Di Maio e Salvini rompono le redini. Minacciano l’Europa, “che cambierà tra sei mesi”, e la libera informazione, dopo aver occupato la Rai. Pericolosa deriva neoautoritaria

Di Maio e Salvini rompono le redini. Minacciano l’Europa, “che cambierà tra sei mesi”, e la libera informazione, dopo aver occupato la Rai. Pericolosa deriva neoautoritaria

“Ci aspettavamo che questa manovra non piacesse a Bruxelles…”. Mentre Tria è ancora alla seconda rilettura della missiva con cui i commissari Ue, Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis, esprimono più di una perplessità sulla politica economica formalizzata dal governo con la nota di aggiornamento al Def, il vicepremier Luigi Di Maio l’ha già riposta nel cassetto della sua scrivania, se non addirittura nel tritadocumenti. Sceglie il ‘Villaggio Coldiretti’ per replicare alle istituzioni continentali. Sceglie i ‘contadini’ (in realtà sono imprenditori a tutto tondo, altro che zappa e ‘cervello fino’ dei racconti anni Cinquanta e Sessanta), l’espressione più significativa dell’operosità italiana, per difendere la manovra ‘del popolo’ e annunciare urbi et orbi che il governo non ha “nessun ‘piano B’ e nessuna volontà di arretrare”. Reddito e pensioni di cittadinanza non si toccano, la flat tax è blindata e la legge Fornero deve diventare un ricordo. Adesso, subito, altrimenti è meglio andare tutti a casa, lascia intendere. È sicuro di quello che dice, il ministro dello Sviluppo economico: “Le previsioni non si fanno sui se, siamo convinti che quello sarà il tasso di crescita e con quella crescita noi riusciremo a ripagare il debito e ad abbassare il deficit”.

Di Maio e Salvini: “questa Europa tra 6 mesi sarà finita”. Anche i 5Stelle aderiscono ai progetti di sovvertimento dell’estrema destra europea

Per il Mef la crescita si attesterà all’1,5% nel 2019, all’1,6 nel 2020 e all’1,4 negli anni successivi. Ecco perché dice di non temere il primo confronto con l’Ue, in programma per il 15 ottobre prossimo: “Dopo tanti anni abbiamo scritto una manovra del popolo, e per questo non si può essere preoccupati”. E poi, “questa Europa qui tra 6 mesi sarà finita, a maggio ci sono le elezioni”, tuona Di Maio, avvisando Juncker e i suoi commissari che lo ‘sfratto’ è vicino, secondo i suoi calcoli: “Come il 4 marzo scorso c’è stato un terremoto alle elezioni politiche in Italia, a maggio ce ne sarà un altro alle europee”. Un concetto sposato anche dall’altro ‘socio’ di maggioranza, Matteo Salvini. Su Twitter il vicepremier e segretario leghista rafforza infatti il concetto: “L’Europa dei banchieri, quella fondata sull’immigrazione di massa e sulla precarietà, continua a minacciare e insultare gli italiani e il loro governo? Tranquilli, fra sei mesi verranno licenziati da 500 milioni di elettori”. E nel frattempo “noi tiriamo dritto”. Infatti Di Maio annuncia che nella legge di Bilancio “dovranno entrare misure per rendere più trasparente e veloce la sanità”, poi altre “per l’export, il made in Italy e la sburocratizzazione”. E ancora per “aiutare le persone ad andare in pensione, a trovare lavoro e avere meno tasse, soprattutto partite Iva e Pmi”. Non solo, perché “dobbiamo abolire un bel po’ di leggi: io ne cancellerò 240 nel Codice del lavoro, che riassumerà in un unico testo la foresta di norme esistenti”. Niente, però, che non sia nel ‘contratto’ di governo: “Per noi è sacro e va oltre ogni numerino o provvedimento europeo”.

La replica di Juncker e la nuova partita a scacchi tra governo italiano e Commissione europea

Stavolta, però, Bruxelles non è rimasta ferma a subire in silenzio. Anzi, il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha lanciato qualche missile terra-aria verso Roma. “Se adesso dicessi che con l’Italia c’è il pericolo di una seconda Grecia, gli italiani si agiterebbero. Io non paragono l’Italia con la Grecia, nonostante l’alto livello del debito e nonostante un disavanzo esagerato. Ora dobbiamo discutere con gli italiani in una nobile competizione di idee”. Ribadisce: “Non ho paragonato l’Italia alla Grecia e non ho voglia di ricominciare da capo”. E diretto a Di Maio e Salvini replica: “Il fatto che i due vicepremier italiani abbiano cominciato a esprimersi in modo sconcio sull’Unione europea come istituzione fa capire molte cose”. Alla fine si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe col leader leghista, che in settimana aveva liquidato il politico lussemburghese: “parlo solo con persone sobrie”. Un affondo cui Juncker risponde con distacco: “Non l’ho sentito, l’ho solo letto”. Il braccio di ferro è solo all’inizio, e la prossima settimana il presidente della Camera, Roberto Fico, volerà a Bruxelles, dove lunedì incontrerà Moscovici e il giorno dopo proprio Juncker: tasterà con mano il livello dei rapporti con le istituzioni europee. Di Maio tenga il telefono a portata di mano.

L’ignobile guerra aperta da Di Maio contro la libertà di stampa. Le parole del ministro, un cattivo segnale, si va dritti verso il burrone neototalitario 

Ignobili le parole del ministro Di Maio contro la libertà di stampa, indizio di una mentalità e una ideologia ormai avviata verso il declino dell’accettazione neototalitaria, che rifiuta la critica, e auspica e anzi spinge la chiusura dei giornali, dopo aver occupato impunentemente la Rai, eleggenco come suo presidente un signore che non fa mistero delle sue simpatie di estrema destra. Un pessimo segnale. Sullo spread come sulla manovra “sistema e media danno addosso al Movimento 5 Stelle”, ma “per fortuna ci siamo vaccinati anni fa dalle bufale, dalle fake news dei giornali e si stanno vaccinando tanti altri cittadini, tanto è vero che stanno morendo parecchi giornali, tra cui quelli del gruppo L’Espresso che, mi dispiace per i lavoratori, stanno addirittura avviando dei processi di esuberi al loro interno”, ha affermato il vicepremier Luigi Di Maio, con un post su Facebook. “Nessuno li legge più – ha proseguito – perché ogni giorno passano il tempo ad alterare la realtà e non a raccontare la realtà”. Secondo l’esponente pentastellato “è il solito meccanismo che abbiamo visto in questi anni, per cui anche quando stiamo raggiungendo un risultato ce lo devono distruggere. Perché se non possono dire che non abbiamo mantenuto la promessa allora devono dire che la promessa che abbiamo mantenuto è una cosa ridicola”. Possiamo terminare qui il lungo, banale, e antidemocratico post del ministro Di Maio. Già queste parole dimostrano quale sia il livello di rispetto dell’articolo 21 della Costituzione da parte del leader dei pentastellati. Naturalmente, le reazioni non si sono fatte attendere.

I comitati di redazione di Repubblica e La Stampa replicano a Di Maio: “non ci faremo intimidire”

I comitati di redazione de La Repubblica e La Stampa sono giustamente molto duri nei confronti dell’attacco di Di Maio. “Ancora una volta il vicepremier Luigi Di Maio non perde occasione per mostrare a tutti gli italiani la sua cultura. Non solo ignora che il gruppo Espresso non esiste più da due anni, confluito nel più articolato gruppo Gedi che è il leader in Italia nell’informazione quotidiana e multimediale. Ma dimostra per l’ennesima volta di non conoscere la differenza tra bufale e notizie, evidentemente perché espertissimo della prima fattispecie e allergico alla seconda”. Inoltre, scrivono con ancora più fermezza: ”nella sua dichiarazione Di Maio parla inoltre senza cognizione di causa, ed è grave essendo lui anche ministro del Lavoro, di processi di esuberi e di giornali che stanno morendo: tradendo così una sua speranza recondita. Ma può mettersi l’anima in pace: Repubblica, L’Espresso e le altre testate del gruppo Gedi – osserva ancora la rappresentanza sindacale – non moriranno e continueranno a fare quello per cui, Costituzione alla mano, sono in testa alle classifiche della diffusione digitale e cartacea nel nostro Paese: raccontare la verità, soprattutto quando è scomoda per il potente di turno”. Infine, “i giornalisti possono garantire al ministro Di Maio – prosegue il comunicato – che non si lasceranno intimidire e continueranno nel loro lavoro di informare pienamente i cittadini assieme a tutti gli altri colleghi delle testate del Gruppo Gedi”.

Il direttore de La Stampa e del gruppo  GNN, Molinari: “Di Maio sbaglia due volte. Le radici della libera informazione in Italia sono solide”

”Spiace vedere che il vicepresidente del Consiglio, che è anche ministro del Lavoro, incorre in un doppio errore quando parla del ‘gruppo l’Espresso’. Il primo errore Luigi Di Maio lo commette sbagliando obiettivo: il ‘gruppo l’Espresso’ è confluito ormai da due anni in una nuova e piu’ ampia realtà, che si chiama Gedi ed è il primo gruppo editoriale del Paese. Di Gedi fa parte anche GNN, il network capeggiato da La Stampa e che riunisce altre 14 testate, rappresentando un’offerta editoriale e intellettuale articolata”, scrive in una nota Maurizio Molinari, direttore editoriale GNN, il network formato da La Stampa e da 14 testate regionali, che fa parte di Gedi, replicando alle parole del vicepremier Luigi Di Maio. ”Ciò che unisce Gnn alle altre testate del gruppo Gedi – come Repubblica e L’Espresso – al di là delle questioni societarie – è la ferma volontà di garantire un’informazione di qualità e plurale per rispondere alla domanda di contenuti in crescita in un Paese con più identità, politiche e culturali. L’altro errore commesso da Di Maio è parlare di giornali che stanno morendo, questa sì una fake news, dal momento che non risponde assolutamente al vero. Anzi i giornali, come produttori di contenuti su ogni piattaforma dalla carta ai video, dai siti web ai social network, registrano un mercato in crescita. A testimonianza della solidità delle radici della libera informazione nel nostro Paese”.

Giulietti e Lorusso, Fnsi: “gli insulti di Di Maio sono la dimostrazione del disprezzo verso la libera informazione”

”Gli insulti del vicepremier Luigi Di Maio ai giornalisti di Repubblica e dell’Espresso sono l’ennesima dimostrazione del disprezzo nutrito nei confronti dell’informazione libera e del ruolo che questa è chiamata a svolgere in ogni democrazia liberale”, affermano, in una nota, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana. “Di Maio – continuano Lorusso e Giulietti – come del resto buona parte del governo, sogna di cancellare ogni forma di pensiero critico e di dissenso e si illude di poter imporre una narrazione dell’Italia lontana dalla realtà. Auspicare la morte dei giornali non è degno di chi guida un Paese di solide tradizioni democratiche come è l’Italia, ma è tipico delle dittature. È bene che il vicepremier se ne faccia una ragione: non saranno le sue minacce e i suoi proclami a fermare i cronisti di Repubblica e dell’Espresso, ai quali va la solidarietà del sindacato dei giornalisti italiani, e a piegare il mondo dell’informazione ai suoi desiderata”, concludono Lorusso e Giulietti.

Fratoianni, leader di Sinistra Italiana: “la ricerca della verità è frutto di giornalismo libero. Se ne facciano una ragione”

“Si può essere d’accordo o meno con quanto si trova scritto su Repubblica o L’Espresso, ma una cosa è certa: le notizie su quei giornali ci sono, e sono il frutto di professionalità, di passione e di rigore”, afferma il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. “A qualcuno del governo – sottolinea – può non piacere, ma la ricerca della verità è anche frutto di un giornalismo libero. Dalle parti di Palazzo Chigi se ne devono fare una ragione…”.

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