
Solo il 16% dei romani ha partecipato al referendum. La proposta di privatizzare il trasporto pubblico è stata considerata dall’84% dei cittadini neppure degna di un pronunciamento perché ritenuta strumentale e inadeguata. Soprattutto è stato rifiutato il modello liberista che racconta la deprecabile favola che per far funzionare la società ci deve essere un gruppo finanziario privato che guadagna sui beni comuni e i monopoli naturali, cosicché poi tutti ci guadagneranno. Dopo trent’anni di liberismo che ha devastato il lavoro, azzoppato i servizi pubblici, impoverito lo stato sociale e i redditi, degradato l’ambiente, i cittadini romani hanno dimostrato di non poterne più.
Nonostante l’offensiva dei liberisti di destra e di sinistra, (RADICALI, PD, FI), quando un disco è rotto rimane rotto e le disuguaglianze non si possono nascondre più. Il signor Magi ha poi dato sfogo al meglio della cultura reazionaria e antioperaia quando ha denunciato la presenza dei lavoratori dell’Atac tra gli scrutatori adombrado possibili brogli. La tesi anticostituzionale è che in quanto parte in causa avrebbero dovuto perdere i loro diritti. L’andamento del voto ha dimostrato che anche quella presenza ha garantito tutti e che, vorrei ricordare, parte in causa e interessati al servizio pubblico siamo tutti.
Dopo il voto, l’unico che rimane inossodabile nel suo liberismo è il buon Giachetti con le sue risibili tesi che affermano come il voto è stato un pronunciamento a favore dei “padroni”. La ventilata spallata alla sindaca, poi, ha fatto fallimento. La sindaca, però, dovrà e sarà chiamata da una nuova opposizione, già da oggi, a dare risposte serie sui finanziamenti dei servizi, sulla trasparenza, sull’autonomia, sull’efficienza e sulla pianificazione del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile. Ma anche sul lavoro, i diritti, l’accoglienza, la casa e sulla dignità e la funzionalità della capitale.
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