - 26 Maggio 2020
- Il giurista Antonio Esposito. La votazione sulla piattaforma Rousseau vìola la Costituzionale e una norma penale ed è una ferita al sistema democratico - 2 Settembre 2019