Antonio Esposito. Caso Diciotti. La posizione del governo che salva Salvini è giuridicamente infondata

Antonio Esposito. Caso Diciotti. La posizione del governo che salva Salvini è giuridicamente infondata

Come è noto, 177 migranti – che fuggivano dalla guerra, dalla miseria e da abusi di ogni genere – furono costretti nell’agosto 2018 a rimanere per molti giorni sulla nave della guardia costiera “Diciotti”, attraccata al porto di Catania, a seguito dell’ordine impartito dal ministro degli Interni Salvini che vietò loro di scendere prima che l’Europa non avesse deciso di distribuirli nei Paesi membri.

Il Procuratore della Repubblica di Agrigento ravvisò nel comportamento del ministro i reati di sequestro di persona aggravato e di abuso di atti di ufficio. Gli atti vennero inviati, prima alla Procura della Repubblica di Palermo e, poi, a quella di Catania per l’inoltro al Tribunale dei ministri territorialmente competente che ha chiesto al Parlamento l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro. Il Tribunale dei ministri ha ritenuto che “L’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”.

La decisione del Tribunale dei ministri ha sconfessato in pieno la richiesta di archiviazione del Procuratore di Catania Zuccaro secondo cui il ritardo nello sbarco era “giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede europea la distribuzione dei migranti (e il 24 agosto si è riunita la Commissione europea) in un caso in cui secondo la ‘convenzione Sar’ sarebbe toccato a Malta indicare il porto sicuro”.

La procura di Catania è, così, incorsa in un grave errore poiché la richiesta di autorizzazione non poteva essere fondata (e giustificata) sulla valutazione di “una scelta politica” del ministro, valutazione che spetta esclusivamente alla camera di appartenenza che nega l’autorizzazione a procedere ove reputi, con decisione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela nell’interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo” (art. 9 comma 3, L. Cost. n° 1/1989).

Il ministro dell’Interno, che in un primo momento aveva dichiarato di essere pronto a farsi processare e “non aveva bisogno di aiutini”, ha improvvisamente cambiato idea (sembra su consiglio dell’ex magistrato Carlo Nordio) affermando “ritengo che l’autorizzazione debba essere negata”. A questo punto è intervenuto il presidente del Consiglio che si è assunto la responsabilità della politica migratoria e della vicenda “Diciotti”, affermando che il Senato dovrà “giudicare la linea politica del governo”, ed è, poi, sopraggiunta la dichiarazione, puerile e insensata di Di Maio e di altri ministri che hanno minacciato un’autodenuncia collegiale. Ora, per quanto riguarda la dichiarazione del “premier”, essa è del tutto erronea poiché non è affatto vero che, nel caso della “Diciotti”, debba essere “giudicata la linea politica del governo” in quanto il procedimento penale a carico del Salvini riguarda, invece, le modalità (improprie e illecite) con le quali è stata gestita dal ministro la vicenda “Diciotti”. Ciò, innanzitutto, con riguardo alla circostanza che i 177 migranti si trovavano su una nave italiana, addirittura della guardia costiera impegnata in un’operazione di salvataggio, e che essi si sono trovati, per giorni e giorni, ammassati, sotto il sole, sulla tolda della nave, in condizioni disumane. Certamente il ministro non aveva il potere di impedire lo sbarco dei minori non accompagnati che ivi si trovavano dal momento che la legge Zanda stabilisce “il divieto di respingimento di minori non accompagnati”.

In sostanza, non è in discussione la “linea politica del governo” in tema di migrazione ma il comportamento attuativo del ministro che ha posto in essere un abuso continuato in atti di ufficio, invadendo sfere di competenza di altri ministri ed esautorando di fatto sia il governo che lo stesso Presidente del Consiglio e gestendo direttamente in prima persona la vicenda “Diciotti” in violazione di precise disposizioni di leggi costituzionali, ordinarie ed internazionali.

Nel caso di specie, quindi, al di là del delitto di sequestro di persona, non vi è dubbio che il comportamento del ministro Salvini possa integrare, in ogni caso, il reato continuato di cui all’art. 323 c.p. In questo contesto è impropria l’assunzione di responsabilità del “premier” ed il riferimento ad una posizione collegiale assunta dal governo dal momento che un provvedimento che avesse riguardato specificamente la nave “Diciotti” doveva essere assunto con formale delibera del consiglio dei ministri, a meno che non si voglia impropriamente ritenere che la volontà di Conte, Di Maio e Toninelli, oltre che di Salvini, rappresenti la volontà dell’intero governo. È grave che un presidente del Consiglio ignori che l’art. 95 della Costituzione stabilisce che “i ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri” e, nella specie, non vi era stata alcuna deliberazione del Consiglio che riguardasse specificamente la vicenda della nave  “Diciotti” e ne indicasse modalità di gestione e di attuazione, cui il Ministro degli Interni avrebbe, poi, dovuto dare esecuzione. Ed è grave che il “premier” ignori l’ulteriore disposizione, sempre dell’art. 95 Cost. secondo cui “i Ministri sono responsabili individualmente degli atti dei loro dicasteri”. Ne consegue che è quanto mai irrituale la memoria difensiva che il governo, a firma di Conte, Di Maio e Toninelli, ha inviato alla giunta delle autorizzazioni rivendicando, appunto, una, informale e tardiva, collegialità del governo in ordine alla vicenda, memoria che costituisce anche una palese ingerenza dell’esecutivo nell’attività del Senato.

Antonio Esposito, già presidente di Sezione della Corte di Cassazione

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