
Ma davvero il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha fatto il mea culpa intervenendo a Strasburgo nella giornata in cui si celebravano i venti anni di vita dell’Euro? Ha detto: che “c’è stata dell’austerità avventata” rivolgendosi ai greci. Ma, ha precisato, “non perché volevamo sanzionare chi lavora e chi è disoccupato”. E poi ha sottolineato che “le riforme strutturali restano essenziali”. Ancora: “Non siamo stati sufficientemente solidali con la Grecia, abbiamo insultato i greci”; ma, ecco il punto, “Mi rallegro di constatare che la Grecia, il Portogallo ed altri Paesi – ha aggiunto – hanno ritrovato se non un posto al sole”, almeno “un posto tra le antiche democrazie europee”. Juncker ha parlato, come si dice, rivolto a nuora perché suocera intenda. Suocera perché il suo intervento era rivolto in primo luogo all’Italia, al governo gialloverde. Già, l’Italia che malgrado gli impegni presi con la Ue per evitare la procedura di infrazione sta giocando con il fuoco. Nel caso, il fuoco è il debito che continua a correre. Firmato dal presidente Conte, sottoscritto dai vicepremier Di Maio e Salvini, benedetto dal ministro Tria il Bilancio prevede la riduzione del debito pubblico. Di fatto siamo sotto tutela, tutelati speciali. Assurdo che a fronte delle “scuse”per la “austerità avventata”, come ha detto Juncker, i nostri, anzi i loro se la prendano con il presidente della Commissione Ue. Parlano di “lacrime di coccodrilli”, di “ finti pentimenti”, non “commuovono le sue parole”, e “i suoi accoliti hanno devastato la vita di migliaia di famiglie”. Un linguaggio da campagna elettorale. Non solo, sparano a zero contro Juncker nel tentativo miserevole di nascondere il fallimento della politica del governo gialloverde. All’unisono Conte, Di Maio, Salvini, Tria fanno finta di niente, non una parola dicono sui nuovi dati relativi al debito pubblico che a novembre è aumentato di 10,2 miliardi sul mese precedente con il risultato che il debito pubblico a novembre è salito a 2.345,3 miliardi. Nei primi undici mesi del 2018 il debito risulta in crescita di 58 miliardi di euro. Un disastro.
Le banche italiane sotto tiro per i crediti deteriorati
Indiscrezioni di stampa fanno sapere che la Banca centrale europea chiederebbe a tutte le banche e non solo a Monte dei Paschi un azzeramento delle sofferenze entro il 2026. Le reazioni della Borsa sono state negative. Piazza Affari va sotto poi alla conclusione della giornata chiude piatta, senza perdite. Lo spread però sale da 262 punti a 267 dopo aver toccato quota 300. A calmare le acque arrivava una dichiarazione del Commissario agli affari economici Ue, Moscovici il quale affermava: “La Commissione è in contatto con le autorità italiane riguardo alla situazione di Carige e di Mps ma non ha affrontato la questione durante la riunione del Collegio dei commissari”. Mentre il ministro Tria che dovrebbe ben conoscere la situazione debitoria del nostro Paese, a meno che non gli siano stati tenuti segreti dal suo Ufficio i dati relativi al debito pubblico, ha accusato la Ue di “aumentare le divergenze”. Interviene con un messaggio, nel dibattito che si è aperto con il presidente della Banca centrale europea. “Di fronte a crisi e tensioni globali, la risposta – ha detto Draghi – non può che essere collettiva, e l’euro dalla sua creazione è stato l’arma migliore per difendersi in questi anni in maniera unitaria. Oggi – ha detto, di fatto rispondendo anche alle arrabbiate critiche al limite della provocazione, avanzate dagli esponenti del governo gialloverde – la maggior parte delle sfide sono globali e possono essere affrontate solo insieme. È questa unione che è la sovranità del mondo, la sovranità che altrimenti andrebbe perduta in questo mondo globalizzato”.
La moneta unica ha dato a tutti i membri dell’area euro la propria sovranità
“È proprio in questo senso che la moneta unica ha dato a tutti i membri dell’area euro la propria sovranità di politica monetaria, rispetto agli accordi monetari preesistenti”. Per il presidente Bce “è insieme che abbiamo una voce nella regolamentazione dei mercati finanziari internazionali; una voce, che è stata fondamentale nel riformare il regolamento finanziario mondiale dopo la crisi finanziaria globale”. Draghi ha sottolineato che “in alcuni Paesi, non tutti i benefici dell’euro sono stati pienamente realizzati. In parte perché le riforme a livello nazionale sono necessarie, e lo sarebbero con qualunque sistema monetario, per produrre crescita sostenibile; in parte perché l’Unione economica e monetaria rimane incompleta”. Inoltre “sono stati compiuti notevoli progressi dopo la crisi, ma occorre ancora lavorare; e non c’è alternativa a un futuro in cui tutti continueremo a collaborare per rendere l’unione monetaria per tutti gli stati membri”.
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