Germania. Elezioni in Baviera domenica 14 ottobre. Esito incerto e probabili effetti sulla politica nazionale

Germania. Elezioni in Baviera domenica 14 ottobre. Esito incerto e probabili effetti sulla politica nazionale

Dal nostro corrispondente a Berlino.

Qualunque sia l’esito finale – con il conto dei decimali e la ripartizione dei seggi – le elezioni di domenica 14 ottobre in Baviera rappresenteranno un punto di svolta nella storia politica della regione e, probabilmente, del paese intero. Il Land più grande e ricco della Germania si avvia verso una stagione inedita che – se i sondaggi verranno confermati – vedrà crollare il monopolio politico della CSU, costola locale del partito di Angela Merkel, che governa quasi ininterrottamente la Baviera dal secondo dopoguerra.

Tutti i principali istituti statistici hanno sottolineato come il numero degli indecisi sia ancora elevato – circa il 40% degli intervistati – e, pertanto, i dati presentati potranno essere oggetto di notevoli variazioni. In ogni caso, se fossero confermati, mostrerebbero uno spettacolare tracollo del partito cristiano-sociale, guidato da Markus Söder, che registrerebbe il 33-36%, ovvero oltre dieci punti meno di quanto conseguì alle passate elezioni nel settembre 2013, quando ottenne il 47,7%. Un risultato migliore non attende neppure gli storici avversari socialdemocratici che, con la candidata Natascha Kohnen, potrebbero assestarsi sul 10-12% rispetto al 20,6% del 2013. Positive risultano invece le previsioni per i Grüne (18-19%, rispetto all’8,6% delle passate consultazioni) e l’AfD (10-14%), che vede la sua prima partecipazione alle elezioni bavaresi. Le altre forze in campo sono i Freie Wähler, formazione conservatrice locale, dati al 10-11%, la Linke, stimata attorno al 4,5%, e i liberali della FDP al 5-6%.

Una sconfitta della CSU è una vittoria di Angela Merkel?

Interpretare i risultati non sarà un compito facile. Le elezioni in Baviera coinvolgono infatti un’intricata rete di rapporti e conflitti, tanto tra i singoli partiti quanto al loro interno, che potrebbe condurre a esiti paradossali. Da una parte, la sconfitta annunciata di Markus Söder dovrebbe significare una vittoria per Angela Merkel. Söder è uno degli avversari più acerrimi della cancelliera, incarnando una linea politica squisitamente conservatrice – si ricordi l’introduzione dell’obbligo di esposizione del crocifisso in tutti gli uffici pubblici bavaresi – e apertamente ostile al governo federale – soprattutto in materia di immigrazione. Indicativo dello stato dei rapporti reciproci è il fatto che ieri, alla cerimonia di chiusura della campagna elettorale della CSU, abbiano partecipato il ministro degli interni Horst Seehofer e il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, ma non sia stata invitata Angela Merkel.

Tuttavia, per i sostenitori di Söder, un’eventuale tracollo non sarebbe colpa dell’attuale governo bavarese ma della politica federale, della Große Koalition e delle posizioni “di sinistra” a cui Merkel costringe l’alleanza di CDU-CSU, colpevoli di produrre un continuo travaso di voti in favore dell’AfD. I cristiano-sociali hanno inoltre numerosi alleati all’interno dei cristiano-democratici, dove il malcontento nei confronti della cancelliera ha recentemente portato alla nomina di Ralph Brinkhaus a capo della rappresentanza parlamentare del partito. Il pessimo risultato che attenderebbe i socialdemocratici – logorati anch’essi dall’esperienza di Große Koalition – parrebbe confermare la giustezza delle interpretazioni di Söder e dei suoi sostenitori. Al contempo, però, è altrettanto innegabile che negli ultimi anni gli oppositori interni di Angela Merkel abbiano conosciuto solamente tracolli elettorali (ad esempio Julia Klöckner in Rheinland-Pfalz e Frank Henkel a Berlino), mentre i candidati vicini alla cancelliera (come Daniel Günther nello Schleswig-Holstein e Armin Laschet in Nordrhein-Westfalen) hanno ottenuto risultati notevolmente migliori. Altrimenti detto, se la linea politica di Merkel disaffeziona l’elettorato più conservatore, l’inseguimento dell’estrema destra da parte di CDU e CSU non produce risultati migliori, conducendo piuttosto a un’ulteriore perdita di consensi.

Il crollo cristiano-sociale non comporterà la fine del merkelismo – come immancabilmente annunciato da certa stampa italiana – ma, al contrario, potrebbe favorire un rafforzamento della cancelliera nella sfida interna al proprio partito. Il problema della collocazione di CDU-CSU nel panorama partitico tedesco rimane però aperto, e i risultati di domani saranno decisivi per determinare gli sviluppi nei prossimi mesi.

La sinistra ambientalista scavalca i socialdemocratici

Il dato politico più interessante che potrebbe emergere dalle consultazioni di domani non riguarda tuttavia il centro-destra tedesco, quanto piuttosto la sinistra bavarese. Se gli ultimi sondaggi fossero confermati, anche a grandi linee, si assisterebbe infatti al sorpasso dei Grüne sulla SPD, nonché a un sensibile spostamento “a sinistra” del panorama politico locale – cosa di per sé significativa in un Land tipicamente conservatore come la Baviera. Da un lato, il probabile successo dei Grüne deve certamente essere letto come il risultato di un “voto di protesta” dell’elettorato socialdemocratico – stanco di fare da stampella ad Angela Merkel – mentre, dall’altro, rientra in un fenomeno più vasto, riguardante quantomeno l’area dell’Europa centrale e settentrionale, dove i partiti ambientalisti vanno progressivamente prendendo il posto delle forze socialiste. Alla base di tale fenomeno riposa probabilmente l’assenza di una progettualità per il futuro nella sinistra tradizionale, stretta tra la fiducia nei paradigmi economici liberisti e la ricerca di una giustizia sociale, ma ormai incapace di indicare un qualsiasi modello a cui aspirare che non si traduca nella passiva accettazione del presente – cosa che, invece, la sinistra ambientalista è ancora in grado di offrire.

L’ascesa dei Grüne in Baviera – che, stando ai sondaggi, potrebbero vedere raddoppiare i propri voti, diventando la seconda forza politica dietro ai cristiano-sociali – dipende però anche dalle scelte coraggiose della direzione del partito, che ha presentato come candidati il quarantenne Ludwig Hartmann e la trentatreenne Katharina Schulze. La campagna elettorale dei Grüne è stata caratterizzata da una critica serrata al governo della CSU e dalla promessa di rivoluzionare completamente l’immagine della regione. In luogo dei controlli di frontiera, della retorica anti-immigrazione e del conservatorismo cattolico, Hartmann e Schulze hanno difeso apertamente una società multiculturale e tollerante, presentandosi come gli esponenti di un’“altra” Baviera, rimasta finora ai margini della vita politica locale. Domani sapremo se la scommessa dei Grüne avrà avuto successo – e, se così fosse, le sinistre europee avrebbero qualcosa su cui riflettere attentamente.

Probabili scenari del futuro governo bavarese

Infine, per quanto indicativi, tutti i sondaggi concordano su una previsione: è finita l’egemonia cristiano-sociale in Baviera e il prossimo governo dovrà basarsi su una coalizione di forze eterogenee. L’ipotesi più probabile è quella di un’alleanza tra CSU, liberali e Freie Wähler, per la quale – nonostante le affinità programmatiche – sarà però necessario superare le forti diffidenze di questi ultimi verso i cristiano-sociali. Inverosimile è invece un accordo tra CSU e Grüne. Per quanto infatti i Grüne governino spesso sul piano locale assieme alla CDU merkeliana, la distanza che li separa dal partito di Söder è abissale – tradotta in due visioni antitetiche del futuro della regione – e potrebbe essere colmata solo da una spudorata giravolta politica di ambedue le parti. Sulla carta potrebbe essere possibile anche un’alleanza anti-CSU tra Grüne, SPD, FDP e Freie Wähler, tuttavia la mera opposizione ai cristiano-sociali potrebbe non rivelarsi un collante sufficiente a tenere assieme una compagine governativa.

Molto verrà deciso dalle urne. Al contempo, però, la chiusura della campagna elettorale cristiano-sociale ha lasciato trasparire un messaggio che, effettivamente, sarebbe capace di rivoluzionare per intero il panorama politico tedesco. La presenza di Kurz alla cerimonia, infatti, potrebbe essere letta come un’implicita apertura di governo all’AfD – che, se i sondaggi fossero confermati, si attesterebbe attorno alla media nazionale, ovvero prendendo meno voti di quelli che ottiene a est, ma molti di più rispetto ai risultati conseguiti nei Länder occidentali. Un esecutivo bavarese di CSU-AfD, simile a quello che Kurz guida in Austria tra ÖVP e FPÖ, rappresenterebbe la fine della marginalizzazione dell’estrema destra in Germania, ma risponderebbe anche all’invito di alcuni analisti politici, secondo cui l’“antidoto” al populismo sarebbe appunto l’inclusione dei movimenti “anti-sistema” in governi di coalizione come membri di minoranza.

La logica che soggiace a questo ragionamento non è del tutto errata poiché, riflettendo sull’inesorabile crescita dei populismi all’opposizione, propone la soluzione più ovvia per disinnescare la loro appetibilità elettorale e l’attrazione del “voto di protesta”, ponendosi come fine quello di evitare la presa del potere maggioritaria da parte dei movimenti populisti – le cui conseguenze avremo ben presto modo di sperimentare in prima persona. Per fortuna o purtroppo, da questo punto di vista, la Germania non è un paese come gli altri, e uno sviluppo simile nel panorama tedesco potrebbe avere contraccolpi politici e psicologici incalcolabili, non soltanto all’interno del paese – dove la fine della storica alleanza tra CSU e CDU diventerebbe altamente probabile – ma anche e soprattutto nel resto d’Europa. Tutto sommato però, nonostante il loro attaccamento al potere, è ragionevole sperare che Söder e compari non finiranno per giocare agli apprendisti stregoni.

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