Turchia, Istanbul. Gli operai del nuovo gigantesco aeroporto voluto da Erdogan gridano “Non siamo schiavi” e denunciano i morti sul lavoro. Ma vengono arrestati

Turchia, Istanbul. Gli operai del nuovo gigantesco aeroporto voluto da Erdogan gridano “Non siamo schiavi” e denunciano i morti sul lavoro. Ma vengono arrestati

Le autorità della Turchia hanno rilasciato 275 persone tra le 401 arrestate il 14 settembre scorso durante le proteste scoppiate nel cantiere del nuovo aeroporto di Istanbul. Lo ha annunciato il governatore Vasip Sahin, secondo cui tra le persone rimaste in stato di detenzione ci sarebbero “stranieri, non lavoratori, che erano arrivati sul luogo per azioni provocatorie”. Centinaia di operai hanno manifestato la scorsa settimana contro le condizioni di lavoro nel cantiere, definite “terribili”. Le forze di sicurezza sono intervenute per disperdere la folla, facendo anche ricorso a gas lacrimogeni. “I lavoratori – ha affermato Sahin – hanno sollevato una serie di questioni tra cui quella relativa ai ritardi dei servizi di navetta. Sulla scena è arrivato anche un comandante della gendarmeria provinciale che ha aperto un canale di dialogo sia con i manifestanti che con i funzionari della compagnia”. Secondo il governatore, gli operai sono tornati al lavoro già nella giornata di sabato e l’azienda che ha ottenuto l’appalto per la costruzione dello scalo aeroportuale “sta cercando di rispondere alle richieste”.

“Circa 600 dei nostri amici sono stati arrestati, 160 sono stati liberati sabato sera”, ha dichiarato Özgür Karabulut, direttore generale del sindacato Dev Yapi-is. “Per chi resta, né noi né gli avvocati hanno informazioni sulla loro situazione”, ha aggiunto. Gli arresti – secondo Dev Yapi-is di 534 operai e quattro rappresentanti sindacali – erano avvenuti nella notte fra venerdì e sabato, dopo una manifestazione. Karabulut ha riferito ad AFP che i lavori per il nuovo aeroporto oggi proseguono, ma molti operai si sono rifiutati di tornare nel cantiere. Il nuovo scalo dovrebbe aprire a fine ottobre: si tratta di uno dei numerosi progetti giganteschi lanciati sotto la presidenza di Recep Tayyip Erdogan e nel cantiere lavorano circa 35mila persone, di cui 3mila ingegneri e membri del personale amministrativo.

I dimostranti denunciano morti e incidenti nel cantiere, come pure cattive condizioni di vita negli alloggi a loro disposizione sul posto. Secondo le testimonianze raccolte dal giornale d’opposizione Cumhuriyet, alcuni lavoratori lamentano in particolare la presenza di pulci e cimici. Nel corso di una visita organizzata per la stampa ad aprile, il ministro dei Trasporti aveva dichiarato che 27 operai avevano perso la vita, di cui 13 in incidenti sul lavoro. Ma alcuni operai contattati sabato da AFP, sotto copertura dell’anonimato, hanno riferito che si tratta di una cifra sotto-stimata e che gli incidenti sono stati molto frequenti nel cantiere. L’impresa incaricata della gestione dell’aeroporto venerdì sera ha pubblicato un comunicato in cui afferma che la direzione ha incontrato gli operai e ha promesso che verranno adottate misure “al più presto” per risolvere i problemi sollevati. Un portavoce, però, sabato si è rifiutato di rispondere alla richiesta di commento sulla notizia degli arresti.

L’hashtag a sostegno dei lavoratori ‘Non siamo degli schiavi’, in turco #köledegiliz, ieri era fra i più condivisi in Turchia. Ieri sera una manifestazione a sostegno degli operai a Istanbul è stata dispersa dalla polizia, che ha arrestato una ventina di persone fra cui un fotoreporter di AFP, Bülent Kiliç, che stava seguendo l’evento per lavoro. In una prima fase lo scalo avrà una capacità di 90 milioni di passeggeri all’anno, per raggiungere poi 150 milioni di passeggeri nel 2023, ha annunciato Erdogan in occasione di un primo atterraggio avvenuto a giugno.

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